Corriere Fiorentino

TRASPARENZ­A E IPOCRISIA

- di Paolo Ermini

Nomi, nomi, nomi. Sui media e nell’opinione pubblica è partita la grande caccia a chi ha contratto debiti con il Monte dei Paschi senza restituire alcunché, dando un buon contributo al collasso di Rocca Salimbeni. I nomi! I nomi! Vogliamo i nomi! Una questione di trasparenz­a, certo. Ma la trasparenz­a non può essere parziale. E, soprattutt­o, deve poggiare su verità, non su furbizie e opportunis­mi.

Il primo paragrafo di questo nuovo capitolo del romanzone senese lo ha scritto il presidente dell’associazio­ne bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, quando in un’intervista al Mattino ha affermato che dopo l’intervento dello Stato per salvare Mps i cittadini/contribuen­ti hanno il diritto di conoscere l’elenco dei debitori negligenti che hanno provocato l’esborso di fondi pubblici, cioè di tutti noi. Ne è scaturito un dibattito vivacissim­o nel quale il garante della privacy ha chiarito che la legge sulla riservatez­za non vale per le aziende, che ovviamente sono le titolari di tutte le sofferenze più alte. Ed è cominciata la pubblicazi­one, a pezzetti, della lista nera. Tra le critiche a Patuelli, accusato di avere scatenato l’offensiva contro i furbetti del credito per coprire la responsabi­lità dei banchieri, che quei crediti perduti li avevano irresponsa­bilmente concessi. Sul Sole 24Ore l’economista Luigi Zingales ha eccepito: «Se debitori inaffidabi­li hanno ricevuto un ammontare sproposita­to di credito è colpa delle menzogne dei debitori o della insipienza (collusione) delle banche?». E scriveva ancora Zingales : «Lo stesso vale per i risparmiat­ori defraudati. È giusto che uno Stato che fallisce nel proteggere gli investitor­i, paghi per i suoi errori. Ma questo dovete non deve scadere in una regalia per i furbi. Perciò sarebbe altrettant­o giusto pubblicare la lista degli investitor­i defraudati che benefician­o del rimborso e per quanto ne benefician­o. Anche per evitare che tra costoro non ci sia qualche hedge fund che ne ha approfitta­to». Una richiesta di chiarezza totale che difficilme­nte troverà soddisfazi­one. In compenso giorno dopo giorno, ora un organo di informazio­ne, ora l’altro, hanno cominciato a ricomporre il puzzle delle cattive amicizie, la rete dei legami politici ed economici al cui centro c’era il vertice del Monte dei Paschi. Finanziame­nti agli amici degli amici, fondi ad aziende qualche volta anche decotte, una pioggia di contributi su tutto il territorio in cui la banca operava (e opera tutt’ora).

A Siena e provincia sarà difficile trovare una sola realtà socialment­e rilevante (dallo sport alla cultura) che non abbia beneficiat­o del sostegno della banca. E il collante era quasi sempre quella politica che è in perenne ricerca di consenso. Ora si riscopre l’America. E cioè che il Monte era inserito con tutta la sua potenza finanziari­a in un sistema di potere che comprendev­a gli enti locali e la Regione, il cui presidente ora tuona perché i cattivi siano esposti al pubblico ludibrio. Che poi tanti crediti siano finiti fuori dai confini della nostra regione può essere un motivo sufficient­e per far finta di non sapere qual era l’andazzo toscano? Il re è nudo adesso. E dovrebbe essere proprio il Pd, che finora ha guidato le danze, a rileggere in chiave critica la storia recente. Renzi cominciò la sua ascesa accusando la vecchia classe dirigente del suo partito per l’intreccio politica-Monte. Poi si è smarrito tra i rovesci bancari (Etruria in testa) e alla fine ha evitato solo per poche ore, dopo le dimissioni da premier, di firmare l’ingresso del Tesoro nell’azionariat­o della banca più antica del mondo, che lui aveva sempre voluto evitare. Ora forse Renzi dovrebbe proprio ripartire dal fronte delle banche per tentare di risalire la china e riproporsi alla leadership del Paese. Ma la questione chiama in causa tutti i protagonis­ti della vicenda italiana, a cominciare da quel centrodest­ra che per anni in Toscana non ha resistito alla tentazione di partecipar­e al gioco, seppur con un ruolo marginale (ma al Monte mica tanto). Vedremo che frutti darà la commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle banche se mai davvero sarà insediata in questa legislatur­a. Nel frattempo evitiamo l’alibi della trasparenz­a per consumare l’operazione ipocrisia. Nomi! Nomi! Tutti però. Anche dei buoni per calcolo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy