Corriere Fiorentino

Don Giovanni, quello vero

Il 10 debutta alla Pergola la versione originale dell’opera di Mozart secondo Fornasetti Con una spiazzante disposizio­ne dei musicisti e un finale pieno di emozioni, da scoprire

- di Francesco Ermini Polacci

Don Giovanni è appena sprofondat­o nelle fiamme dell’inferno, trascinato dalla fatale stretta di mano del Commendato­re. Sulla scena si ritrovano tutti gli altri personaggi: Leporello, Donna Anna, Donna Elvira, Don Ottavio, Zerlina, Masetto. Non paiono sconvolti più di tanto per quel che è successo; ciascuno annuncia quel che farà ora: Leporello si cercherà un «padron migliore», Anna rimanda il matrimonio con Ottavio, Elvira finirà i suoi giorni in un convento, Masetto e Zerlina torneranno a casa. Poi tutti insieme intonano la morale finale: «Questo è il fin di chi fa il mal». Terminava così nella Praga del 1787 il Don Giovanni di Mozart, alla sua prima, trionfale rappresent­azione. Per quella dell’anno dopo a Vienna, capitale dell’impero, Mozart e il librettist­a Da Ponte apportaron­o qualche modifica, tolsero arie e ne aggiunsero altre, inserirono un duettino; e soprattutt­o, da quel che sappiamo, eliminaron­o il moraleggia­nte sestetto finale, facendo terminare l’opera con la terribile discesa agli inferi di Don Giovanni. Conclusion­e catastrofi­ca e punitiva. Del resto, aveva sentenziat­o l’imperatore Giuseppe II a Da Ponte, il Don Giovanni così com’era non sarebbe stato «cibo pei denti dei miei viennesi». Ancora oggi, Don Giovanni viene solitament­e presentato sulle scene in una forma che, in sostanza, fonde le due versioni: con le arie aggiunte a Vienna e la conclusion­e con tutti i personaggi in scena, come a Praga. Ma Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni che ascolterem­o ora al Teatro della Pergola (10, 12 e 13 gennaio, ore 20.15) seguirà scrupolosa­mente alla lettera la versione di Praga. Alla Pergola, proprio dove venne realizzato uno dei primissimi allestimen­ti italiani di Don Giovanni, nel 1818, e dove gli annali registrano una formidabil­e edizione con Karajan sul podio dei complessi del Maggio (1942) e la nota messinscen­a di Jonathan Miller con Mehta (1990). Sarà uno spettacolo che, dopo il battesimo a Milano, debutterà in Toscana in occasione di Pitti Immagine Uomo, con la regia di Davide Montagna e i costumi di Romeo Gigli; il progetto e la produzione sono di Fornasetti, storico atelier milanese noto in tutto il mondo per il design e le decorazion­i di oggetti d’arredament­o. Barnaba Fornasetti, erede e attuale anima dell’azienda, ha realizzato le scene rifacendos­i a motivi grafici e decori dell’archivio di famiglia, come carte da gioco e volti di donna. Una dimensione immaginifi­ca e ricca di simboli, per una visione contempora­nea fuori dal tempo. Viceversa, la realizzazi­one musicale seguirà il percorso di una rigorosa filologia legata al mondo sonoro di Mozart e di quella prima rappresent­azione l’elenco e il numero degli strumenti usati per la rappresent­azione praghese, si intuisce che i timbri e gli equilibri fossero differenti da quelli che siamo abituati ad ascoltare», spiega il maestro Toni. «Un’orchestra così fatta può rivelare colori e dinamiche straordina­ri, capaci davvero di travolgere con emozioni, di creare vere e proprie tempeste. Sappiamo poi che i musicisti erano sistemati in modo differente rispetto ad oggi: per questo ho voluto una disposizio­ne degli strumenti longitudin­ale, in modo che archi e fiati siano contrappos­ti e per questo capaci di sorprenden­ti effetti di contrasto. E per il pubblico potrà essere un effetto destabiliz­zante». Il cast dei cantanti annovera Christian Senn (Don Giovanni), Renato Dolcini (Leporello), Emanuela Galli (Donna Elvira), Raffaella Milanesi (Donna Anna), Mauro Borgioni (Commendato­re e Masetto). Ma perché presentare proprio la versione di Praga? «Se abbiamo la possibilit­à di vedere la Gioconda da vicino, perché dobbiamo accontenta­rci di una sua riproduzio­ne su una cartolina? L’autografo della rappresent­azione praghese contiene soluzioni di mano di Mozart che la prassi esecutiva ha soffocato, ma tali da trasmetter­e una forte emotività. Nella stessa scena finale, Mozart cancellò le parti in cui i vari personaggi raccontano cosa sarà di loro. Senza più la luce di Don Giovanni, è come se ciascuno di essi si spegnesse. Ne risulta una prospettiv­a più diretta, anche ironica, che in fondo lascia aperte tutte le possibilit­à. I viennesi, più moralisti, non avrebbero capito la modernità di una conclusion­e capace di scatenare chissà quali altre situazioni, chissà quali altre emozioni estreme». praghese. A firmarla è Simone Toni, direttore e oboista, sul podio di Silete Venti!, ensemble di strumenti d’epoca da lui fondato più di dieci anni fa: un Don Giovanni, dice, che «rappresent­a il sogno di una vita intera, vissuta nel folle amore per Mozart». Verrà utilizzato anche un fortepiano, che Mozart prediligev­a, in una fedele copia di uno strumento costruito da Anton Walter nel 1782. Ma non è solo questione di riproporre sonorità vicine a quelle del tempo. «Scorrendo

 L’autografo della rappresent­azione praghese ha una prospettiv­a più ironica

 ??  ?? Una scena de «Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni» (foto: Ray Tarantino)
Una scena de «Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni» (foto: Ray Tarantino)
 ??  ?? Un altro momento dell’opera (foto: Arianna Sanesi)
Un altro momento dell’opera (foto: Arianna Sanesi)
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Il direttore d’orchestra Simone Toni
 ??  ?? Set design by Fornasetti
Set design by Fornasetti

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