La post verità su Michelangelo
L’eterna diatriba tra due cittadine per accreditarsi i natali del genio documentata in un nuovo libro Che dimostra come la teoria della nascita a Caprese e non a Chiusi della Verna sia solo una bufala ante litteram
Consultando una voce enciclopedica, sfogliando una monografia o un catalogo d’arte sul grande Michelangelo, la prima notizia riguarda il suo luogo di nascita: vi si legge «Caprese, provincia di Arezzo». Ma siamo certi che sia così?
Questo giallo inizia nel 1875, quando l’allora direttore delle Regie Gallerie fiorentine, Aurelio Gotti, decise che per il IV centenario della nascita dell’artista c’era bisogno di uno scoop, e che questo scoop lo avrebbe dovuto fare lui. L’occasione per confezionarne uno su misura gli fu offerta durante l’inventariazione dell’Archivio Buonarroti: nel posto giusto al momento giusto fu rinvenuta — guarda un po’ — la trascrizione cinquecentesca di uno stralcio di un atto notarile tratto dalle tanto ricercate e mai rinvenute Ricordanze di Lodovico Buonarroti, padre di Michelangelo, in cui era scritto che l’artista era nato a Caprese e non a Chiusi, come riportavano invece due delle autorevoli fonti coeve al maestro, Vasari e Condivi, entrambi, oltretutto, in stretti rapporti con l’interessato. Il presunto inedito, o meglio la bufala come la chiameremmo oggi, fu pubblicata da Gotti nella Vita di Michelangelo Buonarroti: narrata con l’aiuto di nuovi documenti, edita a Firenze dalla Tipografia della Gazzetta d’Italia e accolta dalla critica senza troppo entusiasmo, fatta eccezione, of course, per la ristretta cerchia dell’autore e per i sostenitori di Caprese. Pochi anni dopo, le vicende di Gotti presero una piega giudiziaria sinistra: a seguito di diversi procedimenti penali a suo carico, il direttore fu destituito dalla sua carica.
Quarant’anni dopo, nel 1913, un intervento politico ad hoc, opera di due potenti valtiberini, Giovan Battista Collacchioni e suo figlio Marco, allora rispettivamente Senatore e Deputato del Regno, sancì definitivamente Caprese — al secolo Caprese Michelangelo — quale luogo natale del genio fiorentino. Fu così che il documento rinvenuto da Gotti entrò a pieno titolo nella bibliografia michelangiolesca.
Il tarocco, però, se non è impacchettato a dovere, si rivela sempre, anche a distanza di secoli, come tale. E così è stato per questo documento, che in calce reca una postilla che tradisce la sua falsità. Vi si legge: «Nota che addì 6 marzo 1474 è alla fiorentina ab Incarnatione et alla romana ab Nativitate è 1475». Gli storici dell’arte che lavorano sui documenti dell’età moderna sanno bene che a Firenze, al tempo di Michelangelo, si faceva iniziare l’anno il 25 marzo, giorno dell’Incarnazione o del concepimento di Gesù secondo il calendario liturgico. E così sarà fino alla riforma varata dalla Reggenza lorenese nel 1749, quando si impose la data del 1 gennaio come giorno ufficiale per l’inizio dell’anno. Questo implica che se l’autore della carta fosse stato un uomo del Cinquecento, non avrebbe mai potuto fare riferimento a un calendario non ancora in uso. Se questo non bastasse, la ridondanza dei particolari trascritti, i troppi testimoni chiamati in causa (addirittura nove compreso un notaio, al posto Protagonista 1) Ritratto di Michelangelo di Jacopino del Conte
Pieve di Santa Maria Assunta a Vezzano, Chiusi della Verna (Arezzo) 3)Copia del presunto documento del padre di Michelangelo da cui si evincerebbe che la nascita è a Caprese 4) Chiesa di San Michele Arcangelo, Chiusi della Verna (Ar) dei tre come si usava a quel tempo), la grafia del suo presunto autore, Leonardo Buonarroti, nipote di Michelangelo, che non combacia con quella dello stesso ritrovato in altri autografi, ne confutano definitivamente l’autenticità.
I fili di questa secolare e intricata matassa sono stati riordinati nel prezioso volume Sotto fatale e felice stella nel Casentino. Nuove indagini d’archivio sul luogo natale di Michelangelo Buonarroti, curato da Nicoletta Baldini (Edifir 2016), il cui titolo rende omaggio con una citazione alla biografia di Michelangelo scritta da Vasari nell’edizione del 1568 delle Vite. Il volumetto di carattere scientifico e di piacevole lettura, arricchito di un’appendice documentaria, presenta alcune novità che comprovano definitivamente la nascita dell’artista a Chiusi della Verna. È il caso di una lettera inedita rinvenuta da Paola Benigni che la Repubblica fiorentina indirizza a Lodovico. In questo documento la Signoria rimprovera al padre di Michelangelo — che rivestì la carica di Podestà di Chiusi e Caprese dal 30 settembre 1474 al 29 marzo 1475 — di aver operato nell’ultima parte del suo mandato esclusivamente nella podesteria di Chiusi, costringendo gli abitanti di Caprese a recarsi nel Casentino per espletare le diverse pratiche. Poco dopo la consegna di questa lettera, il 6 marzo 1475, veniva alla luce Michelangelo. Gli studiosi sostengono che sia nato nell’antica sede podestarile andata distrutta (quella attuale risale al 1702) che si trovava a ovest del castello di Chiusi. In prossimità del fortilizio, inoltre, sorgeva dal 1348 una chiesetta dedicata a San Michele Arcangelo. Nicoletta Baldini, appoggiandosi alle ricerche di Margherita Cinti, suggerisce che il nome dell’artista possa essere stato scelto per questa ragione: diversi, infatti, erano i Buonarroti che si chiamavano Michele, ma non Michelangelo. Baldini ipotizza inoltre che il luogo in cui l’artista fu battezzato sia la pieve di Santa Maria Assunta a Vezzano, poiché in essa era situato l’unico fonte battesimale della zona.
Se queste scoperte non tolgono né aggiungono niente all’immensa eredità artistica e umana consegnataci da Michelangelo, è pur vero che riguardano la vita di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. E non se ne vogliano a male gli amici di Caprese Michelangelo, che tanto Chiusi non diventerà mai Chiusi della Verna Buonarroti: sarebbe pleonastico... oppure no?
Il giallo inizia quando l’allora direttore delle Regie Gallerie fiorentine, Aurelio Gotti, decise che serviva uno scoop