Corriere Fiorentino

Dal latte al cucchiaio Il dessert delle mamme

- di Divina Vitale

Il lattaiolo o lattarolo è uno dei dolci al cucchiaio più antichi della tradizione toscana. Le sue origini si attestano fin dal 1500 nel Casentino, in particolar­e è Cortona a celebrarlo. Qui è rimasta l’usanza di prepararlo in casa e nei ristoranti, dove i cuochi hanno fatto tesoro delle ricette della tradizione, tramandate da nonni e genitori. È talmente apprezzato e richiesto che qualche chef ha sottoposto la ricetta originale ad una rivisitazi­one in chiave più esterofila. Il legame tra il lattaiolo e Cortona si riscontra non solo tramite le letture dei testi del passato ma anche nella ricca tradizione orale dei contadini, che lo preparavan­o con il siero del latte che avanzava dalla produzione del pecorino. Era usanza regalare questa specialità al padrone o ai preti dopo la messa, nei giorni del Corpus Domini. Veniva inoltre data alle donne subito dopo il parto come ricostitue­nte ed era di buon auspicio per il nascituro: l’augurio era di mettere presto i denti da latte, anche detti «lattaioli». Si tratta di una specie di crème caramel fatta di latte, uova, zucchero e aromi, tra questi la noce moscata, il coriandolo, la vaniglia, cotta in forno rigorosame­nte a bagno maria. «Il lattaiolo – racconta la chef stellata Lisa Regi Baracchi dei ristoranti Il Falconiere e La Locanda del Molino — è un dessert leggero e saporito, una specie di latte alla portoghese con l’aggiunta di spezie miste e uova, che veniva fatto usando il latticello, la parte finale della cagliata. Quasi tutte le settimane faccio il pecorino, un’attività che mi appassiona, organizzo lezioni sulla produatten­de zione di questo formaggio ed è sempre molto curioso vedere le facce dei partecipan­ti: molte persone non hanno idea del procedimen­to e rimangono stupite nell’osservare la trasformaz­ione del latte in formaggio e nel conoscere i sistemi di invecchiam­ento. Per il formaggio si usa il latte di pecora appena munto a cui si aggiunge il caglio o presame: si finché la parte solida non è precipitat­a, poi si lavora e pizzica finché non raggiunge una consistenz­a omogenea e cremosa. Del liquido residuo una parte servirà per fare la ricotta, quello più leggero, invece, per realizzare il lattaiolo. Nel passato, in campagna, si aggiungeva anche nel pastone dei maiali e nel mangime degli animali da cortile. Il lattaiolo comunque accompagna diverse preparazio­ni come lo scottino — continua — Con un ramaiolo caldo si bagna il pane raffermo abbrustoli­to e si aggiunge lo zucchero. Un alimento semplice e rinfrescan­te. E ancora il pammollo (la cui variante è appunto il lattaiolo dolce), pane sciocco toscano tostato e inzuppato nel latticello, con aggiunta di crema pasticcera, frutta fresca o secca e aroma di vinsanto. Quest’ultimo lo faceva mia nonna ed è un dolce che propongo nel ristorante di famiglia. Negli anni ho cambiato la ricetta usando ingredient­i diversi come creme, frutta secca e liquore, ma resta costante il delicato aroma di latte di pecora, sempre ingentilit­o da spezie, miele o cioccolata». Alle ricette più tradiziona­li si accostano anche delle rivisitazi­oni più moderne come accade all’Osteria del Teatro con lo chef Emiliano Rossi. Qui il lattaiolo diviene millefleur. «Il millefleur è stato, nel periodo rinascimen­tale, nella provincia di Arezzo, la versione nobile del Lattaiolo, che è l’antenato indiscusso del latte alla portoghese — spiega Rossi — Gli ingredient­i sono diversi: per il Millefleur si utilizza latte e non siero, ci sono più uova e si aggiunge anche caramello alle mandorle. È inoltre profumato con scorza d’arancio e servito con della crema di latte. Il nome francese poi va attribuito alla volontà di far apparire il dolce più chic, basti pensare al «gattò», il famoso arrotolato di cioccolato e crema: in realtà gli aretini volevano dire gateau, torta in francese. Inoltre il millefleur non ha nulla a che vedere con il millefogli­e, ma si presenta come un dolce al cucchiaio ricco e gustoso dove la sensazione di croccante, data dal caramello e dalle mandorle, si contrappon­e alla cremosità del dessert che ben si sposa con il Vin Santo toscano». «Il lattaiolo — conclude Romano Magi della Bucaccia — si prepara con pochi e semplici ingredient­i, seguendo un procedimen­to classico, proprio come facevano le nonne un tempo preparando­lo per le neo mamme, quando ancora si partoriva in casa».

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 ??  ?? Lisa Regi Baracchi (Il Falconiere)
Lisa Regi Baracchi (Il Falconiere)
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Emiliano Rossi (Osteria del Teatro)

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