Due radioamici sull’onda (musicale)
Alcide: «La vidi all’improvviso. Era laggiù a destra, nitida nella folla sfuocata. Mi avvicinai, risucchiato da una melodia. Vendeva tastiere ed organi elettronici. Cominciai a parlare. Lei era una musicista, io no — studiavo lingue e l’alfabeto morse — ma improvvisai una serie di ragionamenti sul problema degli organi elettronici nel mondo contemporaneo. Lessi nei suoi occhi una vaga perplessità. Rilanciai dicendo che avrei potuto farle suonare un famoso organo in una famosa chiesa. Non so se mi credette. Mi colpirono per prima cosa i suoi capelli rossi e le sue mani veloci, poi tutto quanto, come quando la nebbia si dirada su un paesaggio. Eravamo due calamite e si vedeva. Passò un mio amico e scherzando chiese se stavamo insieme, risposi che certo, sì, avevamo già comprato i mobili, invece ci eravamo appena conosciuti». Giovanna: «Era originale, gambe lunghe, ironico, non come quei musoni in Conservatorio». Tornarono alle rispettive case senza essersi scambiati il numero di telefono, ma c’era quella musica nell’aria, quelle onde. Alcide era radioamatore. Parlava al «baracchino», una piccola radiotrasmittente. Ancora non esisteva Internet, era il 1974. Anche la sorella di Giovanna era radioamatrice. E spesso Giovanna si inseriva e parlava con i radioamici della sorella. Un giorno capì che stava parlando con lui. Non gli disse chi era. Parlarono e parlarono. Nel frattempo raccolse informazioni su di lui attraverso la sorella. Un giorno Alcide la invitò a casa: non fece in tempo a darle l’indirizzo che lei era già arrivata, perché da tempo studiava la situazione, questo almeno è quanto racconta Alcide. La vide. «Ma sei tu?» disse, la domanda era un’affermazione. «Già... siamo noi. Pazzesco» rispose lei fingendo una grande sorpresa. «Quanti anni hai?» le chiese dopo un po’. «Presto ne avrò almeno diciotto». Lui ne aveva ventiquattro. Gli prese un accidente. Tempo dopo Giovanna gli rivelò che quando parlavano alla radio lei già sapeva chi era. Giovanna: «Ma è falso che io avessi studiato per mesi il tragitto più veloce per raggiungere casa sua. Gli piacerebbe, mi descrive come se avessi avuto la lingua di fuori per lui. È solo che io sono sempre stata veloce a fare tutto, mica come lui». Un giorno lei gli disse: «Certo quella balla che mi dicesti la prima volta per accalappiarmi...». «Quale?». «Che potevi farmi suonare il famoso organo nella famosa chiesa». «Ma è vero!». Infatti andarono, e il fatto che un non musicista le offrisse la possibilità di suonare uno strumento inaccessibile la commosse per sempre. Giovanna suonò. C’erano lei, lui e la musica. Così fu celebrata la loro unione.