Don Giovanni, quello vero
Il 10 debutta alla Pergola la versione originale dell’opera di Mozart secondo Fornasetti Con una spiazzante disposizione dei musicisti e un finale pieno di emozioni, da scoprire
Don Giovanni è appena sprofondato nelle fiamme dell’inferno, trascinato dalla fatale stretta di mano del Commendatore. Sulla scena si ritrovano tutti gli altri personaggi: Leporello, Donna Anna, Donna Elvira, Don Ottavio, Zerlina, Masetto. Non paiono sconvolti più di tanto per quel che è successo; ciascuno annuncia quel che farà ora: Leporello si cercherà un «padron migliore», Anna rimanda il matrimonio con Ottavio, Elvira finirà i suoi giorni in un convento, Masetto e Zerlina torneranno a casa. Poi tutti insieme intonano la morale finale: «Questo è il fin di chi fa il mal». Terminava così nella Praga del 1787 il Don Giovanni di Mozart, alla sua prima, trionfale rappresentazione. Per quella dell’anno dopo a Vienna, capitale dell’impero, Mozart e il librettista Da Ponte apportarono qualche modifica, tolsero arie e ne aggiunsero altre, inserirono un duettino; e soprattutto, da quel che sappiamo, eliminarono il moraleggiante sestetto finale, facendo terminare l’opera con la terribile discesa agli inferi di Don Giovanni. Conclusione catastrofica e punitiva. Del resto, aveva sentenziato l’imperatore Giuseppe II a Da Ponte, il Don Giovanni così com’era non sarebbe stato «cibo pei denti dei miei viennesi». Ancora oggi, Don Giovanni viene solitamente presentato sulle scene in una forma che, in sostanza, fonde le due versioni: con le arie aggiunte a Vienna e la conclusione con tutti i personaggi in scena, come a Praga. Ma Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni che ascolteremo ora al Teatro della Pergola (10, 12 e 13 gennaio, ore 20.15) seguirà scrupolosamente alla lettera la versione di Praga. Alla Pergola, proprio dove venne realizzato uno dei primissimi allestimenti italiani di Don Giovanni, nel 1818, e dove gli annali registrano una formidabile edizione con Karajan sul podio dei complessi del Maggio (1942) e la nota messinscena di Jonathan Miller con Mehta (1990). Sarà uno spettacolo che, dopo il battesimo a Milano, debutterà in Toscana in occasione di Pitti Immagine Uomo, con la regia di Davide Montagna e i costumi di Romeo Gigli; il progetto e la produzione sono di Fornasetti, storico atelier milanese noto in tutto il mondo per il design e le decorazioni di oggetti d’arredamento. Barnaba Fornasetti, erede e attuale anima dell’azienda, ha realizzato le scene rifacendosi a motivi grafici e decori dell’archivio di famiglia, come carte da gioco e volti di donna. Una dimensione immaginifica e ricca di simboli, per una visione contemporanea fuori dal tempo. Viceversa, la realizzazione musicale seguirà il percorso di una rigorosa filologia legata al mondo sonoro di Mozart e di quella prima rappresentazione l’elenco e il numero degli strumenti usati per la rappresentazione praghese, si intuisce che i timbri e gli equilibri fossero differenti da quelli che siamo abituati ad ascoltare», spiega il maestro Toni. «Un’orchestra così fatta può rivelare colori e dinamiche straordinari, capaci davvero di travolgere con emozioni, di creare vere e proprie tempeste. Sappiamo poi che i musicisti erano sistemati in modo differente rispetto ad oggi: per questo ho voluto una disposizione degli strumenti longitudinale, in modo che archi e fiati siano contrapposti e per questo capaci di sorprendenti effetti di contrasto. E per il pubblico potrà essere un effetto destabilizzante». Il cast dei cantanti annovera Christian Senn (Don Giovanni), Renato Dolcini (Leporello), Emanuela Galli (Donna Elvira), Raffaella Milanesi (Donna Anna), Mauro Borgioni (Commendatore e Masetto). Ma perché presentare proprio la versione di Praga? «Se abbiamo la possibilità di vedere la Gioconda da vicino, perché dobbiamo accontentarci di una sua riproduzione su una cartolina? L’autografo della rappresentazione praghese contiene soluzioni di mano di Mozart che la prassi esecutiva ha soffocato, ma tali da trasmettere una forte emotività. Nella stessa scena finale, Mozart cancellò le parti in cui i vari personaggi raccontano cosa sarà di loro. Senza più la luce di Don Giovanni, è come se ciascuno di essi si spegnesse. Ne risulta una prospettiva più diretta, anche ironica, che in fondo lascia aperte tutte le possibilità. I viennesi, più moralisti, non avrebbero capito la modernità di una conclusione capace di scatenare chissà quali altre situazioni, chissà quali altre emozioni estreme». praghese. A firmarla è Simone Toni, direttore e oboista, sul podio di Silete Venti!, ensemble di strumenti d’epoca da lui fondato più di dieci anni fa: un Don Giovanni, dice, che «rappresenta il sogno di una vita intera, vissuta nel folle amore per Mozart». Verrà utilizzato anche un fortepiano, che Mozart prediligeva, in una fedele copia di uno strumento costruito da Anton Walter nel 1782. Ma non è solo questione di riproporre sonorità vicine a quelle del tempo. «Scorrendo
L’autografo della rappresentazione praghese ha una prospettiva più ironica