UNO SPECCHIO E UNA BUSSOLA
Volata via la Befana, con tutte le feste, tiene banco il gelo, ma anche la politica ricomincia a farsi viva a un mese di distanza dal referendum che ha provocato la fine del governo Renzi. È una ripresa un po’ così, intendiamoci, come se lo sbarco a Palazzo Chigi di Paolo Gentiloni avesse in qualche modo congelato i giochi, nell’incertezza di ciò che avverrà nei prossimi mesi (elezioni? E quando? E a chi davvero convengono? Oppure avanti così? Ma con quali obiettivi?). Non c’è da stupirsi. Per oltre due anni Renzi ha tenuto banco, tra consensi e dissensi, e ora che lui si è eclissato per preparare il ritorno sulla scena, gli esponenti delle minoranze parlamentari sono rimasti senza il pungiball e non sanno più con chi prendersela. Ci dobbiamo accontentare delle performance di Beppe Grillo che evoca tribunali del popolo per giudicare i direttori dei giornali che secondo lui non la raccontano giusta. In alternativa possiamo farci una cultura grazie alle polemiche sulle vacanze dello stesso leader dei Cinque Stelle che è andato a fare Capodanno in Kenya dopo aver predicato povertà. Miserie, sì. In compenso abbiamo potuto apprendere da Flavio Briatore, insorto a difesa del comico (o ex comico?), che a Malindi non c’è lusso e che lì si spende meno che a Cortina (nota meta di gite parrocchiali). Così va.
In Toscana la politica batte qualche colpo nelle città che in primavera dovranno scegliere il sindaco: Lucca, Pistoia, Carrara. Proprio a Carrara, dove sperano di riuscire a conquistare il Comune, oggi i Cinque Stelle sceglieranno il proprio candidato con elezioni primarie. Ma non via web: anche loro si sono convertiti alla trasparenza del seggio fatto da tavolo e urna. È comunque un passo avanti rispetto ai pastrocchi della cyber-democrazia. A Lucca invece incrociano le spade i renziani e gli antirenziani, che sostengono la ricandidatura dell’attuale sindaco Tambellini. Tutto comprensibile e per giunta abbastanza chiaro, davanti alla città. Ma viene da chiedersi se il Pd toscano, a Lucca come altrove, più che litigare sulle poltrone non dovrebbe piuttosto piazzarsi davanti allo specchio per capire che razza di partito sia diventato: forte, certo, e ancora in grado di determinare le scelte più importanti per tutta la regione, ma con quale disegno? Con quali criteri di governo? La costa è sempre in attesa della ripresa, e anche questa legislatura rischia di chiudersi senza che siano stati sciolti i nodi più importanti del groviglio delle infrastrutture, a cominciare dalla Tirrenica, senza dimenticare l’aeroporto di Firenze. E poi ci sono le questioni del lavoro, del turismo, dell’energia, della banda larga.
Quale modello ha in testa il partito di Renzi per la Toscana? E con quali scadenze? Domande. Proprio nelle ultime ore se n’è aggiunta un’altra. Che intende fare il Pd a Roma come a Firenze o a Reggio Calabria sul fronte dell’immigrazione e dell’accoglienza (o meno) dei profughi? Fatto salvo il principio sacrosanto tante volte rivendicato da Renzi («Noi le vite le salviamo») forse sarebbe l’ora di stabilire una politica precisa. Tutt’altro che semplice per la verità, considerando che la prima difficoltà è decidere in tempi rapidi chi ha diritto di restare oppure no. Rossi ieri ha dato la sua ricetta: modello toscano al collasso? La soluzione è regolarizzare tutti. Matteo Salvini non poteva aspettarsi di meglio.