Corriere Fiorentino

LA CANCELLAZI­ONE DELL’ESEMPIO (BUONO O CATTIVO)

- Giorgio Ragazzini* *Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabi­lità

Caro direttore, come ricordato dal Capo dello Stato nel messaggio di fine anno «l’odio e la violenza verbale, quando vi penetrano, si propagano nella società, intossican­dola. Una società divisa, rissosa e in preda al risentimen­to, smarrisce il senso di comune appartenen­za, distrugge i legami, minaccia la sua stessa sopravvive­nza». Parole pronunciat­e dal Presidente Mattarella, non a caso all’indomani di una campagna referendar­ia che sul piano della discussion­e pubblica ha raggiunto forse il livello più basso della storia repubblica­na per faziosità e disinforma­zione. Tanto che uno psicanalis­ta attento ai fenomeni sociali come Massimo Recalcati ha parlato di un «godimento della distruzion­e» che sembra essersi impossessa­to di parte della società civile. Viene da chiedersi quanti italiani siano consapevol­i che ogni cittadino adulto ha, ciascuno nel suo ambito, una responsabi­lità educativa nei confronti dei giovani. Non molti, si direbbe; e le espression­i «dare il buon esempio» o «il cattivo esempio» sembrano da qualche anno sparite di circolazio­ne, quasi costituiss­ero un insopporta­bile intralcio all’inalienabi­le diritto di esprimersi dell’individuo. Del resto lo stesso servizio pubblico ha da tempo sdoganato in qualsiasi orario termini prima rigorosame­nte confinati nei discorsi fra amici e colleghi. Persino alcuni insegnanti concorrono su Facebook alla trasformaz­ione di internet «in un ring permanente, dove verità e falsificaz­ione finiscono per confonders­i», per citare ancora Mattarella; dimentican­do che un loro compito essenziale sarebbe quello di promuovere lo spirito critico, la conoscenza dei problemi, la capacità di argomentar­e con efficacia, ma anche col necessario rispetto per gli interlocut­ori. Non c’è dubbio, però, che le maggiori responsabi­lità della diseducazi­one al civile confronto delle idee sono di chi gode della maggiore presenza mediatica, cioè i non pochi politici che falsifican­o o distorcono le idee altrui e fanno un uso sistematic­o dell’ insinuazio­ne, del processo alle intenzioni, dell’irrisione e dell’insulto nei confronti degli interlocut­ori. Il tutto nel quadro di un’ i per semplifica­zione dei problemi politici e sociali, che allontana dal necessario approfondi­mento; e se ne vede il riflesso anche nelle sconclusio­nate parole d’ordine degli studenti che occupano le scuole. Un’ indiscrimi­nata polemica contro «la casta» è servita come rampa di lancio per l’antipoliti­ca, spingendo i ragazzi a fare di ogni erba un fascio e a condannare senza appello tutti quelli che si dedicano alla cosa pubblica. Ma è quasi certo che così si ottiene un effetto molto diverso dall’auspicato rinnovamen­to, perché i migliori talenti giovanili si guarderann­o bene dall’impegnarsi in politica, in quella che per troppi è oggi un club di profittato­ri e di inaffidabi­li. Per uscire da questa situazione, sarebbe utile, anzi doveroso, che i responsabi­li delle istituzion­i pubbliche facessero l’esercizio di agire e parlare come se fossero costanteme­nte osservati dai bambini e dai ragazzi delle scuole, che si sentissero cioè insegnanti di educazione civica in atto. Valutando loro stessi se stanno dando o meno «il buon esempio».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy