Corriere Fiorentino

TUTTI ALLA RICERCA DELL’ALBERO DI BERTOLDO

- di Paolo Armaroli

Festìna lente, affrettati lentamente. Un po’ tutti i partiti abbraccera­nno di qui a poco questo motto dell’imperatore Augusto, ben visibile su soffitti e pavimenti di Palazzo Vecchio. Ma adesso sono ancora tutti ai nastri di partenza, immobili come statue di un presepe. Perché?

Per il semplice motivo che un mese dopo lo svolgiment­o del referendum costituzio­nale non si muove foglia per nessuna ragione al mondo. Tutti gli occhi sono puntati sulla Consulta, che il 24 gennaio si pronuncerà sull’Italicum. Com’è noto, in materia elettorale le pronunce della Corte costituzio­nale sono autoapplic­ative. Altrimenti mancherebb­e il sistema per andare a votare. Ma è tutto da vedere se l’organo di garanzia costituzio­nale caverà per conto dei partiti le castagne dal fuoco. Nel frattempo i partiti si studiano come pugili sul ring. Tuttavia un punto fermo non manca, anche se il Pd fa finta di non accorgerse­ne. L’esito referendar­io ha sepolto quel sistema maggiorita­rio che nel 1994 sostituì la vecchia e screditata proporzion­ale prima con il Mattarellu­m, poi con il Porcellum e infine con l’Italicum caro a Matteo Renzi. D’altra parte nessuna persona sensata può augurarsi di tornare alla rappresent­anza proporzion­ale di una volta. La quale, bene o male, non ha provocato danni irreparabi­li perché allora i partiti erano forti. Mentre ai nostri giorni sono degli ectoplasmi senz’anima e senza radicament­o sociale. Sarà perciò giocoforza stare nel mezzo: proporzion­ale sì ma con correttivi tali limitare per quanto possibile i danni. Sarà questo il coniglio che uscirà fuori dal cappello immaginifi­co dei nostri beneamati partitanti? Oggi, nessuno può dirlo. Anche perché non c’è solo il merito della questione. Come se non bastasse, ci sono anche le tattiche e le strategie politiche di Sua Maestà la Partitocra­zia. Salvo Renzi, chi grida al voto al voto è solo per darsi coraggio. In realtà, il voto anticipato non piace a nessuno. Non piace a Berlusconi, che chiede tempo per risalire la china. Non piace ai centristi perché nessun tacchino ha mai reclamato l’anticipo delle feste natalizie. E non piace neppure a Grillo perché teme di pagare il conto dei pasticci che un giorno sì e l’altro pure combina a Roma una Raggi al di sotto di ogni sospetto. Eh già, perché — come ammoniva Benedetto Croce — in politica la vera onestà è la competenza. E allora ne vedremo delle belle. Tutti come Bertoldo andranno alla ricerca dell’albero al quale impiccarsi. Ma, chissà perché, non lo troveranno mai. C’è poi Renzi che ci mette del suo. Due persone in una, di questi tempi. C’è il Renzi che ragiona di testa, ammette la strasconfi­tta e promette di emendarsi. Ma c’è anche il Renzi che ragiona di pancia. Che avrebbe voluto votare a febbraio con il proprio governo in carica, che ha imposto al suo successore i suoi fedelissim­i. A cominciare dalla Boschi, il simbolo della Caporetto referendar­ia. Che, alla spasmodica ricerca della data più vicina in cui votare, è freneticam­ente chino sul calendario come i generali sulle carte geografich­e in tempo di guerra. Che non si dà e non dà pace a nessuno: fosse Sergio Mattarella o Paolo Gentiloni, un uomo di gomma che comincia a essere infastidit­o. Così dicendo e facendo, Renzi conferma di essere il peggior nemico di se stesso. Peccato. Dulcis in fundo, Mattarella. Il Capo dello Stato non ha gradito queste frenesie né le inusuali consultazi­oni parallele di Renzi durante le consultazi­oni ufficiali al Quirinale. E, nel suo messaggio di fine anno, ha posto di nuovo i puntini sulle «i». Ha messo in guardia contro la violenza verbale che può provocare misfatti come la bomba piazzata a Firenze davanti a una libreria di Casa Pound, che è costata un occhio e una mano a un artificier­e. Ha sottolinea­to che «una società divisa, rissosa e in preda al risentimen­to, smarrisce il senso di comune appartenen­za». E internet non sia trasformat­o in un ring permanente. Certo, la parola agli elettori rappresent­a per il Colle la strada maestra. Ma abbiamo prima bisogno di regole elettorali per Camera e Senato non contrastan­ti tra loro. Ecco che il cane si morde la coda e i tempi si allungano a dismisura. Fino al termine naturale della legislatur­a? Fino ai primi mesi del prossimo anno? A questo punto non ci sentiremmo di escluderlo. Nel frattempo, fra Pontassiev­e e il Nazareno, i due Renzi cerchino un punto di convergenz­a. Problemati­co ma indispensa­bile. Per il suo futuro.

 Gli occhi sono puntati sulla Consulta Per il Colle le elezioni sono la strada maestra, ma prima servono regole non in contrasto tra loro E i tempi si allungano

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