«11 anni per Verdini»
Crac Credito Cooperativo, il pm chiede la condanna per il senatore fiorentino
«Denis Verdini ha utilizzato il Credito Cooperativo Fiorentino come un bancomat, soddisfacendo interessi personali e dei suoi amici d’affari. Il movente? Potere e denaro».
Scandisce le parole il pm Luca Turco nel corso dell’ultimo atto della requisitoria al processo per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino. Alla fine, con voce pacata, lancia un rapido sguardo alla collega Giuseppina Mione seduta al suo fianco e chiede una condanna pesante per il senatore di Ala accusato di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta e truffa ai danni dello Stato per i finanziamenti pubblici al Giornale della Toscana e Metropoli: 11 anni di reclusione. Verdini, che pure aveva mancato solo qualche udienza, non è in aula. Sollecitate pene comprese tra 1 e 9 anni per altri 32 imputati tra componenti del consiglio di amministrazione e sindaci revisori della banca: le più severe per il parlamentare di Ala Massimo Parisi (6 anni) gli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei (9 anni) e il principe Girolamo Strozzi (2 anni e 6 mesi), presidente della Ste, la società che pubblicava Il Giornale della Toscana.
Rilevata la prescrizione per estinzione del reato (fatturazione di operazioni inesistenti) contestato a dieci persone. I pm chiedono anche la confisca di beni equivalente a 22,9 milioni di euro a carico del senatore e di altri imputati per le contestazioni relative alla truffa aggravata ai danni dello Stato. Il pm ha ricostruito il sistema di funzionamento della banca, i finanziamenti e i prestiti che il Credito cooperativo fiorentino, presieduto per 20 anni da Verdini, avrebbe concesso senza garanzie, anche sulla base di contratti di compravendita di immobili ritenuti fittizi. In questa vicenda per il pm c’è stato «un rapporto malato con il sistema bancario»: da una parte il presidente amico di affari dell’imprenditore che si muoveva senza rispetto delle regole, dall’altro Fusi e Bartolomei che avevano un disperato bisogno di soldi e «hanno messo in atto un opera di spoliazione della banca». Nessuno contrastava Verdini: i consiglieri di amministrazione della banca erano «gli uomini del presidente»: facevano ciò che lui diceva, «deliberavano prestiti pur sapendo che il credito non poteva essere concesso».
Un’attività di gestione che avrebbe provocato il dissesto del Ccf, dichiarato insolvente nel novembre 2012. Strategie decise da Verdini anche per Il Giornale della Toscana e Metropoli. Al solo scopo di ottenere i finanziamenti pubblici per l’editoria «ha inseguito le modifiche apportate alla normativa» modificando la struttura della società che pubblicava i due quotidiani. Ma quei finanziamenti i due giornali non avrebbero mai potuto ottenerli.