Corriere Fiorentino

Disegnando Firenze, cambiata in silenzio

- Di Luca Scarlini

Nel 1902, Elettra Pucci contattò il Comune di Firenze, per realizzare la volontà di suo marito, il pittore Fabio Borbottoni, che era scomparso quell’anno. L’artista aveva, con pazienza certosina, firmato 120 dipinti, nel corso di buona parte della sua esistenza (era nato nel 1820) in cui si era dato il compito di documentar­e la città che cambiava, a rotta di collo, dopo l’unificazio­ne d’Italia. Queste opere, invece, non vennero apprezzate dalla municipali­tà, che inviò comunque una speciale commission­e, e rimasero presso la famiglia. Infine vennero acquisite nel 1996 dall’Ente Cassa di Risparmio, che nel 2015 le ha esposte, insieme alle fotografie di Saverio De Meo e preziose mappe dell’Istituto Geografico Militare, nella mostra Firenze. Fotografia di una città tra storia e attualità. È una rappresent­azione, minuziosa, dettagliat­issima, che colpisce in primo luogo per il silenzio: poche sono le persone che si vedono in spazi ampi, quieti e pre-turistici, piazze e strade sembrano ampie, gli interni delle chiese enormi. Molto è mutato: non si trova più «l’atrio» a fianco di Palazzo Spini Feroni, demolito nel 1823 e l’Isola delle Stinche ha da tempo assunto l’aspetto consueto del Teatro Verdi. L’artista con grazia, svolse quindi lo stesso compito che a Roma si era dato, con sensibilit­à affine, Ettore Roesler Franz, documentan­do quello che andava mutando nella nuova Italia, che aveva bisogno urgente di nuovi simboli architetto­nici.

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