Acqua e muffe nel museo Ginori che va all’asta
Gli Amici di Doccia: «Situazione drammatica». Per salvarlo occorrono almeno sei milioni
È stato il primo museo aperto al pubblico sul territorio fiorentino: il marchese Carlo Ginori lo chiamò semplicemente «Galleria delle statue» e lo rese accessibile dal 1754. Era lui a organizzare le visite guidate e a fare da Cicerone. Arrivavano da tutto il Granducato per ammirare le opere plasmate dagli artigiani di Colonnata, in quello che poi sarebbe diventato il museo della Manifattura di Doccia.
Oggi, a distanza di 262 anni dall’inaugurazione, la galleria voluta da Carlo Ginori rischia di andare perduta. L’asta giudiziaria, fissata dal giudice fallimentare per il 23 febbraio alle 12, potrebbe essere l’ultima spiaggia. Oltre alla base d’asta, fissata in 4.330.700 euro e con un rialzo minimo di 15.000 euro, però il compratore dovrà aggiungere le spese per la messa in sicurezza che l’associazione Amici di Doccia ha stimato in circa 2 milioni. C’è un mecenate pronto a sborsare oltre 6 milioni di euro? Quasi impossibile, anche perché l’intera collezione è stata posta sotto vincolo dalla soprintendenza e dunque nulla potrà lasciare Sesto Fiorentino.
«In più — dice la presidente degli Amici di Doccia, Livia Frescobaldi Malenchini — lo stato del museo è drammatico: siamo intervenuti già due volte per tutelare le opere a rischio. A causa del mancato ricambio di aria e delle infiltrazioni le muffe hanno attaccato molti manufatti, e all’interno dello stabile si entra solo muniti di mascherine a causa dell’alto tasso di umidità. Mi appello a tutti coloro che hanno a cuore le nostre radici e la nostra cultura: salvate il museo Richard Ginori prima che sia troppo tardi». Aspettare un compratore, insomma, potrebbe compromettere il patrimonio del museo: 5.000 disegni, 500 volumi dal ‘700 ai primi del ‘900, 20.000 foto, una decina di testi della prima edizione della Enciclopedia di Denis Diderot (attaccati dalle muffe), 120 gruppi in cera, 8.000 opere in ceramica, piombo e terracotta e 1.200 modelli in gesso. Ma un paio di cose, gli Amici di Doccia, sono riusciti a farle (naturalmente pagando di tasca propria): hanno aggiustato il tetto, che oramai era diventato un colabrodo, e hanno spostato il grande Archivio storico nei locali dell’Archivio di Stato all’Osmannoro dando così l’opportunità agli studiosi di continuare nelle loro ricerche. «Faremo iniziative per sensibilizzare tutti — continua Frescobaldi Malenchini — La collezione deve rimanere dov’è sempre stata, ma si potrebbero organizzare mostre in tutto il mondo. Le opere realizzate a Doccia sono già al Victoria and Albert Museum e al British di Londra, all’Hermitage di San Pietroburgo, al Metropolitan di New York».
Secondo Chiara Padelletti, curatrice fallimentare, per il museo Richard Ginori «ci vorrebbe una cordata di privati e istituzioni in grado di rilanciarlo, ma lo stabile va messo in sicurezza il prima possibile. Bisogna rifare la pavimentazione, le vetrate e gli infissi. Il fallimento, purtroppo, ha solo i soldi per pagare un’assicurazione contro il furto delle opere».