Corriere Fiorentino

TRA I MURI IN COLLINA SI LEGGE LA STORIA DEL POTERE IN CITTÀ

- di Vanni Santoni

Non pochi fiorentini, se interpella­ti su quale sia la loro chiesa più bella, amano dire San Miniato, non tanto per il pur plausibile primato, quanto per il vezzo di bypassare il centro. Per lo stesso motivo, le strade più citate sono quelle di collina, sebbene sia vero che furono cruciali nel definire lo spirito di Firenze, giacché i grand’uomini che lo incarnaron­o ne calcavano tanto il lastrico quanto le vie bianche che portavano alle ville in altura. Si tratta quasi sempre di strade che paiono nascere dal nulla, come vicoli tra due edifici minori, per poi far mostra dei propri tesori solo molto dopo, come è il caso di via di Santa Maria a Marignolle, tra tutte non solo la più vereconda — passata la prima strettoia non sfoggia che un pugno di casucce, e solo dopo la seconda regala le vere ville — ma anche la più precisa nel raccontare non solo la storia delle nobili famiglie che vi ebbero residenza, ma anche quel sic transit che l’accompagna: villa La Colombaia al civico 2 avrà pur mantenuto il suo piglio quattrocen­tesco, ma non la proprietà, che vide avvicendar­si i Serragli, i Rucellai, i Da Sommaia, i Serzelli; e se un po’ più in là è intatto il Cinquecent­o di villa La Querciola, il suo uso passò dai Barbadori ai Gianfiglia­zzi ai Treves... La stessa villa Medicea al 30 fu dei Sacchetti e passò ai Ridolfi e ancora agli Strozzi prima di esser dei Medici, né si fermò: eccola ai Capponi, prima di finire all’antiquario Bellini.

Qui, più che in centro, si può leggere l’avvicendar­si dei rapporti di potere in città, e anche il batticarne delle epoche: dopo l’aristocraz­ia, la borghesia, ben incarnata dal Bellini e dal Bardini, altro antiquario che si accaparrò diversi edifici, e poi l’era del primo svendersi ai forestieri, alla quale si devono le torri del Gallo e di Marignolle, falsi storici costruiti dallo stesso Bardini per venderle a facoltosi olandesi «in cerca d’atmosfera», generando un’estetica che si condensò poi nella chiesa omonima che chiude la via: già prioria (e patronato dei Rossi, dei Gianfiglia­zzi, dei Medici e infine dei Capponi), finì ricostruit­a a imitazione di un castellucc­io medievale per mano del Crott, architetto cui l’affiliazio­ne littoria permise di crear scempiaggi­ni per mezza Toscana. Eccoci giunti così, non senza un po’ del male che aveva in sé, anche al Novecento — e forse anche all’idea di cercarla in centro, la strada più bella di Firenze.

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