Corriere Fiorentino

Simple Minds, l’intimità del rock

In primavera arriva a Firenze il tour nei teatri classici. Jim Kerr: proponiamo una nuova immagine

- Edoardo Semmola

«Guardo indietro ai miei vent’anni e mi accorgo che la musica non mi ha reso più maturo, nemmeno più consapevol­e: mi ha mantenuto un eterno ragazzo». Alla musica, sorride Jim Kerr, «non ho chiesto qualcosa di diverso: solo di darmi forza e linfa, giorno per giorno, nel trovare e mantenere un mood di empatia con il pubblico». Comporre un disco di soli singoli, classici famosi, ri-arrangiati per la prima volta in chiave acustica, è il modo che i Simple Minds hanno trovato «per inventarci una nuova giovinezza». Ed è così che li vedremo il 26 aprile al teatro Verdi, tappa fiorentina del minitour nei grandi teatri classici per celebrare la pubblicazi­one dell’album Simple Minds Acoustic uscito lo scorso novembre. Con dentro quella Chelsea Girl che il 18 settembre del 1979 suonarono al Prato delle Cornacchie delle Cascine in apertura del concerto di Peter Gabriel, suscitando curiosità e applausi di un pubblico che non aveva la minima idea di chi fossero questi ragazzini scozzesi sfacciati.

Avevano nella faretra una sola freccia, l’album d’esordio Life in a day uscito nei negozi da un pugno di settimane e che quasi nessuno in Italia aveva acquistato. Una manciata di brani e di minuti a disposizio­ne: Firenze li scoprì così lì e fu amore a prima vista.

«La storia dei Simple Minds è quella di due ragazzi di Glasgow — racconta il cantante Jim Kerr riferendos­i a se stesso e al chitarrist­a Charlie Burchill con cui all’epoca proponeva un repertorio punk con il nome di Johnny and the Self Abusers — che non avevano un’istruzione, nessuna particolar­e capacità, ma che sognavano l’opportunit­à di riempire di musica la vita: con perseveran­za abbiamo trovato da soli la nostra strada scoprendo che il nostro mood si trovava in linea con il pubblico di ogni parte del mondo. E questa magia si è ripetuta ogni giorno fino a oggi, grazie a Dio. Questa è la più grande soddisfazi­one che ho avuto come artista ». Un artista risolto, in pace, senza rimpianti tanto che «se tornassi indietro nel tempo non cambierei nulla, nulla di serio almeno». Ripensando a i suoi anni Ottanta «sento nostalgia… del fatto che avevo molti capelli». Mentre dei tempi nuovi, del mondo contempora­neo, «se potessi tornare indietro alla mia gioventù mi porterei dietro il sushi». Hanno inanellato mattoni solidi come il marmo nella grande impalcatur­a del rock melodico da Empires and Dance a New Gold Dream facendo degli anni Ottanta i loro anni di grande semina e raccolto. «Del rock amo tutto, la potenza di uno stadio pieno, tanto quanto l’eleganza e il senso di intimità che ti dà un teatro. Ora era arrivato il momento dell’intimità». Hanno preso le loro canzoni più celebri da Promised you a miracle alla super-hit Don’t you (forget about me) e le hanno spogliate di quel ricco e a volte barocco vestito che è da sempre la cifra stilistica che ha fatto dei Simple Minds un’icona pop.

«Avevamo molta paura a intraprend­ere questa strada tanto particolar­e. Ma avevamo più paura di annoiarci, dopo tre decenni, se avessimo sempre fatto le stesse cose». Inizialmen­te il disco ha suscitato perplessit­à, poi ha venduto a mani basse. «Parte del pubblico pensava che avessimo tradito la nostra anima? Sempliceme­nte ci siamo seduti a discutere di una nuova immagine da proporre, per tornare ancora a sperimenta­re come facevamo agli inizi, e abbiamo scoperto che le stesse canzoni, rese più personali, diventavan­o anche più passionali, eccitanti, perché il nostro stile non cambia al cambiare d’abito delle canzoni. Abbiamo fatto cambiare opinione a parecchie persone».

Ritmo Della musica amo tutto, la potenza di uno stadio pieno e le sensazioni delicate di un’arena

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 ??  ?? Insieme A sinistra il gruppo dei Simple Minds al completo Sopra Jim Kerr
Insieme A sinistra il gruppo dei Simple Minds al completo Sopra Jim Kerr

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