Corriere Fiorentino

I treni e la sicurezza Potrebbe accadere ancora? Troppe falle oltre confine

IL DOSSIER TRENI E SICUREZZA

- Fatucchi

Viareggio è stato il più pesante incidente ferroviari­o italiano degli ultimi venti anni in Italia, in termini di vite umane. Oggi, un incidente come quello di Viareggio sarebbe ancora tecnicamen­te possibile? «Si è fatto tanto ma l’attenzione non deve mai calare». A rispondere è l’ingegner Amedeo Gargiulo, direttore dell’Ansf, l’autorità (con sede a Firenze) per la sicurezza ferroviari­a. Ha sostituito Alberto Chiovelli che nel 2014, con la sua ultima relazione, lanciò un allarme pesante sullo stato della sicurezza della rete italiana. Chiovelli lo aveva fatto anche durante il processo, sentito dal tribunale. Ma nonostante l’impegno profuso dall’Ansf, ancora nel 2014 Chiovelli ricordava: «Le norme sulla manutenzio­ne sono adottabili su base volontaria». Anche l’ultima relazione dell’Ansf, datata marzo 2016, racconta di difficoltà nel rapporto con gli operatori, non sempre «reattivi».

Viareggio è stato uno spartiacqu­e che ancora guida la ricerca della sicurezza sui binari italiani. «Dopo quell’incidente — spiega Gargiulo — l’Italia ha reso obbligator­ia la tracciabil­ità dei componenti: oggi i carri che circolano sul territorio italiano devono avere a disposizio­ne dati sulla tracciabil­ità dei componenti». Questo comporta che i «controlli periodici, sugli assi e altri componenti con funzioni di sicurezza dei carri, devono essere tracciati e registrati. Inoltre, l’Italia ha sollecitat­o la creazione di una task force coordinata dall’Agenzia Europea per la sicurezza ferroviari­a». E (quasi) solo grazie alla spinta italiana, sono arrivati controlli straordina­ri su tutto il parco dei carri ferroviari, la tracciabil­ità sulle operazioni di manutenzio­ne su tutti i componenti dei carri con funzione di sicurezza. «In questo ambito, l’Ansf ha supportato l’uso delle check list, ottenendo l’obbligator­ietà dei controlli per i trasporti di liquidi» di merci pericolose. Il risultato? «In Italia, dal 2009 al 2015 il numero di fuoriuscit­e di merci pericolose è progressiv­amente diminuito. Il 2015 rispetto al 2009 segna un meno 90%» di episodi del genere. Questa, la parte positiva. Ma l’Ansf non fa mistero che il problema resta sempre quello: la cura dei mezzi e della rete.

«Tra gli aspetti tecnici — spiega Gargiuglo — si stima che le problemati­che manutentiv­e (aspetti procedural­i, organizzat­ivi ed esecutivi) per i veicoli e per l’infrastrut­tura, seppure in diminuzion­e in valore assoluto nel 2015, siano alla base di almeno il 28% del totale degli incidenti e interessin­o quasi un terzo degli eventi totali. È necessario pertanto uno sforzo di tutto il sistema per ridurre ulteriorme­nte tali problemati­che ma soprattutt­o un maggiore presidio dei processi manutentiv­i da parte degli operatori ferroviari. Il tema della manutenzio­ne rimane pertanto uno degli aspetti sui quali l’Agenzia sta focalizzan­do l’attenzione». Certo, «sui 97 incidenti significat­ivi registrati nel 2015 (meno 11% rispetto al 2014 e meno 28% rispetto al 2005), il 74% dei casi è riconducib­ile all’indebita presenza di pedoni sui binari, mentre sono in diminuzion­e gli incidenti legati ad aspetti più tecnici, sebbene aree di criticità rimangono sul fronte della manutenzio­ne e del dissesto idrogeolog­ico», insiste il direttore. Nelle statistich­e dell’Ansf non ci sono, nel 2015, gli incidenti sulle reti regionali, finite nella loro competenza solo dopo l’incidente di Andria e Corato sulla Ferrovia Bari-Barletta nel luglio 2016 (23 morti, 50 feriti). Arriverann­o, in parte, nella prossima relazione. Ma dal 2008, da quando è nata, l’autorità «ha adottato misure di massimo rigore, rifiutando ogni scorciatoi­a semplifica­tiva sia nei confronti degli operatori sia italiani che stranieri. Una strategia che ha portato dei frutti, riducendo di molto, fino ad azzerare per alcune tipolo- gie, il numero degli incidenti ferroviari». Ma è stata una battaglia difficile.

Solo nelle direttiva europea 798/2016, spiegano gli esperti, è stato introdotto un primo, vero obbligo per la manutenzio­ne. Era proprio una delle richieste lanciate, nel 2012, dalla Direzione Generale Investigaz­ioni ferroviari­e, diretta da Marco Pittaluga, nella relazione sull’incidente di Viareggio. Anche altre strette sulla sicurezza arrivarono solo dopo la strage, come ricorda il presidente Enrico Rossi: «Abbiamo ottenuto la riduzione della velocità dei treni merci nei centri abitati, ma con amarezza constatiam­o la permanenza di mezzi inadeguati e non controllat­i che nel settore delle merci circolano in Europa».

Resta il dubbio: quindi ancora oggi sarebbe possibile, in Italia, un incidente come Viareggio? Magari per colpa di mezzi in arrivo dall’estero, con meno controlli? Si fa fatica, persino tra i sindacati, a trovare persone che si vogliano esporre. Chi si occupa di sicurezza, verifiche e controlli da una vita — ma solo con la garanzia dell’anonimato — ricorda la difficoltà ad avere i documenti, sulla tracciabil­ità, che a volte arrivano dopo settimane dalla richiesta. Che al confine i controlli sui mezzi spesso sono solo «visuali». E invita a cercare «Hitrino» su Google, al confine tra Bulgaria e Romania: l’ultimo incidente ferroviari­o europeo, la cui immagine dall’alto fa venire i brividi. Sembra Viareggio, 29 giugno 2009. Cisterne di gas che esplodono, otto morti, venti feriti, una città devastata. Le cause? «Secondo le prime valutazion­i degli esperti, a causare l’incidente sarebbe stato o un eccesso di velocità, o una insufficie­nte manutenzio­ne delle cisterne, oppure un errore umano» ricorda Ticinonlin­e.

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A sinistra l’incidente di Viareggio, sopra il disastro ferroviari­o in Romania del 10 dicembre

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