Il tenore: «Il mio no a Trump? Non ha un significato politico»
«Non sono Bob Dylan, che può permettersi di fare quello che vuole: io a prendere i premi ci vengo perché sono un segno di stima e affetto. Specialmente questo, a Firenze, per me che sono pisano». Non si trattava del Nobel come nel caso del cantautore. Ma del Gonfalone d’Argento. Andrea Bocelli non rinuncia alla battuta sull’asse con gli Stati Uniti che in questi giorni ha visto il tenore di Lajatico protagonista di un celebre rifiuto, non a un premio, ma all’invito di Donald Trump alla sua cerimonia di insediamento alla Casa Bianca. Bocelli ha passato la giornata a Firenze: nel pomeriggio per ricevere dalle mani del presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani il più alto riconoscimento della Regione Toscana per i suoi «per meriti artistici, per le attività di promozione della cultura, per le attività filantropiche» come recita la motivazione. E la sera per partecipare alla sfilata di Stefano Ricci. «La mia rinuncia non ha nessun significato politico nei confronti di Trump» ha aggiunto. Sottolineando che «un artista che fa politica è sempre un fatto pericoloso e improprio». Il tenore ha rilanciato l’appuntamento per l’estate nella sua Lajatico al Teatro del Silenzio: «Ci saranno sorprese e novità» annuncia. «Lajatico prima del Teatro del Silenzio non la conosceva nessuno, anche se ci è cresciuto Carducci che in quanto a cultura ha da dire molto più di me, ma non aveva dalla sua la potenza della televisione». Ma il grande banco di prova per il tenore toscano sarà il prossimo 12 febbraio a Los Angeles nella notte dei Grammy Award. Nemmeno Luciano Pavarotti è mai riuscito a trionfare agli Oscar della musica. Lui ce la potrebbe fare.
Da Pisa a Firenze «Non sono Bob Dylan, io a prendere i premi ci vengo perché sono un segno di affetto»