Lambert: io, il vendicativo
Il colpo grosso della casa editrice Clichy che ha pubblicato il primo romanzo dell’attore E lui: «Nel mio libro racconto un uomo che reagisce alla violenza facendo fuori i malvagi»
In un mondo e in una città, Parigi, sconvolti dalla delinquenza, Keller ha una sola missione: riportare la giustizia. Dopo aver perduto la moglie e la figlia dentro un incredibile incubo di violenza, Keller è riuscito a sopravvivere ed è diventato il giudice.
È questa la trama de «Il Giudice», il primo libro di Christopher Lambert che in Italia è stato pubblicato dalla casa editrice fiorentina Cilchy
Non è facile per le stelle del cinema farsi una seconda vita. Tanto meno in un ambiente altrettanto difficile come quello letterario. Tuttavia, a volte, qualcuno ci riesce. E tutto cambia. È il caso di Christophe Lambert, indimenticabile protagonista di film cult come Subway e soprattutto di Highlander, attore che nella sua vita ha cambiato molte volte pelle (ricordiamo che ha girato più di cento film) e che ora si è scoperto romanziere. Lui, nato a New York, poi arrivato giovanissimo in Svizzera e in seguito adottato dalla Francia, ha scombussolato il mercato editoriale d’Oltralpe con un libro dal titolo alla Simenon, Il giudice, che è appena uscito in Italia grazie alla casa editrice fiorentina Clichy (Lambert verrà a presentarlo a Firenze prossimamente, e sarà ospite dell’Istituto Francese).
Si tratta di un poliziesco duro e avvincente, simile per certi versi ai polar che si scrivevano una volta nell’indimenticabile «Série Noire» dell’editore Gallimard, o che si potevano vedere al cinema, nei film in bianco e nero di registi come Melville, Deray, Grangier, Decoin. Con in più uno sguardo molto contemporaneo, che mette insieme introspezione e violenza, ritmo e nostalgia. È il protagonista del romanzo a riassumere su dì sé tutto ciò: muovendosi in una città-mondo (è Parigi, naturalmente) sconvolta dalla delinquenza, Keller (questo è il suo nome) ha una sola missione: quella di riportare la giustizia. Dopo aver perso tragicamente moglie e figlia, ha deciso di diventare «il giudice», che seguendo una sua personale morale, massacra senza pietà i delinquenti. La polizia lo segue da lontano, i politici vogliono usarlo per i propri tornaconti, la stampa lo adora, e però non c’è nessuno che riesce ad acto al servizio della legge. È anche vulnerabile, perché non è un supereroe che porta un armatura, è dunque si trova sempre in pericolo. Ma è proprio quando non ha niente da perdere che diventa più pericoloso. È una macchina da guerra abituato a uccidere anche a causa del suo passato militare: è un uomo abile nelle arti marziali, nel combattimento corpo a corpo, nell’uso delle armi da fuoco. E in più non ha stati d’animo, fa solo quello che deve fare e nel momento giusto. Scrivendo avevo in mente una sorta di incrocio tra Dirty Harry e Charles Bronson».
Se Keller è il braccio violento della legge, leggendo il libro a colpire è soprattutto il ritratto di una Parigi nera, quasi da incubo, con molti riferimenti, seppur risultano velati, a fatti e personaggi del nostro tempo: «Certo si tratta di una finzione romanzesca, ma Parigi è comunque una città dove la violenza c’è, come in tutte le grandi metropoli del mondo — racconta Lambert — Forse non è visibile quotidianamente a tutti, salvo che dai poliziotti o dai medici, ma il mentore del giudice (si tratta di un misterioso uomo con il bastone, ndr) spiega a Keller che bisogna tagliare la testa del «Serpente» per avere una vera giustizia. Non osiamo mai toccare i grandi di questo mondo, ma è da lì che bisogna iniziare. Penso che oggi il mondo non sia più violento rispetto a prima — continua lo scrittore — solo che oggi si vede di più, a causa di un flusso inarrestabile d’informazioni, ma anche per colpa di una società che è diventata iperconsumista e di un’economia disumana che ci hanno resi tutti più aggressivi. Quanto ai personaggi pubblici molti di loro sono corrotti, ma Il giudice è un romanzo, non un’inchiesta giornalistica, per cui non ci sono riferimenti diretti a persone vere».
Chiediamo a Lambert se i recenti fatti di terrorismo che hanno sconvolto la Francia abbiano in qualche modo influenzato la sua scrittura: «Non voglio che passi l’idea che ognuno debba farsi giustizia da sé, ma bisogna che di fronte a questi massacri le istituzioni dimostrino maggiore fermezza. La polizia attende ordini che spesso non vengono dati per ragioni politiche, poi però quando ci sono dei morti tutti gridano allo scandalo. Per me questa è l’ingiustizia della giustizia». Voci sempre più insistenti dicono che Il giudice diventerà ben presto una serie televisiva. Ma su questo punto Lambert nicchia: «Può darsi che accada — risponde — anche perché penso di avere una scrittura molto visiva, se non altro a causa delle mie esperienze cinematografiche...».
Di una cosa tuttavia è certo, e cioè che fare l’attore e fare lo scrittore siano due cose davvero molto diverse: «Quando recito cerco di diventare un personaggio che mi viene imposto dalla sceneggiatura su cui sto lavorando. Quando scrivo posso inventare da me un personaggio. Il cinema impone allo spettatore un’immagine, mentre la letteratura spinge il lettore a crearne una da sé».
Sbarco in televisione Può darsi che diventi una serie tv: anche perché penso di avere una scrittura molto visiva