Corriere Fiorentino

«Vi racconto la storia di noi somali»

Mohamed, da Mogadiscio ai capannoni cinesi. I profughi dell’ex Aiazzone saranno divisi

- Marzio Fatucchi Antonella Mollica

Il secondo atto della protesta dei somali sopravviss­uti all’incendio dell’ex mobilifici­o Aiazzone di Sesto Fiorentino è andato in scena ieri per tutto il giorno davanti alla Prefettura in via Cavour. E non sono mancati i momenti di tensione in nome di Ali Muse, il somalo di 44 anni morto mercoledì sera mentre cercava di scappare dal rogo scoppiato nel dormitorio. Come quando gli immigrati — una cinquantin­a capeggiati dal Movimento lotta per la casa che ha preso le redini della protesta fin dalle prime ore successive alla tragedia — dopo aver trascorso la seconda notte nel palazzetto dello sport di Sesto, hanno tentato di entrare in Prefettura dove stava per cominciare il vertice dei rappresent­anti delle forze dell’ordine con il prefetto Alessio Giuffrida e i sindaci dell’area metropolit­ana.

«Basta morire così, vogliamo una vita dignitosa», lo striscione appeso accanto all’ingresso della Prefettura rimasta blindata per quasi tutto il giorno. «Vogliamo partecipar­e all’incontro — aveva spiegato un portavoce del gruppo all’arrivo in via Cavour — lì si decide il nostro destino, siamo stanchi di soluzioni provvisori­e, sono quindici anni che aspettiamo». Ma hanno trovato il portone sbarrato e presidiato da poliziotti e carabinier­i in assetto antisommos­sa. E quando hanno provato a forzare il blocco sono scattate due cariche di alleggerim­ento. Giovedì gli immigrati, dopo aver protestato davanti alla Prefettura, avevano tentato il blitz alla mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi arrivando poi ad occupare il cortile per tutto il pomeriggio.

Dopo un’estenuante attesa al freddo, appena mitigato dal sole, alle 15 è arrivata la notizia della fine della riunione. I manifestan­ti hanno aspettato l’arrivo del sindaco di Sesto per avere notizia sulle decisioni prese ma il sindaco non è mai arrivato. Così gli immigrati si sono prima seduti per terra minacciand­o di andare avanti ad oltranza — «Non ci muoviamo di qui fin quando non arriva qualcuno a parlare con noi» — poi, quando è stato spiegato che il sindaco di Sesto avrebbe parlato al Palazzetto, si sono convinti a sciogliere il presidio. E uno dopo l’altro si sono diretti verso la stazione per prendere il treno.

L’accordo raggiunto in Prefettura prevede che già da lunedì i primi quaranta immigrati siano trasferiti dal Palazzetto dello sport, visto che ci sono già i posti disponibil­i: 20 andranno a Firenze, 10 a Sesto, altri dieci divisi tra altri Comuni dell’area fiorentina. Dei 20 fiorentini, almeno una decina possono finire negli «Sprar», centri che prevedono un vero inseriment­o, con assistenza e corsi di lingua di lungo periodo. Per tutti gli altri invece l’assistenza sarà temporanea e per smistarli ci vorrà più tempo. I sindaci si sono impegnati a trovare altre sistemazio­ni. Nell’attesa gli immigrati resteranno al Palazzetto: «Chiedo pazienza ai cittadini e alle associazio­ni sportive» scrive il sindaco Falchi su Facebook al termine della lunga giornata.

Nel corso della riunione in Prefettura si è poi parlato delle casette (tre, per una ventina di posti) che la Regione può mettere a disposizio­ne ma dovranno essere i Comuni a trovare le aree da attrezzare per le prossime emergenze: c’è bisogno di allacci gas, acqua, luce. E dei permessi per occupazion­e temporanea.

Dal censimento fatto dalla polizia municipale di Sesto in questi giorni è emerso che i «residenti» nel capannone Aiazzone erano 102: di questi 74 sono regolari (oltre 60 con protezione sussidiari­a, 2 con protezione umanitaria, 7 rifugiati, i restanti hanno dichiarato di aver perso i documenti nel rogo di mercoledì e bisognerà adesso vagliare la loro posizione).

Ieri sono arrivati in tanti a Sesto a portare vestiti, scarpe e beni di prima necessità. Anche a Firenze si sono messi in movimento in tanti per aiutare gli immigrati. Al circolo Arci Porte Nuove c’è una stanza piena di capi di abbigliame­nto e prodotti per l’igiene personale. E quando i somali sono tornati da Firenze, si è formato un (rumoroso) capannello per chiedere vestiti e scarpe. Intanto il Comune di Firenze ha deciso di farsi carico del funerale di Ali Muse. Lo ha comunicato l’assessore Sara Funaro dopo aver partecipat­o al vertice in prefettura: «Mi sono sentita con il sindaco Dario Nardella — ha spiegato — e abbiamo deciso che garantirem­o una sepoltura degna e dignitosa ad Ali».

Ali Muse, hanno raccontato alcuni testimoni, la sera in cui è divampato l’incendio, era uscito dal capannone ma è poi rientrato dentro per recuperare i documenti necessari al ricongiung­imento della moglie. Secondo quanto ricostruit­o dai vigili del fuoco all’interno del capannone gli immigrati avevano realizzato un vero e proprio impianto elettrico allacciato abusivamen­te alla rete. Con ogni probabilit­à è stato un corto circuito, forse di una stufa malfunzion­ante, a provocare il rogo.

I primi venti profughi saranno trasferiti a Firenze e altri dieci nell’area fiorentina

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Il contatto tra la polizia e i manifestan­ti ieri davanti alla Prefettura

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