Etruria, così una banca può essere venduta Al prezzo di un euro
Ubi offre un euro per la Nuova Banca. Il sindaco: «Ora va mantenuto il legame col territorio»
Ubi Banca ha presentato l’offerta di acquisto di Nuova Banca Etruria per un euro e in attesa del via libera di Bankitalia, la prossima settimana, Arezzo oscilla tra speranze per la fine della crisi dell’istituto e timori per il legame con il territorio. Il professor Lorenzo Gai risponde alle domande che si fanno tutti i risparmiatori.
Alle sette di stamani è arrivato il comunicato stampa di Ubi Banca con l’offerta di 1 euro per Nuova Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti, offerta che scadrà il 18 gennaio e Banca d’Italia esaminerà il giorno prima, e Arezzo si è svegliata sospesa tra il sollievo per la soluzione a portata di mano e la paura per il passaggio della «sua» banca al gruppo lombardo. Il cambiamento è condizionato alla cessione di crediti deteriorati — ieri il cda di Nuova Banca Etruria ha dato mandato ai vertici per realizzare questa operazione con il fondo Atlante — ma l’affare ormai è praticamente fatto.
E se in città c’è poca voglia di parlare, il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli spiega: «L’acquisizione di Banca Etruria è positiva perché mette fine ad un anno e tre mesi di incertezza, con Arezzo sulla graticola mediatica come esempio negativo, città o di allocchi o di birbanti. Io poi per natura sono ottimista e vedo il bicchiere mezzo pieno. Devo capire però pieno di cosa...». Timori che il primo cittadino spiega: «Ci sono tre priorità. La prima è che siano mantenuti i livelli occupazionali. Etruria ha già un piano di uscite, condiviso con i sindacati, di 250 persone, e dato che si parla di 900 esuberi nelle tre good bank che interessano ad Ubi, i 250 di Arezzo devono rientrare in questa cifra. Non possiamo permetterci ulteriori tagli. La seconda è che Etruria/Ubi si interfacci con gli imprenditori ed i giovani locali, per supportare il cambiamento del territorio. La terza che si parifichino i trattamenti per gli obbligazionisti subordinati tra Mps ed Etruria; cosa che chiedo con ancora più forza, battendo i pungi sul tavolo se serve».
E su come si sia arrivati a questo, Ghinelli attacca: «Venduta ad un euro? È colpa del governo, l’errore è stato fatto a novembre 2015 con lo sciagu- rato decreto salva-banche. Come pensavano di attrarre compratori? La verità è che noi e le altre tre banche (per CariFerrara Ubi non ha fatto alcuna offerta, ndr) abbiamo pagato per tutti».
Andrea Fabianelli, ex presidente di Confindustria Arezzo e presidente di Confindustria Toscana Sud, dice sulla svolta: «Speriamo che Ubi voglia utilizzare le ottime risorse che la banca ed il territorio hanno, un centro direzionale e professionalità già pronte di fatto per poter essere il loro centro di rifermento per tutto il Centro Italia. Si è arrivati a questo perché nel sistema bancario ci sono altre situazioni non semplici ed è bene che Ubi investa e faccia sì che la banca svolga il suo ruolo di linfa per lo sviluppo e l’economia del territorio». Come molti altri imprenditori aretini Fabianelli ha lavorato con Etruria — «mi sono sempre trovato bene» — e aggiunge: «In questo periodo di transizione, Etruria ha erogato credito alle aziende sane e con idee e Nuova Banca Etruria ha liquidità ed è solida. Mi auguro che chi arriva si renda conto delle nostre specificità». Anche per mantenere il legame Arezzo-Etruria? «Certo. C’è bisogno di un saldo rapporto con il territorio, di banche che seguano davvero le realtà locali. Ed anzi spero che si rafforzi il ruolo della banca nel mondo e nel settore dell’oro. Già oggi ad Arezzo passa il 60% dell’oro contro il 40% di Vicenza, l’altro distretto orafo del Paese».
L’oro, nonostante la lunga crisi, con le sue 1.200 aziende e 7.000 dipendenti diretti è ancora motore dell’economia aretina. «Una parte della nostra storia non c’è più e non torneremo mai come nel passato — dice Gabriele Veneri, presidente della Consulta degli orafi di Arezzo — Il distretto è cresciuto grazie ad Etruria e viceversa. Ora speriamo non ci siano ripercussioni, sia occupazionali che commerciali e che la banca ci resti vicina. Anche perché il settore orafo è molto legato a quello bancario per l’approvvigionamento della materia prima. E vogliamo essere ottimisti in un futuro migliore del recente passato, in cui i problemi non sono stati creati da noi orafi ma da altri».
Ghinelli Finita la lunga incertezza causata dal governo No a tagli del personale, non possiamo tollerarli Fabianelli, Confindustria La banca ha competenze per essere il punto direzionale di Ubi per il Centro Italia Veneri, Consulta orafi Noi ed Etruria siamo cresciuti insieme... Ma il recente passato non è colpa del distretto