Il Pd, «l’Unità» Una guerra anni Ottanta
Gli stracci che volano da giorni fra Sergio Staino (contro Renzi e il Pd) e Fabrizio Rondolino (contro Staino) sono solo la parte pubblica ed emersa del malessere che ruota attorno a l’Unità. Il giornale fondato da Antonio Gramsci rischia di chiudere un’altra volta. Il prossimo primo febbraio ci sarà un nuovo Cda per decidere sull’aumento di capitale. Un milione ce lo mette il Pd, altri quattro ce li dovrebbero mettere i Pessina, soci di maggioranza. Nel frattempo, gli schiaffoni non mancano.
Staino dice che Renzi non gli risponde più al telefono. «Non chiama, non risponde al telefono, non legge i messaggini», ha detto a Repubblica. L’ex sindaco di Firenze, dice Staino, «fa sempre così: parte, si butta, si disamora e ti abbandona. Fine della storia. E questo è un leader, questo è un segretario?». Ieri, a pagina 11 de l’Unità è comparsa una lettera di Rondolino, in risposta alla lettera aperta che il direttore-vignettista Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobottega) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva aveva inviato all’ex premier a dicembre. «Leggo ora la tua lettera a Renzi del 23 dicembre. Che bizzarro modo di ragionare, caro Staino. Ti chiedi perché ai renziani l’Unità interessa poco e niente, ma dimentichi di aver proibito al migliore e al più noto dei commentatori renziani di continuare a scrivere sul tuo foglietto (Rondolino sta parlando di se stesso, ndr). Hai distrutto l’Unità, caro direttore, con boria e insipienza e nonostante il disperato tentativo di Andrea (Romano, ndr): non dare la colpa ad altri». Uno non fa in tempo a preparare un chilo di popcorn, che subito deve infornarne un altro chilo. «Su l’Unità di oggi (ieri, ndr) compare, fra le lettere al giornale, un sms che ho inviato privatamente al direttore. Potrei imitare Staino e rendere pubbliche altre conversazioni private con lui, ma correttezza e dignità me lo impediscono. Nei prossimi giorni valuterò insieme con i miei avvocati come procedere», ha scritto ieri Rondolino su Facebook.
Ora, si potrebbe ragionare sull’utilità, per il Pd e la comunità che lo accompagna, di questi scontri, ma il punto politico pare un altro: la gestione de l’Unità — a mettere i due percorsi in parallelo — è speculare alla segreteria Renzi finora; l’ex sindaco di Firenze, semplicemente, non ci ha badato molto. Forse non è lo strumento adatto, come dice Andrea Romano, condirettore del giornale: «Il M5S è più efficace di noi sulla comunicazione. Ma quello che serve è costruire una istituzione politica dotandola di strumenti adeguati, che non sono quelli del giornale di partito. Noi ragioniamo come se fossimo in un partito degli anni Ottanta, ma ancora non abbiamo costruito una istituzione politica. E questa è una parte del lavoro che Renzi deve avviare e completare: il tema non è solo il rinnovamento del Pd ma la costruzione del Pd, che ancora manca». Insomma, i giornali di partito sono roba vecchia e forse servono strumenti nuovi, specie per duellare in Rete. La conferma di quel che dice Romano — l’efficacia comunicativa dei Cinque Stelle — pare stare nei sondaggi. Nelle ultime settimane, il M5s ha rimediato figuracce in molti campi. In Europa, dopo la trattativa fallita con l’Alde; Beppe Grillo esterna su qualunque argomento (i migranti, con posizioni neanche troppo vagamente leghiste); è alle prese con arrestati e possibili indagati. Eppure, niente sembra scalfire il Movimento, anzi. «Nonostante tutto ciò il M5S fa registrare un aumento (+0,9) negli orientamenti di voto rispetto a dicembre attestandosi al 30,9% e riportandosi in testa sul Pd che si mantiene stabile (30,3%, in flessione di 0,2)», ha scritto Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera. «L’elettorato pentastellato appare tetragono, insensibile alle vicende che riguardano il Movimento. Il caso europeo, ad esempio, è stato seguito in dettaglio o sui fatti principali dal 45% degli elettori e solo l’8% ritiene che il M5S perderà consenso e non riuscirà a recuperarlo, per il 27% lo recupererà con fatica, mentre il 40% (71% tra gli elettori grillini) non prevede una perdita di consenso (14%) o immagina un recupero a breve, come già avvenuto in passato (26%)». Ora, naturalmente qualcuno dirà (lo ha già detto in realtà, specie a sinistra) che la colpa è della politica che non è abbastanza grillina. Ma certo. Come se i partiti tradizionali non fossero già sufficientemente manettari, non sparassero balle spaziali e non avessero una classe dirigente di improvvisati. Pensandoci bene, non è che il M5s ha successo perché è diventato esattamente un partito come tutti gli altri?
Il giornale fondato da Gramsci è di nuovo in crisi, ma in discussione è tutta la gestione del Pd Il caso è simile a quello della segreteria del partito: l’ex premier non ci ha badato molto