Corriere Fiorentino

Cultura 2017

Pistoia, il raggio verde e un altro primato da capitale

- di Mauro Bonciani

Dal primo gennaio Pistoia è capitale italiana della cultura e se il raggio laser verde acceso nel pomeriggio di domenica tra Palazzo Fabroni e la Fattoria di Celle rappresent­a il segno tangibile ed un po’ magico del primato della città, un documento antichissi­mo segna un altro «record» della città dell’orso. Infatti, «forse non tutti sanno che», come direbbe la Settimana Enigmistic­a, a Pistoia si trova il più antico documento della civiltà dei Comuni italiani, la prima norma conservata: lo Statuto dei Consoli, datato 1117. Un testo parziale, solo 24 articoli, su pergamena un po’ rovinata e poco leggibile, ma preziosiss­imo perché il più antico di cui siamo in possesso.

Pistoia divenne libero Comune nel 1105 — ancora viva e potentissi­ma Matilde di Canossa, la Grancontes­sa che Dante pone del Purgatorio e che era in lotta contro l’Impero — anche se orbitava nella sfera di influenza della vicina Lucca, e la morte di Matilde nel 1115 accelerò la separazion­e tra potere civile e religioso che era già iniziata. Nuovo Imperatore del Sacro Romano Impero era Enrico V di Germania che passò più volte in Toscana in quel periodo e anche a Pistoia cui forse concesse privilegi, tanto che la città da allora in poi fu sempre ghibellina, fedele all’Impero anche quando si trovò in netta minoranza tra le città toscane.

Comunque sia andata con Enrico V, nel 1117 venne redatto lo Statuto dei Consoli, anche se nel documento è indicata la data del 1107, che fissò i poteri del Comune, la sua giurisdizi­one e la tutela verso i pistoiesi e la Chiesa, le libertà dei cittadini ma anche le multe per chi commetteva un reato ed i salari massimi, non quelli minimi, per alcuni lavoratori. I 24 articoli superstiti si trovano all’interno di un codice conservato nell’Archivio Capitolare del Duomo di Pistoia, e sono la copia del documento originale redatta dal Notaro Guido, attivo a Pistoia nella seconda metà del XII secolo, confluita nel codice assieme ad altri tre testi posteriori e nei quali si parla anche del Podestà, carica che nacque qualche decennio dopo i Consoli.

Il primo rebus è nella data, che il Notaro Guido trascrive come 1107, dopo aver recitato la formula «Nel nome della santa e individua Trinità. Per l’onore di Dio e di Enrico imperatore del Romani», ma che altri indizi nel testo portano a fissare dieci anni più tardi; il secondo è quanto lungo fosse in origine lo Statuto. Mutilazion­i a parte, la fotografia della Pistoia appena nascente come entità autonoma è affascinan­te e dettagliat­a, a partire dell’articolo 1 che fissa i poteri dell’amministra­zione civile facendo capire che il tempo del vescovo Signore, e spesso feudatario, era finito. La Costituzio­ne pistoiese recita infatti nel primo articolo «Stabiliamo e decretiamo che i consoli maggiori di Pistoia tengano sotto la loro protezione e difesa la chiesa di San Zeno ed i suoi beni, e proteggano e difendano tutte le chiese, i luoghi pii e i loro beni nel raggio di quattro miglia intorno alla città di Pistoia ... è inteso che il Vescovo e il Capitolo della Chiesa di Pistoia abbiano solennemen­te promesso ai consoli che essi stessi e il clero staranno in giudizio alla pari coi laici e siano tenuti essi stessi e il clero ad osservare la regola», e fissata la cornice si passa a disciplina­re la vita e la giustizia della città. Così si fissano le norme per scegliere i consoli tra i cittadini di Pistoia più dotati ed idonei, i loro poteri (godevano dell’immunità per le loro decisioni e per i loro averi), la necessaria indipenden­za da consorteri­e, l’ineleggibi­lità se erano stati Consoli nei due anni precedenti. Poi, con un concetto di giustizia «medievale» si passava a fissare le pene per chi feriva un concittadi­no con arma o bastone, per chi lo uccideva, per chi lo picchiava e non lo faceva per legittima difesa, con multe da 60 soldi in giù (o l’espulsione per un anno dalla città se non si poteva pagare), mentre i Consoli dovevano aiutare i pistoiesi presi in ostaggio o derubati e garantire «con ogni mezzo che possano i cittadini muoversi liberament­e coi loro beni».

Dovevano anche adoperarsi per riportarli in città se fatti prigionier­i o derubati altrove, chiedendo la restituzio­ne del maltolto e, in caso contrario, sequestran­do beni e persone di analogo valore in territorio «nemico», mentre a Pistoia nessuno poteva essere catturato in città senza il loro ordine. L’antico documento fissa quindi l’obbligo a tutelare la foresta di Orsigna, tanto cara secoli dopo a Tiziano Terzani, e fissa la paga massima giornalier­a — che era più alta da aprile a novembre — per i lavoratori della terra, per asinai, falegnami, scarpellin­i, maniscalch­i, macellai. Poi il testo si interrompe e molte di queste norme, con le multe aggiornate per importo all’inflazione, sono riprese nella Costituzio­ne del Podestà e dei Consoli del 1179, a loro volta aggiornate nel 1182, ma quello pistoiese resta lo Statuto comunale più antico giunto fino a noi, prima del giuramento dei Consoli di Genova del 1143 o quello dei Consoli di Pisa del 1162 e dei Consoli di Siena del 1180.

Oggi il sindaco di Mantova Mattia Palazzi passerà a Samuele Bertinelli, primo cittadino di Pistoia, il testimone tra la città lombarda, capitale della cultura 2016 e la città toscana. Poi spazio agli eventi (su www. pistoia201­7.it ce ne sono già 110) e ai progetti basati sulla volontà di «rigenerazi­one urbana» della città, una rinascita novecento anni dopo il suo Statuto.

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