Quella volta che Firenze volò con J.J. Anderson
La Neutro Roberts era in A1 e quel giorno contro Desio vinse la partita con un canestro memorabile, all’ultimo secondo
Scusi, dov’è il basket? Erano gli anni in cui il Mandela Forum si chiamava PalaGiglio, la Spaghetti League non era stata ancora divorata dalla sentenza Bosman e il cuore sportivo dei fiorentini rimbalzava come una palla a spicchi. Dopo due fugaci apparizioni in serie A2 (con l’Olimpia Roller nella stagione 1976/77 e con la J.D. Farrow’s in quella 1982/83), Firenze era approdata nell’Olimpo della pallacanestro italiana, la serie A1, grazie alle imprese del Ponterosso del presidente Giuseppe Varrasi. Correva l’estate del 1987 e il club aveva cambiato abbinamento, da Liberti a Neutro Roberts. Niente di più opportuno: bisognava presentarsi belli e profumati nel salotto buono frequentato da Varese, Cantù, Milano, Pesaro e Bologna.
Scorrevano leggeri gli anni ’80, e Firenze era innamorata persa di basket. In poche stagioni aveva vissuto la seconda promozione in A2 (1984/85), era rimasta incantata dalle rotazioni su piede perno dell’angelo biondo John Ebeling, an- dava fiera della fantomatica difesa «match-up» di coach Rudy d’Amico, si era legata con devozione ai suoi dèi minori del canestro (i Valenti, i Mandelli, i Sonaglia, i Bini e gli Andreani): erano loro i senatori di una squadra coraggiosa, talvolta capace di incantare e di sorprendere. Ma soprattutto Firenze e i suoi 5.000 spettatori che riempivano il PalaGiglio avevano scoperto lui, Mitchell Keith Anderson da Springfield, Illinois: andatura dinoccolata, braccia lunghissime, occhi veloci come dardi e un passato tra Philadelphia 76ers e Utah Jazz. Per tutti, grandi e piccoli tifosi, Anderson era divenuto solo e soltanto «JJ». Un idolo. Aveva tutte le qualità del campione di basket: velocità, palleggio, visione di gioco, penetrazione, tiro. Nutriva un’innata idiosincrasia per la difesa, oltre che per le interviste. Ai tempi in cui i giocatori venivano descritti in lettere e non in numeri, J.J. Anderson ricopriva il ruolo di ala piccola. Una tra le migliori mai arrivate fino ad allora in Italia.
In vista dell’esordio storico sul massimo palcoscenico della serie A 1987/88, la Neutro Roberts aveva ovviamente riconfermato per la terza stagione consecutiva il suo «colored», affiancandogli come secondo americano un’ala grande del Montana dalle mani vellutate, tale Larry Krystkowiak, fresco da una stagione Nba con i San Antonio Spurs. Avrebbe disputato poche partite con Firenze, Krystkowiak, prima di rendersi protagonista di una di quelle fughe dall’Italia che negli anni ’80 animavano il nostro campionato. Ma J.J. Anderson e Larry Krystkowiak erano ancora insieme sul parquet del Pa- laGiglio domenica 1 novembre 1987, settima giornata della serie A1. A Firenze non sbarcava una primadonna del basket bensì l’acerrima rivale, l’Aurora Irge Desio, la riproduzione del Ponterosso nell’hinterland milanese. Firenze e Desio avevano un destino che sembrava uscito dal ciclostile: entrambi promossi in A2 due anni prima, entrambi approdati in A1 nel 1987 dopo due stagioni di praticantato nella seconda divisione, avrebbero poi condiviso fino alla primavera del 1990 ascese e retrocessioni, e perfino i rispettivi fallimenti negli anni ’90.
Ciò che quella domenica 1 novembre 1987 le due squadre condivisero fu una delle partite più emozionanti alle quali il pubblico fiorentino del basket abbia mai assistito. Se da una sponda, quella gigliata, c’erano J.J. e Kristkowiak a intimorire la pattuglia di Virginio Bernardi, dall’altra c’era il bombardiere Lorenzo Charles, e un agguerrito drappello di cestisti di formazione longobarda composto da Crippa, Innocentin, Motta e Mentasti.
Il Palasport di Campo di Marte era una bolgia: i tamburi dei WhiteRed Devils, le bandiere e le sciarpe biancorosse, i tifosi ospiti confinati ai margini della tribuna centrale. Coreografie impensabili per la pallacanestro cittadina di oggi. Ma allora, questa era la regola. Specie se a duellare a suon di assist e schiacciate erano Firenze e Desio. La partita, un’altalena di punteggi con margini sempre irrisori, non tradì le attese. J.J. Anderson e Kristkowiak mandarono in tilt la difesa ospite (collezionando alla fine 58 punti in due); dall’altra parte Charles fu implacabile, Mentasti e Innocentin due spine nel fianco della Neutro Roberts. Dopo 39 giri e mezzo di lancetta, era tutto da rifare. Mancavano 33” alla fine e Firenze conduceva 80-79, quando un rimbalzo offensivo di Charles, convertito in canestro, riportò avanti i lombardi per 80-81. La squadra di D’Amico riuscì a gestire saggiamente il successivo attacco, Andreani scaricò un bellissimo pallone a Krystkowiak nell’area colorata, lui subì fallo e andò in lunetta, realizzando un 2/2 ai liberi che permise a Firenze di tornare sull’82-81. Ma l’eccessiva pressione gigliata sulla rimessa ospite, favorì il contropiede fulminante di Desio: Mentasti di corsa a canestro fu irregolarmente fermato da Sonaglia. Due tiri liberi, stavolta per Desio. Doppio ciuff, 82-83.
Mancavano soltanto 6” alla fine, e furono i sei secondi più eccitanti della pallacanestro fiorentina. Il destino della sfida poteva solo passare dalle mani di J.J. Anderson. Fu lui a ricevere palla dalla rimessa di Krystkowiak, a ruotare il baricentro, a inquadrare subito da lontano il canestro avversario. Aveva la parte centrale del parquet intasata di braccia e gambe, con tre palleggi ad ampia falcata superò la metà-campo: prima uno, poi due, poi tre giocatori di Desio lo costrinsero ad allargarsi acrobaticamente sulla linea destra laterale. Un quarto alzò le braccia, forse una premonizione alla resa. J.J. trovò lo spazio minimo per continuare la corsa, come un Maradona del parquet dribblò tutto e tutti, arrivò al centro e solo allora, in quell’ultimo secondo disponibile e con il corpo sbilanciato in elevazione, tirò: la palla toccò sul tabellone, poi venne inghiottita dalla retina. Vinse Firenze, 84-83. Seguì una spettacolare invasione di campo, con una valanga di tifosi a sommergere di abbracci J.J. Anderson. Sugli spalti, urla di gioia.