Corriere Fiorentino

I volti delle vittime in aula «Sono il nostro ergastolo»

LE 32 SEDIE VUOTE E I FAMILIARI

- Simone Dinelli Antonella Mollica

Trentadue sedie vuote occupate da magliette bianche da cui si affacciano i volti di chi non c’è più. Da quell’altra vita cancellata in pochi minuti in una sera d’estate i morti sorridono. Sorridono e sembrano voler dire «noi ci siamo e vogliamo sapere perché è successo». Le domande sono rimaste lì, appese per quasi otto anni a un filo invisibile sopra le loro teste, ripetute come una litania da chi è rimasto: perché un treno che è una bomba che viaggia sulle rotaie deve passare nel cortile delle case? Perché un treno può esplodere in una sera d’estate e uccidere?

I morti sono tutti in fila, uno accanto all’altro, nelle prime sedie di quel capannone del Polo fieristico alla periferia di Lucca trasformat­o in tutti questi anni in un’aula di tribunale. Accanto a loro ci sono i sopravviss­uti, madri, padri, figli, nonni che non si sono fermati un momento da quella notte che è stata l’Apocalisse di Viareggio. «Hanno fatto il possibile per imbavaglia­rci — dice Daniela Rombi, mamma di Emanuela, uccisa dal treno a 21 anni prima della lettura della sentenza — ma noi siamo riusciti a non far cadere nel silenzio questa strage. È già una vittoria». Non si sono sentiti soli perché accanto hanno sempre avuto i reduci di altre tragedie, quelli della Moby e quelli della scuola di San Giuliano di Puglia. «Ci siamo passati prima di loro dalla trafila di disperazio­ne, avvocati, tribunali, processi infiniti alla ricerca della verità» racconta Antonio Morelli, papà di Morena, morta 15 anni fa a 6 anni nel crollo della scuola di San Giuliano, in Molise. È accanto a Marco Piagentini, uno dei simboli della tragedia per quelle ferite che si porta ancora addosso dopo la notte che gli ha portato via la moglie e i figli Lorenzo, 2 anni, e Luca, 4, lasciandol­o solo con Leonardo, il più grande che oggi ha 15 anni.

«Abbiamo imparato — spiega Morelli — che la giustizia troppe volte è a favore del Caino di turno e che spesso Abele viene abbandonat­o. Devi lottare per ottenerla, nessuno ti regala niente. Purtroppo in questo Paese hanno tutti la memoria corta. Finché i riflettori sono accesi va tutto bene, poi quando ritorna il buio le tragedie vengono rimosse. E alla fine non paga mai nessuno, anche quando si riesce ad arrivare a una condanna».

Quando alle 15 suona la campanella ed entrano i giudici cala il silenzio. Un lungo applauso è scattato mezz’ora prima della lettura della sentenza, quando una donna ha urlato ai familiari «siamo tutti con voi». Poi tutti in piedi e alla fine arrivano le lacrime. La prima a parlare è Daniela Rombi: «Mi chiedete se 7 anni di condanna per Moretti siano pochi? Sarebbero stati pochi anche 16. La vera galera a vita, il vero ergastolo sono per noi, che abbiamo perso i nostri cari. Noi non vinceremo mai, né qua, né in Appello, né in Cassazione. Però è importante il segnale che arriva da questa sentenza: qualcosa nel trasporto delle merci pericolose su rotaia deve cambiare, sin da oggi. Ricordiamo­ci che Moretti si è sempre vantato di essere uscito pulito da tutte le vicende giudiziari­e in cui era stato coinvolto. Da oggi non può più dirlo».

Questa sentenza — dice Piagentini — dice una cosa importante: «Che c’è un sistema di sicurezza che non funziona. E se loro si dichiarano innocenti possono benissimo rinunciare alla prescrizio­ne e dimostrare la loro innocenza nel processo». Per qualcuno la sentenza non cancella la rabbia e sul quaderno della «casina dei ricordi» in via Ponchielli scrive:«Se questa la chiamano giustizia avere condannato i vostri assassini a sette anni mi sembra che sia stata una grande presa per il c...». In aula arriva anche Luca Lunardini, che otto anni fa era sindaco di Viareggio. «Questa sentenza ci dà un po’ di conforto perché conferma quello che abbiamo sempre sostenuto: che quella tragedia non è stata provocata da un evento naturale ma dall’uomo».

La lunga giornata che chiude tre anni e 2 mesi di processo con 140 udienze, era cominciata alle 9 con il corteo silenzioso, sotto la pioggia, dei familiari. Striscioni, cartelli e le magliette bianche con i volti di chi non c’è più. «Moretti ecco i disegni dei nostri bambini» è scritto su un cartello. La strage del treno vista con gli occhi dei bambini sono vagoni avvolti dalle fiamme, case che esplodono e angioletti che volano in cielo. Ed è la poesia di Asia: «Vorrei che quel treno non fosse mai passato.. vorrei che quella notte il cielo non avesse mai cambiato colore...che nessuno avesse udito quelle urla di dolore...».

Daniela Rombi Anche 16 anni di condanna sarebbero stati pochi. L’ergastolo è per noi che non abbiamo più i nostri cari e hanno provato a imbavaglia­rci

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I disegni, le magliette In alto i disegni e le poesie dei bambini di Viareggio fuori dall’aula della Fiera di Lucca dove in prima fila le famiglie hanno lasciato le magliette con i volti delle 32 vittime della strage Nella foto qui sopra l’attesa della...
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