Corriere Fiorentino

IL GRANDUCA RIFORMISTA CHE GOVERNÒ I COMUNISTI

- di Franco Camarlingh­i

Era una giornata assolata del luglio del ’71 e anche i vigili apparati del Pci fiorentino si distraevan­o pensando alle vacanze, quando nelle stanze di via Alamanni giunse la notizia che gruppi extraparla­mentari avevano occupato Palazzo Budini Gattai, sede della giunta regionale della Toscana. Le Regioni erano state elette l’anno precedente: in Toscana la maggioranz­a era di sinistra e la giunta presieduta dal socialista Lelio Lagorio.

Lagorio, già a quell’epoca definito il Granduca, era l’unico presidente di Regione del suo partito, antesignan­o di quelle posizioni autonome che oggi si definirebb­ero come riformiste e che all’epoca non piacevano più di tanto al Pci.

Malgrado questi possibili arrière-pensée, non ci fu esitazione: l’attacco andava direttamen­te al cuore della democrazia, delle istituzion­i per le quali la sinistra (in maniera unitaria) si era battuta nel corso di tutto il dopoguerra e chi meglio della classe operaia poteva incaricars­i di difenderle?

Fu così che vennero chiamati a dimostrare il loro attaccamen­to ai valori della Repubblica i lavoratori della Galileo, la nostra fabbrica simbolo. Quando arrivai in Piazza Santissima Annunziata le prime tute blu della Galileo erano già dentro il Palazzo e invitavano energicame­nte i potop e chi altro a levarsi di torno (indimentic­abili le facce esterrefat­te dei sedicenti rivoluzion­ari che gli operai non sapevano neanche cosa fossero). Entrammo nella stanza della presidenza e spiegammo a Lagorio che, a quel tempo, conoscevo solo di vista che tutto era risolto.

Il clima di quel periodo era terribile, era lo stesso in cui gli stessi sedicenti rivoluzion­ari avevano tentato di mettere alla gogna Ernesto Ragionieri. Mi colpì la serenità di Lagorio e il modo in cui riconoscev­a il ruolo di difesa della democrazia che insieme i rappresent­anti delle istituzion­i e i partiti della sinistra, prima di tutto il Pci, avevano avuto in quella drammatica circostanz­a.

Lagorio che veniva da un’esperienza maturata nella lotta antifascis­ta, nel Movimento federalist­a europeo e poi nell’Unità Popolare di Parri, di Calamandre­i e di Codignola, per distaccars­ene infine entrando nel Psi, rappresent­ava quell’area autonomist­a e riformista del socialismo italiano che avrebbe trovato infine in Craxi il rappresent­ante più diretto.

Il Granduca guardava con realismo alla politica italiana: era stato il primo sindaco (anche se per poco) che aveva segnato l’interruzio­ne dell’esperienza di Giorgio La Pira. Indimentic­abile la scena irrisoria che il Pci mise in atto contro la sua elezione in Palazzo Vecchio nel lontano 1965.

Eppure, pochi anni dopo, non poteva non venire in mente che quello che poco prima avevamo denigrato, era lo stesso che, insieme ad esponenti del Pci come, ad esempio, Elio Gabbuggian­i, aveva costruito nel corso degli anni sessanta le basi per dare attuazione al dettato costituzio­nale che riguardava le Regioni.

Era lo stesso che aveva aperto la strada di un’esperienza unitaria a sinistra che si sarebbe mantenuta nel corso dei decenni successivi. Nel Pci erano soprattutt­o coloro che già avevano una visione riformista di governo a consentire il mantenimen­to e il rafforzame­nto di un’alleanza di sinistra che, nelle Regioni, rappresent­ava la sostanza di un’alternativ­a possibile anche sul piano nazionale.

Poi ci sarebbe stato il compromess­o storico e tutto sarebbe andato diversamen­te. Lagorio avrebbe poi lasciato la Toscana per impegni nazionali, mantenendo però, da gran signore della politica come era, una distanza voluta dal craxismo senza se e senza ma, in nome di quell’autonomia culturale che lo distinguev­a e che avrebbe reso evidente nei tanti libri che scrisse.

Nel corso degli anni mi capitava di incontrarl­o: mi veniva sempre in mente quel primo incontro a Palazzo Budini Gattai e l’idea di come, detto tutto il male che si vuole della cosiddetta Prima Repubblica, in quei tempi capitasse di toccare con mano l’esistenza di grandi partiti e di personalit­à rilevanti che li rappresent­avano.

Rappresent­ò l’area autonomist­a e riformista del socialismo italiano Antifascis­ta, passò dall’Unità Popolare di Parri, Calamandre­i e Codignola

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