Rai, vecchi duelli L’effetto Leopolda è finito da un po’
Uno dei problemi politici di Matteo Renzi è che si fissa facilmente sulle persone. Se decide, dopo una rapida occhiata, che sei un fenomeno, magari ti affida la guida della Rai. È il caso di Antonio Campo Dall’Orto, presunto genio della televisione italiana, uno dei primi a sostenere Renzi (erano i rutilanti tempi delle Leopolde d’assalto, quelle in cui niente era scontato e la gioventù renziana era pronta a tutto), oggi amministratore delegato della tv di Stato. Nel migliore dei mondi possibili, Campo Dall’Orto sarebbe stato, anche nella Rai renziana, un ospite serale dei talk show. Uno di quei talk che — tutti ripetono, Renzi in testa — andrebbero rinnovati, senza però spiegare bene come e perché. Intanto, il primo tentativo è andato a vuoto. Politics, presentato come la novità del giornalismo politico italiano — ma era sbagliato fin dal nome; la gente fa già fatica a sopportare i partiti, figuriamoci la politics — è stato chiuso dopo aver preso il posto di Ballarò. Carlo Verdelli, direttore per l’offerta informativa, si è dimesso dopo la bocciatura del suo piano da parte del Cda. A inizio dicembre già se ne era andato Francesco Merlo, grande firma di Repubblica, chiamato da Verdelli a collaborare e a migliorare l’informazione della Rai. Ma che le cose non andassero bene, già si capiva dalle parole di Merlo con cui si è congedato un mese fa: «Speravo di aiutare il giornalismo della Rai a liberarsi dalla soffocante dipendenza della politica. Vado via perché questa missione è impossibile. Il clima si è fatto irrespirabile e il progetto di Verdelli, ricchissimo e innovativo nella progettazione del futuro, è stato sporcato e sabotato nei sottoscala dei poteri della Rai. Me ne vado perché con tenacia viene ingiuriato e calunniato il nostro lavoro, senza repliche, senza creare attorno a noi una minima solidarietà di squadra, con il silenzio dei vertici aziendali che dovrebbero invece rivendicare con orgoglio il nostro lavoro di questi mesi e quel progetto bandiera che è stato pensato al servizio della crescita culturale del Paese».
Ma se queste erano le premesse, come sarebbe potuto restare anche Verdelli, ispiratore di quel piano? «Ho ricevuto un mandato legato all’innovazione della Rai da Renzi. Ed è un impegno che intendo continuare a svolgere anche con il governo Gentiloni», dice Campo Dall’Orto. Quell’innovazione, però, non si vede. Si vedono lotte intestine, appetiti politici, insomma la solita roba che abbiamo trovato per anni sui giornali. La Leopolda s’è esaurita da un pezzo.
La burocrazia a 5 stelle
Il nuovo regolamento votato online dal M5s con il 91 per cento non ha niente di garantista, tant’è che Beppe Grillo ha dovuto precisare: per noi si dimette anche chi è condannato solo in primo grado. E comunque, anche in assenza di condanna, se il Garante, cioè Beppe Grillo, decide che sei fuori, beh, vai fuori. È il caso del toscano Massimo Artini, espulso dal M5S senza avvisi di garanzia. Artini rileva oggi come il partito di Grillo sia diventato come tutti gli altri. Il M5S, dice al Foglio, «ha perso lo spirito originario. Uno dei punti chiave per il Movimento era che la politica ci prende in giro con l’uso delle parole, vedi termovalorizzatore al posto di inceneritore. Ora anche il M5S usa la semantica per confondere e ingannare le persone. Ma che cos’è la presunzione di gravità? Che definizione è? E chi l’ha stabilita? Ma Grillo, naturalmente». La presunzione di gravità è contenuta nel nuovo regolamento, ma non si capisce che cosa voglia dire. Si capisce solo che con il nuovo codice viene regolamentata la discrezionalità. «Il Garante del MoVimento 5 Stelle, il Collegio dei Probiviri o il Comitato d’Appello, in virtù e nell’ambito delle funzioni attribuite dal Regolamento del MoVimento 5 Stelle, valutano la gravità dei comportamenti tenuti dai portavoce, a prescindere dall’esistenza di un procedimento penale». Per essere un partito che crede nei totem dell’Internet e della tecnologia, quindi nella rapidità d’esecuzione, il M5s usa linguaggi e pratiche burocratiche farraginose, degne del peggior apparato. È tutto un discutere di norme: sembra il Pd quando deve scegliere le regole delle primarie.
Renzi si fissa sulle persone: a Campo Dall’Orto, suo sostenitore della prima ora, ha dato la guida Rai ma nel migliore dei mondi possibili sarebbe stato al massimo un ospite da talk show