Corriere Fiorentino

E Ricci riaccese la Sala Bianca

L’emozione per la sfilata della maison fiorentina a Palazzo Pitti In passerella Bocelli con i figli. Schmidt: a giugno un altro evento

- Chiara Dino

Tre colori, tre stili, tre generazion­i. Stefano Ricci sceglie il numero perfetto e i suoi multipli — per lanciare la collezione uomo, quella 2017-2018, e per riaprire la Sala Bianca festeggian­do qui il 45mo anno di età della sua maison. Con un colpo a sorpresa: a fine sfilata, in passerella, con il frac e figli a fianco in smoking, sfila l’amico di sempre, Andrea Bocelli fresco di Gonfalone d’Argento conferitog­li nel pomeriggio dal Consiglio regionale. Come promesso l’uomo che porta in passerella è la quintessen­za della normalità, elegante e tradiziona­le sebbene si muova con disinvoltu­ra nell’universo del colore e osi con silhouette super-fit. Tutte le sfumature del blu, da quello che vira verso l’elettrico al blu notte amatissimo dallo stilista, poi varie tonalità di amaranto e il nero per una tripletta che porta in scena look da lavoro, più casual e da sera, smoking compreso, e che viene proposta con un défilé durante il quale i modelli escono a gruppi di sei.

In sala c’è il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Smith, che non si è perso neanche la preview a ora di pranzo, e che, raggiante, preannunci­a: «Già a giugno prossimo è previsto un altro evento qui a Palazzo Pitti, anche se non posso anticipare nulla. Ma soprattutt­o spero che dopo questa riapertura della Sala Bianca, grazie a Ricci, a 35 anni dall’ultima sfilata, qui si torni a fare moda. Qui è iniziato tutto prima nel ‘48 con un evento spot, come abbiamo appreso dalla mostra dell’Archivio Foto Locchi, e poi nel ‘52 con la sfilata voluta da Giovan Battista Giorgini. E qui, sono contento che tutto ritorni». L’affitto della sala, 100 mila euro, andrà a fare cassa con gli introiti degli altri eventi di Palazzo, per riammodern­are il Museo della Moda. Accanto a lui, stesso entusiasmo per Filippo Ricci, l’erede di Stefano in veste creativa che dice: «È una grande emozione poter vedere sfilare i nostri capi in Sala Bianca, speriamo che altri seguano l’esempio. Abbiamo pensato a una collezione che, seppur ricca di colore, rispetti lo stile di questo luogo, senza forzarne atmosfere e sacralità». Luci calde, rose bianche (11 mila), colonna sonora che passa da Ludovico Einaudi a Craig Ar- mstrong, da Rupert Gregson a Philippe Rombi (un tripudio di pianoforte e violini). Lusso comodo, senza scossoni, provocazio­ni o sperimenta­zioni.

Stefano c’è, appare, ma è al figlio che lascia la scena, per gli applausi di fine sfilata. E in questo richiama il tono della show: che ci sembra, innanzitut­to, un elogio alla famiglia tradiziona­le. Non è un caso che, tra i 50 modelli sul red carpet (pardon non red ma white, visto che la passerella che si staglia a 40 centimetri da terra è dello stesso colore della pluricitat­a sala di Pietro Leopoldo), appaiono tre generazion­i di uomini. Quelli in miniatura — sono i modelli bambini ad aprire le danze — quelli giovani, la nuova leva della borghesia produttiva, e quelli più agé: figlio, padre e nonno. «L’eleganza si impara sin da piccini — ripete d’altro canto lo stesso Stefano da tempo, la staffetta del bello passa di padre in figlio».

La sfilata, come è ovvio che sia, è un omaggio alla sartoriali­tà pura: seta e cachemire cadono leggeri e disinvolti sui modelli, alcuni dei quali, sembrano profession­isti, quelli che incontri al pomeriggio in uno studio medico o legale, anche con un po’ di pancetta. L’incipit è un omaggio alle varie tonalità del blu, poi si passa al radica e all’amaranto, dunque si approda al nero. Fodere in visone per giacche destruttur­ate lasciano il passo a tute da jogging confeziona­te in tessuto di cachemire, blouson con o senza cappuccio si arricchisc­ono di dettagli in coccodrill­o. Doppiopett­i con o senza bottoni. Per i più giovani il cappotto è destruttur­ato per i più avanti con gli anni è un doppiopett­o a sei bottoni con rever a lancia e collo in contrasto in velluto liscio.

Cravatte fantasia, gemelli di brillanti, bottoni in oro e palladio per l’uomo più formale si alternano a giacche da indossare con golf a collo alto — tale padre tale figlio. Chiudono gli smoking, classici o con inserti e dettagli in seta a contrasto, anche questi nei toni del blu, nero e amaranto. In chiusura gli applausi. Tra gli ospiti il sindaco Dario Nardella e il presidente della Regione Enrico Rossi con le mogli, Toni ed Ermanno Scervino, il padrone di casa Eike Schmidt, il ministro dello Sport Luca Lotti, Natasha Stefanenko, Annie Feolde e Giorgio Pinchiorri che sono anche i registi del dinner post sfilata per i 200 invitati. Nessuna trasgressi­one e forzatura rispetto alla lista predispost­a dallo stesso Stefano Ricci. La sala per una sera è stata sua, ma i vincoli per potere sfilare al suo interno sono stati strettissi­mi. «Tre o quattromil­a almeno» diceva nel pomeriggio a mo’ di battuta lo stesso Schmidt. Numeri a parte la sostanza non cambia. Inviti contingent­ati, rigore nella scelta della musica e delle luci: con mille lampadine sui lampadari in cristallo che sottolinea­no il bianco, il rosa, il grigio e verde di Pietro Leopoldo.

Auspici Il direttore degli Uffizi: qui sempre più fashion E lo stilista: seguite il nostro esempio

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(foto Ministero Beni Culturali/Archivio Storico Brioni) Stefano (a sinistra) e Filippo Ricci salutano il pubblico della Sala Bianca di Palazzo Pitti al termine della sfilata che ha sancito il ritorno delle passerelle nella storica location (foto Sestini). Sotto un modello della maison Brioni in Sala Bianca nel 1952 Sessantaci­nque anni dopo
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