«Vi racconto la storia di noi somali»
Mohamed, da Mogadiscio ai capannoni cinesi. I profughi dell’ex Aiazzone saranno divisi
Il secondo atto della protesta dei somali sopravvissuti all’incendio dell’ex mobilificio Aiazzone di Sesto Fiorentino è andato in scena ieri per tutto il giorno davanti alla Prefettura in via Cavour. E non sono mancati i momenti di tensione in nome di Ali Muse, il somalo di 44 anni morto mercoledì sera mentre cercava di scappare dal rogo scoppiato nel dormitorio. Come quando gli immigrati — una cinquantina capeggiati dal Movimento lotta per la casa che ha preso le redini della protesta fin dalle prime ore successive alla tragedia — dopo aver trascorso la seconda notte nel palazzetto dello sport di Sesto, hanno tentato di entrare in Prefettura dove stava per cominciare il vertice dei rappresentanti delle forze dell’ordine con il prefetto Alessio Giuffrida e i sindaci dell’area metropolitana.
«Basta morire così, vogliamo una vita dignitosa», lo striscione appeso accanto all’ingresso della Prefettura rimasta blindata per quasi tutto il giorno. «Vogliamo partecipare all’incontro — aveva spiegato un portavoce del gruppo all’arrivo in via Cavour — lì si decide il nostro destino, siamo stanchi di soluzioni provvisorie, sono quindici anni che aspettiamo». Ma hanno trovato il portone sbarrato e presidiato da poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. E quando hanno provato a forzare il blocco sono scattate due cariche di alleggerimento. Giovedì gli immigrati, dopo aver protestato davanti alla Prefettura, avevano tentato il blitz alla mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi arrivando poi ad occupare il cortile per tutto il pomeriggio.
Dopo un’estenuante attesa al freddo, appena mitigato dal sole, alle 15 è arrivata la notizia della fine della riunione. I manifestanti hanno aspettato l’arrivo del sindaco di Sesto per avere notizia sulle decisioni prese ma il sindaco non è mai arrivato. Così gli immigrati si sono prima seduti per terra minacciando di andare avanti ad oltranza — «Non ci muoviamo di qui fin quando non arriva qualcuno a parlare con noi» — poi, quando è stato spiegato che il sindaco di Sesto avrebbe parlato al Palazzetto, si sono convinti a sciogliere il presidio. E uno dopo l’altro si sono diretti verso la stazione per prendere il treno.
L’accordo raggiunto in Prefettura prevede che già da lunedì i primi quaranta immigrati siano trasferiti dal Palazzetto dello sport, visto che ci sono già i posti disponibili: 20 andranno a Firenze, 10 a Sesto, altri dieci divisi tra altri Comuni dell’area fiorentina. Dei 20 fiorentini, almeno una decina possono finire negli «Sprar», centri che prevedono un vero inserimento, con assistenza e corsi di lingua di lungo periodo. Per tutti gli altri invece l’assistenza sarà temporanea e per smistarli ci vorrà più tempo. I sindaci si sono impegnati a trovare altre sistemazioni. Nell’attesa gli immigrati resteranno al Palazzetto: «Chiedo pazienza ai cittadini e alle associazioni sportive» scrive il sindaco Falchi su Facebook al termine della lunga giornata.
Nel corso della riunione in Prefettura si è poi parlato delle casette (tre, per una ventina di posti) che la Regione può mettere a disposizione ma dovranno essere i Comuni a trovare le aree da attrezzare per le prossime emergenze: c’è bisogno di allacci gas, acqua, luce. E dei permessi per occupazione temporanea.
Dal censimento fatto dalla polizia municipale di Sesto in questi giorni è emerso che i «residenti» nel capannone Aiazzone erano 102: di questi 74 sono regolari (oltre 60 con protezione sussidiaria, 2 con protezione umanitaria, 7 rifugiati, i restanti hanno dichiarato di aver perso i documenti nel rogo di mercoledì e bisognerà adesso vagliare la loro posizione).
Ieri sono arrivati in tanti a Sesto a portare vestiti, scarpe e beni di prima necessità. Anche a Firenze si sono messi in movimento in tanti per aiutare gli immigrati. Al circolo Arci Porte Nuove c’è una stanza piena di capi di abbigliamento e prodotti per l’igiene personale. E quando i somali sono tornati da Firenze, si è formato un (rumoroso) capannello per chiedere vestiti e scarpe. Intanto il Comune di Firenze ha deciso di farsi carico del funerale di Ali Muse. Lo ha comunicato l’assessore Sara Funaro dopo aver partecipato al vertice in prefettura: «Mi sono sentita con il sindaco Dario Nardella — ha spiegato — e abbiamo deciso che garantiremo una sepoltura degna e dignitosa ad Ali».
Ali Muse, hanno raccontato alcuni testimoni, la sera in cui è divampato l’incendio, era uscito dal capannone ma è poi rientrato dentro per recuperare i documenti necessari al ricongiungimento della moglie. Secondo quanto ricostruito dai vigili del fuoco all’interno del capannone gli immigrati avevano realizzato un vero e proprio impianto elettrico allacciato abusivamente alla rete. Con ogni probabilità è stato un corto circuito, forse di una stufa malfunzionante, a provocare il rogo.
I primi venti profughi saranno trasferiti a Firenze e altri dieci nell’area fiorentina