RENZI E LA SINISTRA, STRADE SEMPRE IN SALITA (ANCHE SE LA CONSULTA...)
Come nelle scorse settimane aveva spiegato su questo giornale l’avvocato del lavoro Andrea Del Re, la legge in vigore consente solo referendum abrogativi, mentre il quesito proposto dalla Cgil, in caso di approvazione popolare, avrebbe reintrodotto le tutele precedenti ma estendendole ex novo alle aziende con almeno 5 dipendenti, mentre prima la soglia era fissata a quota 15. Una motivazione chiara anche se Susanna Camusso ieri ha detto che è stata una «scelta politica»: politica sarebbe stata una decisione che contraddicendo l’ordinamento avesse dato via libera a un’altra consultazione popolare dirompente per i suoi effetti nel Paese, sul governo e tra i partiti. È vero che restano in piedi gli altrui due quesiti proposti dal sindacato (sui voucher e sugli appalti) , ma non è da marziani prevedere che si cercherà di modificare la riforma nei punti in questione per evitare il ricorso alle urne nella prossima primavera. Anche perché sui voucher, che politicamente hanno fornito polvere pirica alle opposizioni esterne e interne alla maggioranza, c’è ormai una larga convergenza sulla necessità di una stretta che ne impedisca l’abuso (tenendo sempre presente, in ogni caso, che i voucher non hanno allargato la fascia dei precari ma, semmai, ristretto l’area del lavoro a nero, al di là delle strumentalizzazioni in servizio permanente in un Paese con poca memoria e molti ideologismi).
Paradossalmente, la decisione della Corte Costituzionale è arrivata proprio nel giorno delle lettere di licenziamento a tutti i giornalisti de l’Unità. Vuol dire che il giornale che fu fondato da Gramsci, l’organo del fu Pci poi Pds, Ds e Pd, è giunto drammaticamente a un nuovo capolinea. Alla direzione era stato chiamato da pochi mesi Sergio Staino, affiancato da un altro toscano, Andrea Romano, come condirettore. L’ultima battaglia combattuta era stata proprio sul fronte del referendum, che aveva visto Staino fare appello alla Cgil per evitare una nuova lacerazione a sinistra e tra i due Pd, in nome di quel comune sentire che dovrebbe essere ispi- rato dalla storia del movimento dei lavoratori. Niente da fare. Il dialogo non si è riaperto. E sul tavolo del segretario democratico, al Nazareno, ora c’è anche la grana di 32 licenziamenti e dell’arrabbiatura sonora del padre di Bobo, che si è sentito abbandonato. Sullo sfondo resta l’idea di un partito plurale che con voci diverse cerchi di affrontare le sfide della contemporaneità. Ma forse è proprio la crisi de l’Unità a dire che a sinistra bisogna davvero superare vecchi schemi e nuove illusioni. Niente ottimismi di maniera, ha detto il ministro Carlo Calenda all’apertura di Pitti: «Andiamo in una fase della storia molto dura e penso — ha chiosato — che il dovere di chi sta al governo sia spiegarlo a cittadini e imprenditori, non dire che le cose andranno bene e che il futuro sarà luminoso. Il racconto semplicistico della modernità è la ragione per cui la modernità spaventa tantissima gente». Ogni riferimento all’ex premier non era affatto casuale. Strada in salita, insomma, e senza eccezioni per nessuno.