Il tormento e la passione C’è Didone al Goldoni
Col Maggio l’opera della regina abbandonata da Enea
Didone, la regina di Cartagine abbandonata da Enea, è figura protagonista di decine di drammi musicali, specie fra Sei e Settecento. E non c’è da stupirsene: in lei vivono passione, tormento, tragedia che da sempre nutrono il teatro musicale. Non è fra le più note, ma merita attenzione, la Didone abbandonata di Leonardo Vinci, del 1726, ora in prima rappresentazione in epoca moderna grazie a una coproduzione fra Auser Musici, il Teatro Verdi di Pisa e l’Opera di Firenze: l’appuntamento è al Teatro Goldoni, domenica 8 (ore 15.30) e repliche il 10 e 12 gennaio (ore 20); in primavera, lo spettacolo approderà al Verdi di Pisa.
L’idea è di Carlo Ipata, flautista e direttore, fondatore del gruppo Auser Musici, con il quale ha intrapreso una meritoria opera di valorizzazione del repertorio sei-settecentesco più raro. Sarà lui a dirigere l’Orchestra del Maggio nella Didone, affiancato da un cast che schiera i nomi autorevoli di Roberta Mameli (Didone), Carlo Allemano (Enea), Raffaele Pe (Iarba), Gabriella Costa (Selene), e due voci recente rivelazione all’Accademia del Maggio, Marta Pluda (Araspe) e Giada Frasconi (Osmida). Firma lo spettacolo Deda Cristina Colonna, assieme a Gabriele Vanzini (scene), Monica Iacuzzo (costumi), Vincenzo Raponi (luci), impiegando anche le tecnica del teatro d’ombre, affidata alla compagnia torinese Altre Tracce. «L’impianto d’ombre viene usato sia per la scenografia sia per esprimere i tormenti umani di Didone», spiega la regista. «In tutti libretti che ho letto, è questa la prima Didone che passerà alla storia per essere stata abbandonata da Enea, non per aver fondato Cartagine. Lo spettacolo sarà storicamente informato, e riprodurrà certi metodi tipici del teatro barocco: come le «arie di sipario», cantate davanti alla tenda chiusa durante il cambio di scena. I costumi riportano su un carapace la struttura delle mura di Cartagine». La Didone abbandonata ebbe la sua prima rappresentazione a Roma, al Teatro delle dame, da poco era stato rilevato da aristocratici fiorentini; e fra questi c’era Paolo Maria Maccarani, il cui padre era stato impresario del Teatro della Pergola. Metastasio, l’autore del libretto, giunse appositamente a Roma per risistemare il testo e curare la regia, affiancato da Vinci. «Vinci riveste il libretto metastasiano con grande immediatezza espressiva, ricorrendo spesso a un’invenzione melodica impressionante aderente alle parole», racconta Ipata, che ha anche curato la revisione musicale della Didone «per sfoltire i recitativi, ricomposti nel rispetto della coerenza metrica, e per risolvere le diverse incongruenze lasciate dal copista». E quando il recitativo è accompagnato dagli strumenti, è un fluire incessante di squarci melodici e momenti concitati.
La regista Deda Cristina Colonna: «In scena useremo anche l’impianto del teatro d’ombre»