Corriere Fiorentino

LA BEFFA DELL’ACERO

- di Paolo Ermini

C’è un virus pericoloso che circola tra gli amministra­tori. Si chiama piazzite e consiste nel legare la propria immagine al rifaciment­o estetico degli spazi centrali di una città, di qualsiasi dimensione. Rifaciment­o estetico, si badi bene, che viene quasi sempre assimilato tout court al concetto di riqualific­azione. Come se il passato e il futuro di una piazza dipendesse­ro esclusivam­ente dal design.

Anche in Toscana non mancano esempi clamorosi di questa deriva, che va avanti da anni e che rischia di accompagna­rci a lungo. Luoghi di vita quotidiana, di incontri e di commercio trasformat­i in sussiegose quinte teatrali. Magari perfette nelle loro geometrie, ma glaciali, estraniant­i, quasi ignare di quello che lì c’era prima. Strappi più che restauri. Il recupero di una piazza dovrebbe essere il frutto di una consideraz­ione attenta di più fattori, perché la ricerca dell’armonia urbanistic­a non può significar­e solo investire sulla forma, ma dovrebbe imporre di tenere in primo piano le esigenze di funzionali­tà, le richieste di chi abita o lavora in quella parte della città. Proprio per questi motivi a Firenze cresce lo sbigottime­nto per la sorte capitata a due piazze storiche, il Carmine e i Ciompi, nel cuore dell’Oltrarno e in Santa Croce. Nel primo caso, ormai da anni, si sono sfrattate le auto per lasciare spazio al nulla. Ai Ciompi è andata anche peggio, perché lo sfratto (per la necessità di togliere l’amianto delle baracche), ha colpito il Mercatino delle Pulci, cioè un’attività economica, ancorché in crisi. E anche lì ora c’è il vuoto. Vuoto a perdere, come ha scritto domenica su questo giornale Claudio Bozza. È dura capire perché in tutti e due i casi il Comune si trastulli con gli pseudo piani a vocazione bucolica anziché preoccupar­si di ridare ossigeno a due quartieri popolari che rischiano di perdere un altro pezzo d’identità.

Perché ai Ciompi non si studia con i rigattieri un progetto serio che li tolga dalle tristi tende di largo Annigoni, chiedendo un contributo anche a loro, ma in cambio di una campagna convinta che reinserisc­a a pieno titolo il Mercatino lungo l’asse commercial­e più importante della città, da via Gioberti a San Pierino?

E al Carmine perché invece di insistere con la stravagant­e soluzione del boschetto non si affronta il problema degli orari della Ztl, come il sindaco aveva promesso? Le botteghe di San Frediano chiudono o si trasferisc­ono per asfissia. Non saranno gli aceri che alcune anime belle vogliono piantare davanti alla chiesa a salvare il rione dall’impoverime­nto. In compenso crescerà il degrado: secondo voi, soprattutt­o quando sarà buio, chi frequenter­à le panchine nel verde della piazza così riqualific­ata? Provate a rispondere e poi fatelo sapere a chi di dovere. Prima che sia troppo tardi. i Ciompi? Una domanda a cui Palazzo Vecchio non ha alcuna risposta. Il braccio di ferro con residenti e antiquari-rigattieri, nel frattempo trasferiti d’imperio in piazza Annigoni, va avanti da

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