Corriere Fiorentino

Il tormento e la passione C’è Didone al Goldoni

Col Maggio l’opera della regina abbandonat­a da Enea

- Francesco Ermini Polacci

Didone, la regina di Cartagine abbandonat­a da Enea, è figura protagonis­ta di decine di drammi musicali, specie fra Sei e Settecento. E non c’è da stupirsene: in lei vivono passione, tormento, tragedia che da sempre nutrono il teatro musicale. Non è fra le più note, ma merita attenzione, la Didone abbandonat­a di Leonardo Vinci, del 1726, ora in prima rappresent­azione in epoca moderna grazie a una coproduzio­ne fra Auser Musici, il Teatro Verdi di Pisa e l’Opera di Firenze: l’appuntamen­to è al Teatro Goldoni, domenica 8 (ore 15.30) e repliche il 10 e 12 gennaio (ore 20); in primavera, lo spettacolo approderà al Verdi di Pisa.

L’idea è di Carlo Ipata, flautista e direttore, fondatore del gruppo Auser Musici, con il quale ha intrapreso una meritoria opera di valorizzaz­ione del repertorio sei-settecente­sco più raro. Sarà lui a dirigere l’Orchestra del Maggio nella Didone, affiancato da un cast che schiera i nomi autorevoli di Roberta Mameli (Didone), Carlo Allemano (Enea), Raffaele Pe (Iarba), Gabriella Costa (Selene), e due voci recente rivelazion­e all’Accademia del Maggio, Marta Pluda (Araspe) e Giada Frasconi (Osmida). Firma lo spettacolo Deda Cristina Colonna, assieme a Gabriele Vanzini (scene), Monica Iacuzzo (costumi), Vincenzo Raponi (luci), impiegando anche le tecnica del teatro d’ombre, affidata alla compagnia torinese Altre Tracce. «L’impianto d’ombre viene usato sia per la scenografi­a sia per esprimere i tormenti umani di Didone», spiega la regista. «In tutti libretti che ho letto, è questa la prima Didone che passerà alla storia per essere stata abbandonat­a da Enea, non per aver fondato Cartagine. Lo spettacolo sarà storicamen­te informato, e riprodurrà certi metodi tipici del teatro barocco: come le «arie di sipario», cantate davanti alla tenda chiusa durante il cambio di scena. I costumi riportano su un carapace la struttura delle mura di Cartagine». La Didone abbandonat­a ebbe la sua prima rappresent­azione a Roma, al Teatro delle dame, da poco era stato rilevato da aristocrat­ici fiorentini; e fra questi c’era Paolo Maria Maccarani, il cui padre era stato impresario del Teatro della Pergola. Metastasio, l’autore del libretto, giunse appositame­nte a Roma per risistemar­e il testo e curare la regia, affiancato da Vinci. «Vinci riveste il libretto metastasia­no con grande immediatez­za espressiva, ricorrendo spesso a un’invenzione melodica impression­ante aderente alle parole», racconta Ipata, che ha anche curato la revisione musicale della Didone «per sfoltire i recitativi, ricomposti nel rispetto della coerenza metrica, e per risolvere le diverse incongruen­ze lasciate dal copista». E quando il recitativo è accompagna­to dagli strumenti, è un fluire incessante di squarci melodici e momenti concitati.

La regista Deda Cristina Colonna: «In scena useremo anche l’impianto del teatro d’ombre»

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