Mika: ironia e tenerezza di un sognatore
I due giorni all’Opera con la «Sinfonia pop» di Capodanno: un esperimento riuscito
Non storcete la bocca se l’Opera di Firenze apre le porte a Mika, se i professori e i coristi del Maggio lo accompagnano per interpretarne le canzoni. I confini della musica sono sempre più mobili, e fin dal medioevo i generi e i linguaggi più diversi hanno dialogato fra loro, traendo l’un dall’altro suggerimenti. Non dimentichiamo che Montserrat Caballé duettava con Freddie Mercury, e che Sting ha intonato alcuni testi del compositore elisabettiano John Dowland.
È così assolutamente naturale che oggi Mika possa cantare le sue canzoni insieme a una grande orchestra sinfonica e a un grande coro. E l’operazione può avere oltretutto un esito di non poco conto: se una popstar e un’orchestra classica si ritrovano sullo stesso palcoscenico di un teatro lirico, crollano i muri di soggezione per ciò che quel luogo rappresenta; e magari qualcuno di quei giovani che affollavano infervorati l’Opera, accompagnati da genitori e nonni non meno entusiasti, ritorneranno lì per ascoltare, con meno timori, un’opera di Verdi o una sinfonia di Brahms. Sinfonia Pop, all’Opera di Firenze per due affollatissime serate consecutive, è uno spettacolo già collaudato: una compilation dei maggiori successi di Mika potenziati dalla veste sinfonica (in acustico, ossia con i suoni naturali dei vari strumenti) confezionata da Simon Leclerc, nell’occasione anche direttore. Orchestrazione sontuosa, un po’ Hollywood e un po’ Musical, che fa ben risaltare il variegato eclettismo e cosmopolitismo, musicale, background di Mika: un ragazzino che, prima di seguire rigorosi corsi al Royal College of Music di Londra, canta fra le voci bianche nella Donna senz’ombra di Strauss diretta da Georg Solti, al Covent Garden, e da quel mondo rimane stregato. Così rivestite le sue canzoni ci arrivano con un effetto rigenerante: anche se va detto che il Coro del Maggio è in formazione troppo numerosa, e i pieni spesso soverchiano la voce di Mika. Lui entra in scena con un completo blu elettrico tempestato di applicazioni in stoffa, con due piccole ali sulla schiena a incorniciare la emme maiuscola del suo nome, come sulla maschera di Capitan America. Ironia e tenerezza di un sognatore. Da quel momento Mika si rivela accattivante trascinatore, capace di unire al talento canoro la leggerezza sorridente di un simpatico showman. Musicisti e coristi lo seguono con bravura, senza risparmiarsi, e divertendosi; e il feeling è sicuro anche con il soprano Ida Falk Winland e il vocalist Max Taylor. L’energia di Good Guys, la malinconia di Last Party, l’esaltante epicità di Heroes, la vitalità ritmica di Boum boum boum, Stardust. E non poteva mancare Grace Kelly, con quell’ironia dal fondo amaro e quell’acrobatico uso del falsetto che la rendono semplicemente geniale.