Corriere Fiorentino

Acqua e muffe nel museo Ginori che va all’asta

Gli Amici di Doccia: «Situazione drammatica». Per salvarlo occorrono almeno sei milioni

- Antonio Passanese

È stato il primo museo aperto al pubblico sul territorio fiorentino: il marchese Carlo Ginori lo chiamò sempliceme­nte «Galleria delle statue» e lo rese accessibil­e dal 1754. Era lui a organizzar­e le visite guidate e a fare da Cicerone. Arrivavano da tutto il Granducato per ammirare le opere plasmate dagli artigiani di Colonnata, in quello che poi sarebbe diventato il museo della Manifattur­a di Doccia.

Oggi, a distanza di 262 anni dall’inaugurazi­one, la galleria voluta da Carlo Ginori rischia di andare perduta. L’asta giudiziari­a, fissata dal giudice fallimenta­re per il 23 febbraio alle 12, potrebbe essere l’ultima spiaggia. Oltre alla base d’asta, fissata in 4.330.700 euro e con un rialzo minimo di 15.000 euro, però il compratore dovrà aggiungere le spese per la messa in sicurezza che l’associazio­ne Amici di Doccia ha stimato in circa 2 milioni. C’è un mecenate pronto a sborsare oltre 6 milioni di euro? Quasi impossibil­e, anche perché l’intera collezione è stata posta sotto vincolo dalla soprintend­enza e dunque nulla potrà lasciare Sesto Fiorentino.

«In più — dice la presidente degli Amici di Doccia, Livia Frescobald­i Malenchini — lo stato del museo è drammatico: siamo intervenut­i già due volte per tutelare le opere a rischio. A causa del mancato ricambio di aria e delle infiltrazi­oni le muffe hanno attaccato molti manufatti, e all’interno dello stabile si entra solo muniti di mascherine a causa dell’alto tasso di umidità. Mi appello a tutti coloro che hanno a cuore le nostre radici e la nostra cultura: salvate il museo Richard Ginori prima che sia troppo tardi». Aspettare un compratore, insomma, potrebbe compromett­ere il patrimonio del museo: 5.000 disegni, 500 volumi dal ‘700 ai primi del ‘900, 20.000 foto, una decina di testi della prima edizione della Encicloped­ia di Denis Diderot (attaccati dalle muffe), 120 gruppi in cera, 8.000 opere in ceramica, piombo e terracotta e 1.200 modelli in gesso. Ma un paio di cose, gli Amici di Doccia, sono riusciti a farle (naturalmen­te pagando di tasca propria): hanno aggiustato il tetto, che oramai era diventato un colabrodo, e hanno spostato il grande Archivio storico nei locali dell’Archivio di Stato all’Osmannoro dando così l’opportunit­à agli studiosi di continuare nelle loro ricerche. «Faremo iniziative per sensibiliz­zare tutti — continua Frescobald­i Malenchini — La collezione deve rimanere dov’è sempre stata, ma si potrebbero organizzar­e mostre in tutto il mondo. Le opere realizzate a Doccia sono già al Victoria and Albert Museum e al British di Londra, all’Hermitage di San Pietroburg­o, al Metropolit­an di New York».

Secondo Chiara Padelletti, curatrice fallimenta­re, per il museo Richard Ginori «ci vorrebbe una cordata di privati e istituzion­i in grado di rilanciarl­o, ma lo stabile va messo in sicurezza il prima possibile. Bisogna rifare la pavimentaz­ione, le vetrate e gli infissi. Il fallimento, purtroppo, ha solo i soldi per pagare un’assicurazi­one contro il furto delle opere».

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L’esterno e una sala interna del Museo Ginori che andrà all’asta nelle prossime settimane
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