«Il viaggio di Roberto» L’opera civile al Goldoni
«Questa è un’opera che merita di essere ascoltata e portata in giro». Parola di chi non si perde in complimenti gratuiti, Riccardo Muti. L’opera è Il viaggio di Roberto. Un treno verso Auschwitz, in scena al Goldoni di Firenze da stasera (ore 20) al 3 febbraio (ore 10, una delle repliche per le scolaresche). Si celebra il Giorno della Memoria, una ricorrenza che il Maggio ha sempre onorato. Fino a giungere all’oggi, con un’opera importante (quasi due ore), una prima assoluta secondo quella che il compositore Paolo Marzocchi, qui anche direttore, definisce compiuta. Perché la prima andata in scena a Ravenna aveva un organico rarefatto, «mentre qui ci sono tutti i suoni di un’orchestra sinfonica». Quattordici prime parti del Maggio, il Coro di voci bianche, cantanti, attori e figuranti per narrare la storia della breve vita di Roberto Bachi, torinese trasferitosi a Ravenna, arrestato col padre nel 1943 e spedito ad Auschwitz, dove morirà verosimilmente di tubercolosi. La madre Ines dedicò l’esistenza a capire che fine aveva fatto il figlio, di cui ora conosciamo anche il numero di matricola, 167973, che lo stesso compositore ha usato come combinazione di note. La vicenda è emersa solo nel 2000, grazie a tre suoi compagni di scuola, che avevano visto sparire quel bimbo per non saperne più nulla. Rintracciato il direttore di allora, ricostruita la storia, ecco che la memoria, come nota il regista Alessio Pizzech, «non ci illumina solo sul nostro passato, ma anche sul futuro. Questa è un’opera dal valore civile molto forte». Ci sarà spazio anche per i sogni di Roberto, amici che lo vengono a trovare dai romanzi di avventura che, è una licenza poetica, custodiva nella sua cartella. Alla prima arriveranno anche gli antichi compagni di scuola mentre sul palco ecco Kitty Braun, l’ultima testimone vivente della Shoah a Firenze.