IL MEGLIO (E IL PEGGIO) DI FIRENZE
In Sala Bianca l’incontro tra talento d’impresa, cultura, istituzioni. Fuori cedimenti e caos
Non c’era solo bellezza nella Sala Bianca di Pitti riaccesa per una sfilata dopo ben 35 anni. C’era qualcosa di molto più significativo: l’emozione della città quando riesce a dare il meglio di sé. Succede raramente, presi come siamo dagli affanni e dalle polemiche di ogni giorno. Succede invece quando la città migliore lavora sotto traccia, ma con obiettivi precisi e il piacere di investire.
Stefano Ricci è un uomo di grande ambizione e l’altra sera sotto i grandi lampadari dell’ex palazzo reale era vistosamente felice per il successo dell’iniziativa, insieme con Claudia, sua moglie e i due figli, Filippo e Niccolò. Un gioco di squadra, anzi di famiglia, che era andato a buon fine. Ma il leader della maison fiorentina ha sempre unito la sua ambizione e il legame con la città, consapevole di quanto il marchio Firenze possa significare per l’affermazione di qualsiasi impresa. Figuriamoci di un’impresa di moda, nella città dove la moda è diventata un’arte e, insieme una fabbrica di ricchezza, fin dagli anni lontani del dopoguerra. Uno scambio di benefici. La reciprocità che alimenta una visione positiva del futuro , non fatta di autocompiacimento, ma di scommesse su se stessi. La voglia di tessere una tela che servirà anche a chi verrà dopo. Superando la logica dei compartimenti stagni o , se volete, degli orticelli.
Nella Sala Bianca si capiva benissimo che il talento e la creatività dei privati possono dare frutti per tutti se scatta una cooperazione giusta con le istituzioni. Culturali e politiche. Il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, che sedeva accanto al sindaco Nardella, ha già annunciato che a giugno Palazzo Pitti sarà sede di un altro evento, capace anch’esso di coniugare energie diverse, ma ugualmente rappresentative.
Speriamo che presto questa stessa città sia in grado di fornire al popolo di Pitti (due volte l’anno) e ai fiorentini (ogni giorno) una migliore qualità dei servizi. Di tutti i tipi. Ieri intorno alla stazione c’era un traffico indescrivibile. Colpa dei cantieri della tramvia, si dirà. Ma sappiamo che è una verità parziale. I viali di circonvallazione che si sono messi a cedere, una volta qua e una volta là; le tubature dell’acqua che allagano una piazza del centro (dopo l’esplosione di un lungarno) senza che per giorni nessuno vi ponga rimedio... Sono segnali che vanno colti. Dimostrano che troppo a lungo la manutenzione di Firenze è stata trascurata, non solo in superficie (le maledette buche) ma anche sotto. I lavori per le nuove linee della tramvia possono essere anche un ottimo alibi, oltre che una condanna quotidiana, ma temporanea. Pensiamo fin da adesso a quando saranno finiti e ci renderemo conto che saremo ancora lontani dal vivere in una città intelligente. Perché i ritardi sono gravi e molteplici.
La Sala Bianca l’altra sera ci ha ricordato che si può essere all’altezza di un passato bello e però anche pretenzioso. Non c’è alternativa: diamoci da fare.