Gavinana perde anche la sua pasticceria
Dopo l’edicola e la macelleria, chiude Cosi. «Un pezzo della nostra storia»
L’insegna da ieri non c’è più. Sul muro è rimasta solo l’ombra sbiadita che lascia intravedere la scritta: Pasticceria Cosi. Tra qualche giorno lo storico bar di piazza di Gavinana chiuderà.
«È un altro pezzo di Gavinana che se ne va, dopo l’edicola, la gelateria, la macelleria. Per noi è una cosa molto triste. E difficilmente sarà anche l’ultima chiusura» commenta Carlo Mazzini, il civaiolo. Lui, che ora va per gli ottant’anni, il bar sull’angolo se lo ricorda da quando era piccino, la piazza era sterrata e il quartiere aveva ancora lo spirito da piccolo paese.
«Nel dopoguerra fuori dal bar nelle sere d’estate suonava l’orchestrina» rammenta conm un po’ di nostalgia. Per Carlo, come per molti abitanti della zona fermarsi alla pasticceria Cosi, per sfogliare le pagine del giornale «tra un caffeino e una pasta fresca», fare colazione con un bombolone caldo o prendere i cremini per una festa era un’abitudine ormai consolidata da generazioni. «Speriamo non finisca anche questa in mano ai cinesi, ma di sicuro non mi stupirei visto come vanno le cose anche in centro» dice. Lui è uno dei pochi commercianti storici rimasti nel rione, ha visto gli altri chiudere uno dopo l’altro e lasciare il posto ad attività cinesi, trasformando così l’anima di questo quartiere «contadino» dove a pochi metri sapevano convivere diverse passioni politiche (all’Osteria il Nacchero si ritrovavano i socialisti, al Circolo Vie Nuove i comunisti, al bar poi diventato Cosi i moderati) e diverse fedi sportive (tra i sostenitori del grande Gino Bartali e quelli dell’altro campione Gastone Nencini, entrambi residenti qui).
«Quando nostra figlia era piccola» raccontano due residenti, dopo l’asilo la pasticceria Cosi era un tappa fissa, per fare merenda con latte e brioche. Era un’istituzione qui da noi».
In realtà in tutti questi anni la pasticceria ha cambiato proprietà, gestione e nome: bar Paris, bar Gelindo, infine il marchio Cosi, che si è portato dietro fino ad oggi. È sopravvissuta alla guerra e all’alluvione del ‘66, quando l’acqua arrivò all’altezza del primo piano. Ma sembra non abbia potuto far nulla contro il caro affitto e le difficoltà economiche. Gli attuali proprietari non commentano la chiusura, ma le voci che girano nel quartiere parlano di «un arrivederci e non un addio». Dove e se, però, non si sa.