TUTTI ALLA RICERCA DELL’ALBERO DI BERTOLDO
Festìna lente, affrettati lentamente. Un po’ tutti i partiti abbracceranno di qui a poco questo motto dell’imperatore Augusto, ben visibile su soffitti e pavimenti di Palazzo Vecchio. Ma adesso sono ancora tutti ai nastri di partenza, immobili come statue di un presepe. Perché?
Per il semplice motivo che un mese dopo lo svolgimento del referendum costituzionale non si muove foglia per nessuna ragione al mondo. Tutti gli occhi sono puntati sulla Consulta, che il 24 gennaio si pronuncerà sull’Italicum. Com’è noto, in materia elettorale le pronunce della Corte costituzionale sono autoapplicative. Altrimenti mancherebbe il sistema per andare a votare. Ma è tutto da vedere se l’organo di garanzia costituzionale caverà per conto dei partiti le castagne dal fuoco. Nel frattempo i partiti si studiano come pugili sul ring. Tuttavia un punto fermo non manca, anche se il Pd fa finta di non accorgersene. L’esito referendario ha sepolto quel sistema maggioritario che nel 1994 sostituì la vecchia e screditata proporzionale prima con il Mattarellum, poi con il Porcellum e infine con l’Italicum caro a Matteo Renzi. D’altra parte nessuna persona sensata può augurarsi di tornare alla rappresentanza proporzionale di una volta. La quale, bene o male, non ha provocato danni irreparabili perché allora i partiti erano forti. Mentre ai nostri giorni sono degli ectoplasmi senz’anima e senza radicamento sociale. Sarà perciò giocoforza stare nel mezzo: proporzionale sì ma con correttivi tali limitare per quanto possibile i danni. Sarà questo il coniglio che uscirà fuori dal cappello immaginifico dei nostri beneamati partitanti? Oggi, nessuno può dirlo. Anche perché non c’è solo il merito della questione. Come se non bastasse, ci sono anche le tattiche e le strategie politiche di Sua Maestà la Partitocrazia. Salvo Renzi, chi grida al voto al voto è solo per darsi coraggio. In realtà, il voto anticipato non piace a nessuno. Non piace a Berlusconi, che chiede tempo per risalire la china. Non piace ai centristi perché nessun tacchino ha mai reclamato l’anticipo delle feste natalizie. E non piace neppure a Grillo perché teme di pagare il conto dei pasticci che un giorno sì e l’altro pure combina a Roma una Raggi al di sotto di ogni sospetto. Eh già, perché — come ammoniva Benedetto Croce — in politica la vera onestà è la competenza. E allora ne vedremo delle belle. Tutti come Bertoldo andranno alla ricerca dell’albero al quale impiccarsi. Ma, chissà perché, non lo troveranno mai. C’è poi Renzi che ci mette del suo. Due persone in una, di questi tempi. C’è il Renzi che ragiona di testa, ammette la strasconfitta e promette di emendarsi. Ma c’è anche il Renzi che ragiona di pancia. Che avrebbe voluto votare a febbraio con il proprio governo in carica, che ha imposto al suo successore i suoi fedelissimi. A cominciare dalla Boschi, il simbolo della Caporetto referendaria. Che, alla spasmodica ricerca della data più vicina in cui votare, è freneticamente chino sul calendario come i generali sulle carte geografiche in tempo di guerra. Che non si dà e non dà pace a nessuno: fosse Sergio Mattarella o Paolo Gentiloni, un uomo di gomma che comincia a essere infastidito. Così dicendo e facendo, Renzi conferma di essere il peggior nemico di se stesso. Peccato. Dulcis in fundo, Mattarella. Il Capo dello Stato non ha gradito queste frenesie né le inusuali consultazioni parallele di Renzi durante le consultazioni ufficiali al Quirinale. E, nel suo messaggio di fine anno, ha posto di nuovo i puntini sulle «i». Ha messo in guardia contro la violenza verbale che può provocare misfatti come la bomba piazzata a Firenze davanti a una libreria di Casa Pound, che è costata un occhio e una mano a un artificiere. Ha sottolineato che «una società divisa, rissosa e in preda al risentimento, smarrisce il senso di comune appartenenza». E internet non sia trasformato in un ring permanente. Certo, la parola agli elettori rappresenta per il Colle la strada maestra. Ma abbiamo prima bisogno di regole elettorali per Camera e Senato non contrastanti tra loro. Ecco che il cane si morde la coda e i tempi si allungano a dismisura. Fino al termine naturale della legislatura? Fino ai primi mesi del prossimo anno? A questo punto non ci sentiremmo di escluderlo. Nel frattempo, fra Pontassieve e il Nazareno, i due Renzi cerchino un punto di convergenza. Problematico ma indispensabile. Per il suo futuro.
Gli occhi sono puntati sulla Consulta Per il Colle le elezioni sono la strada maestra, ma prima servono regole non in contrasto tra loro E i tempi si allungano