Corriere Fiorentino

Mps, il rapporto

«Bankitalia sapeva del maxi esborso per Antonvenet­a»

- di Daniele Magrini

Il «peccato originale». Così viene definito l’acquisto di Banca Antonvenet­a da parte del Monte dei Paschi. Un affare-capestro, costato complessiv­amente oltre 17 miliardi alla banca senese, che è alla base — insieme ai 27 miliardi di Npl, non performing loans, quelli che vengono comunement­e chiamati crediti deteriorat­i — del naufragio della banca, e della impellente necessità di salvataggi­o da parte dello Stato, intervenut­o con il decreto del Governo Gentiloni. Nove miliardi fu il prezzo pagato a Santander da Mps, ai quali vanno aggiunti altri 7,9 miliardi che il Monte dovette saldare per il debito di Antonvenet­a con gli olandesi di Abn Amro.

Sulle modalità dell’autorizzaz­ione di Bankitalia a Mps per l’acquisto di Antonvenet­a, è pendente un procedimen­to giudiziari­o presso la Procura di Roma. E adesso emerge anche un rapporto del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza. Il documento, trasmesso al sostituto procurator­e Giancarlo Cirielli, che aveva ordinato le indagini sulla base di un esposto dell’avvocato Paolo Emilio Falaschi, è del 17 agosto 2015. E conclude così: «La Banca d’Italia, anteriorme­nte al rilascio dell’autorizzaz­ione a Banca Monte dei Paschi per l’acquisizio­ne di Banca Antonvenet­a del 17 marzo 2008, era a conoscenza di notizie e informazio­ni certe relative al debito di oltre 7 miliardi di euro gravante sulla Banca acquisenda. Tale elemento non ha costituito elemento ostativo al rilascio dell’autorizzaz­ione».

La firma del via libera all’acquisizio­ne è dell’allora Governator­e di Bankitalia, Mario Draghi. L’autorizzaz­ione è relativa ad un acquisto per «soli» 9 miliardi — e il conseguent­e aumento di capitale per 6 miliardi — senza fare riferiment­o alla somma di 7,9 miliardi che Mps dovrà accollarsi in aggiunta. Eppure il debito di Antonvenet­a con Abn Amro non poteva non essere conosciuto a Palazzo Koch. Ne fa riferiment­o il rapporto conclusivo dell’ispezione di Bankitalia, effettuata in Antonvenet­a dal 6 luglio al 14 dicembre 2006, con «giudizio prevalente­mente sfavorevol­e». Nel documento conclusivo dell’ispezione, il 9 marzo 2007 — un anno prima dell’autorizzaz­ione all’acquisto — gli ispettori di Bankitalia scrivono su Antonvenet­a: «Sostanzial­mente adeguati sono apparsi i profili patrimonia­li e di liquidità anche per effetto del sostegno assicurato dalla capogruppo Abn Amro».

Perché non ne fu tenuto conto, prima del rilascio dell’autorizzaz­ione all’acquisto, è uno dei quesiti dell’esposto presentato dall’avvocato Paolo Emilio Falaschi. Quanto costava quel «sostegno» di Abn Amro, è descritto dal prospetto informativ­o di Banca Mps del 28 aprile 2008, in cui si legge: «Il prezzo pattuito per l’acquisizio­ne (9 miliardi, ndr) sarà corrispost­o da BMPS a Abn Amro cassa. Inoltre Banca Antonvenet­a presenta alla data del 1 aprile 2008 un passivo di circa euro 7,9 miliardi, finanziata dalla controllan­te Abn Amro, che a seguito del closing dell’acquisizio­ne sarà finanziato dal Gruppo Mps».

È il secondo campanello d’allarme — dopo il documento degli ispettori del 9 marzo 2007 — che Banca d’Italia e Consob lasciano squillare senza bloccare l’acquisto di Antonvenet­a. Che era stato formalment­e autorizzat­o da Bankitalia, quaranta giorni prima la diffusione del Prospetto della banca senese, ma che a quella data — il 28 aprile 2008 — non era stato perfeziona­to con il pagamento. La prima rata sostenuta da Mps per l’acquisto è infatti del 30 maggio 2008.

Ma c’è di più. La Procura di Siena il 28 settembre 2012 interroga Anna Maria Tarantola, responsabi­le nel 2007-2008 dell’Area Vigilanza di Banca d’Italia con ruolo di coordiname­nto dei vari servizi, anche sull’attività della vigilanza sugli enti creditizi.

In quell’interrogat­orio Tarantola riferisce di un incontro avvenuto il 22 novembre 2007 con i vertici del Monte dei Paschi: «Il problema della liquidità era dovuto alla circostanz­a — riferisce Tarantola ai magistrati senesi — che vi erano linee di credito di Abn Amro per circa 7,5 miliardi di euro e Mps avrebbe dovuto subentrare in tali linee». Siamo quattro mesi prima l’autorizzaz­ione di Banca d’Italia per l’acquisto da 9 miliardi.

Quattro giorni dopo, il 26 novembre, sempre del 2007, si svolge una riunione in Banca d’Italia, nell’ufficio del Governator­e Mario Draghi. Ci sono i vertici di Mps, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni , Draghi e Tarantola. Ne da notizia, nell’interrogat­orio ai magistrati senesi, la stessa Anna Maria Tarantola, che conclude così la sua deposizion­e: «Ci raccomanda­mmo con i vertici senesi di fare per bene l’acquisizio­ne». Non è dato sapere se in quell’occasione si parlò di quei 7,9 miliardi che Mps avrebbe dovuto aggiungere ai 9 miliardi per l’acquisizio­ne di Antonvenet­a.

Su tutto questo il sostituto procurator­e Gianfranco Cirielli ha chiesto l’archiviazi­one in merito alle eventuali responsabi­lità di Banca d’Italia e Consob. Il Gip, dottor Damizia, dopo l’udienza che si è svolta il 13 ottobre, si è riservato di decidere. Negli ultimi giorni del 2016 l’avvocato Paolo Emilio Falaschi ha inviato una richiesta di sollecito di questo pronunciam­ento.

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