L’artificiere è a casa
Dopo tre interventi è stato dimesso l’agente Vece, ferito dalla bomba di Capodanno
È stato dimesso ieri dal Cto dell’ospedale di Careggi l’artificiere della polizia Mario Vece, rimasto gravemente ferito la mattina di Capodanno dall’esplosione di un ordigno artigianale a Firenze che era sistemato al «Bargello», libreria riconducibile a Casapound. Vece, ricoverato prima nel reparto di terapia intensiva del Cto e poi nei reparti di degenza ordinaria, ha subito tre interventi chirurgici in meno di due settimane. Tra questi, una delicata operazione per la ricostruzione del bulbo dell’occhio destro, la cui funzionalità non è possibile valutare al momento. Nel corso del suo ricovero in ospedale l’agente, che a seguito dell’esplosione ha perso la mano sinistra oltre alla ferita all’occhio, ha ricevuto per due volte la visita del ministro dell’Interno Marco Minniti e del capo della polizia Franco Gabrielli. In questo momento l’artificiere dovrà riposare, poi inizieranno le cure di riabilitazione. Nei giorni scorsi c’era stata una polemica sollevata dal Siulp: il sindacato di polizia sosteneva che il poliziotto si sarebbe dovuto pagare le cure mediche. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza aveva risposto inviando una nota: «Analogamente a quanto accaduto per altri agenti rimasti coinvolti in incidenti in servizio, il Dipartimento provvederà, attraverso i preposti uffici, a far fronte a tutte le spese che si renderanno necessarie per le cure del poliziotto». In queste settimane molti colleghi sono stati a trovare il poliziotto che quella sera era partito da Altopascio, dove vive: quella sera — dopo aver finito di lavorare all’una di notte — era stato richiamato in servizio alle tre di notte ed era partito da casa per capire cosa fosse quell’ordigno, che poi è esploso mentre lo stava analizzando. Intanto continuano le indagini della Digos che stanno cercando di dare un volto e un nome a colui che ha piazzato la bomba: si scava nel mondo dell’anarchia. La Procura ha aperto un’inchiesta per tentato omicidio. Tutte le ipotesi sulla matrice sono aperte anche se quella legata ad ambienti anarchici sembra la più seguita: ci sono contatti con la Digos di Torino e con quella di Genova.