La cosca faceva affari in Toscana, sequestrati 5 milioni
Indagine della Dia su tre imprenditori calabresi e i loro contatti con una famiglia legata alla ‘ndrangheta
La Direzione Investigativa Antimafia di Firenze ha sequestrato un patrimonio stimato in oltre cinque milioni di euro nei confronti di tre imprenditori calabresi che hanno i loro interessi in Toscana.
I sequestri, emessi dall’Ufficio misure di prevenzione del Tribunale, sono avvenuti sulla base di indagini economicofinanziarie che hanno fatto emergere grandi spostamenti di capitali e «ingenti investimenti immobiliari rispetto ad una lampante esiguità dei redditi dichiarati al fisco dagli indagati».
Ieri sono stati quindi eseguiti i decreti per la misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di conti correnti bancari, libretti, veicoli, fabbricati, terreni, quote di società a Firenze, Prato, Montecatini Terme, Buggiano e Strongoli (Crotone). I beni, intestati a 21 persone, sono comunque riconducibili alle disponibilità di Giuseppe Iuzzolino, 80 anni, Martino Castiglione, 60 anni e Vincenzo Benincasa, 57 anni, tutti originari di Strongoli ma radicati in Toscana.
Le indagini, coordinate dal procuratore Giuseppe Creazzo e dirette dal sostituto della dda Eligio Paolini, hanno anche riscontrato «contatti economici» tra gli indagati e appartenenti alla famiglia «Giglio», ritenuti organici all’omonima `ndrina dominante a Strongoli verso cui sarebbero state fatte transazioni di denaro senza alcuna giustificazione lecita.
Gli accertamenti hanno riguardato anche conti correnti personali aperti alla filiale di Strongoli della Banca Carime dove sono stati versati dal 2009 al 2014 contanti per oltre un milione di euro. «Siamo in presenza di ingenti capitali di incerta provenienza— ha spiegato il procuratore Giuseppe Creazzo — a fronte di redditi bassissimi dichiarati che dal 1998 al 2016 sono stati in media di 9.000 euro l’anno». Il tribunale ha fissato udienza per il 22 febbraio per la discussione della misura e anche per decidere su un’altra richiesta della procura, ossia l’applicazione ai tre indagati della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno (5 anni per Iuzzolino; tre anni per Benincasa e Castiglione). Sugli stessi beni nel marzo 2016 era scattato un altro sequestro, quella volta preventivo, per Iuzzolino nell’ambito di un’inchiesta sempre della procura di Firenze in merito a un meccanismo di reimpiego di capitali dal settore delle costruzioni, a Prato e in Calabria, e poi reimmessi nell’economia legale in esercizi commerciali a Firenze e Prato. Il tribunale del riesame, però, annullò il sequestro e la procura ha poi fatto ricorso alla Cassazione. Riguardo ai conti bancari in Calabria, alla banca Carime, esaminati nelle indagini, il tribunale scrive che spiccano «i forti versamenti periodici in contanti, tutti a cifre tonde, con cadenza quasi sempre mensile e a volte e a più riprese nell’arco dello stesso mese, tali da fari ritenere, vista l’esiguità dei redditi dichiarati dai titolari».