TRASPARENZA E IPOCRISIA
Nomi, nomi, nomi. Sui media e nell’opinione pubblica è partita la grande caccia a chi ha contratto debiti con il Monte dei Paschi senza restituire alcunché, dando un buon contributo al collasso di Rocca Salimbeni. I nomi! I nomi! Vogliamo i nomi! Una questione di trasparenza, certo. Ma la trasparenza non può essere parziale. E, soprattutto, deve poggiare su verità, non su furbizie e opportunismi.
Il primo paragrafo di questo nuovo capitolo del romanzone senese lo ha scritto il presidente dell’associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, quando in un’intervista al Mattino ha affermato che dopo l’intervento dello Stato per salvare Mps i cittadini/contribuenti hanno il diritto di conoscere l’elenco dei debitori negligenti che hanno provocato l’esborso di fondi pubblici, cioè di tutti noi. Ne è scaturito un dibattito vivacissimo nel quale il garante della privacy ha chiarito che la legge sulla riservatezza non vale per le aziende, che ovviamente sono le titolari di tutte le sofferenze più alte. Ed è cominciata la pubblicazione, a pezzetti, della lista nera. Tra le critiche a Patuelli, accusato di avere scatenato l’offensiva contro i furbetti del credito per coprire la responsabilità dei banchieri, che quei crediti perduti li avevano irresponsabilmente concessi. Sul Sole 24Ore l’economista Luigi Zingales ha eccepito: «Se debitori inaffidabili hanno ricevuto un ammontare spropositato di credito è colpa delle menzogne dei debitori o della insipienza (collusione) delle banche?». E scriveva ancora Zingales : «Lo stesso vale per i risparmiatori defraudati. È giusto che uno Stato che fallisce nel proteggere gli investitori, paghi per i suoi errori. Ma questo dovete non deve scadere in una regalia per i furbi. Perciò sarebbe altrettanto giusto pubblicare la lista degli investitori defraudati che beneficiano del rimborso e per quanto ne beneficiano. Anche per evitare che tra costoro non ci sia qualche hedge fund che ne ha approfittato». Una richiesta di chiarezza totale che difficilmente troverà soddisfazione. In compenso giorno dopo giorno, ora un organo di informazione, ora l’altro, hanno cominciato a ricomporre il puzzle delle cattive amicizie, la rete dei legami politici ed economici al cui centro c’era il vertice del Monte dei Paschi. Finanziamenti agli amici degli amici, fondi ad aziende qualche volta anche decotte, una pioggia di contributi su tutto il territorio in cui la banca operava (e opera tutt’ora).
A Siena e provincia sarà difficile trovare una sola realtà socialmente rilevante (dallo sport alla cultura) che non abbia beneficiato del sostegno della banca. E il collante era quasi sempre quella politica che è in perenne ricerca di consenso. Ora si riscopre l’America. E cioè che il Monte era inserito con tutta la sua potenza finanziaria in un sistema di potere che comprendeva gli enti locali e la Regione, il cui presidente ora tuona perché i cattivi siano esposti al pubblico ludibrio. Che poi tanti crediti siano finiti fuori dai confini della nostra regione può essere un motivo sufficiente per far finta di non sapere qual era l’andazzo toscano? Il re è nudo adesso. E dovrebbe essere proprio il Pd, che finora ha guidato le danze, a rileggere in chiave critica la storia recente. Renzi cominciò la sua ascesa accusando la vecchia classe dirigente del suo partito per l’intreccio politica-Monte. Poi si è smarrito tra i rovesci bancari (Etruria in testa) e alla fine ha evitato solo per poche ore, dopo le dimissioni da premier, di firmare l’ingresso del Tesoro nell’azionariato della banca più antica del mondo, che lui aveva sempre voluto evitare. Ora forse Renzi dovrebbe proprio ripartire dal fronte delle banche per tentare di risalire la china e riproporsi alla leadership del Paese. Ma la questione chiama in causa tutti i protagonisti della vicenda italiana, a cominciare da quel centrodestra che per anni in Toscana non ha resistito alla tentazione di partecipare al gioco, seppur con un ruolo marginale (ma al Monte mica tanto). Vedremo che frutti darà la commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche se mai davvero sarà insediata in questa legislatura. Nel frattempo evitiamo l’alibi della trasparenza per consumare l’operazione ipocrisia. Nomi! Nomi! Tutti però. Anche dei buoni per calcolo.