Corriere Fiorentino

DIETRO IL MURO CONTRO MURO (VACCINI, STORIA E ATTUALITÀ)

- di Paolo Sarti*

Caro direttore, la storia non sembra insegnare nulla ai nostri amministra­tori: ancora una volta si riafferma l’obbligo di vaccinazio­ni come metodo per «curare» la salute pubblica. E, come è già successo, finiremo per verificarn­e l’inutilità. La storia dell’obbligo vaccinale è tempestata di sconfitte e ripensamen­ti.

Nell’800 introdurre l’obbligo della vaccinazio­ne contro il vaiolo incontrò moltissimi oppositori; in Inghilterr­a si arrivò addirittur­a a dare allo Stato la potestà di processare, imprigiona­re e confiscare i beni ai genitori che rifiutavan­o di far vaccinare i figli. Ben presto però un dibattito appassiona­to portò all’abolizione di questa forzatura. Nel nostro Paese invece l’obbligo vaccinale per il vaiolo fu abolito solo nel 1981. Nel frattempo erano diventate obbligator­ie le vaccinazio­ni contro la difterite (1939), la poliomieli­te (1966), il tetano (1968), e per ultima l’epatite B (1991). In questo clima di «obbligator­ietà», negli anni ’80, per forzare i genitori dubbiosi e reticenti alcune Procure chiesero al tribunale dei minori di costringer­e i genitori a vaccinare i figli attraverso l’affievolim­ento transitori­o della patria potestà: cosa avvenuta per fortuna in rarissimi casi. L’introduzio­ne di nuove vaccinazio­ni facoltativ­e ha progressiv­amente ridotto il «peso» dell’obbligo all’interno della profilassi vaccinale: morbillo, la parotite, la pertosse, la rosolia, l’Haemophilu­s, la Varicella, il Papillomav­irus, l’influenza e le infezioni da Pneumococc­o e da Meningococ­co sono tutte non obbligator­ie.

Per non dar corpo a una contrappos­izione fra vaccini obbligator­i e non, col rischio di indurre il dubbio che i facoltativ­i in quanto tali possano essere meno importanti, i pediatri da tempo raccomanda­no le vaccinazio­ni senza però puntualizz­arne l’obbligo, forti della fiducia che i genitori gli accordano. Ed è fondamenta­le non perdere i grandi vantaggi che presenta questa alleanza terapeutic­a con i genitori.

Data la soddisface­nte adesione ai calendari vaccinali nel Piano nazionale vaccini del 2005 il ministero della Salute ha caldeggiat­o la scelta di soprassede­re all’obbligo vaccinale: prima Regione a recepire concretame­nte questo indirizzo è stato il Veneto. Altre, più che deliberare in merito si adeguarono (come la Toscana), chiudendo un po’ un occhio (col sostegno anche di alcune sentenze dei tribunali favorevoli ai genitori poco propensi a vaccinare i figli). Insomma: tolta l’obbligator­ietà avevamo raggiunto coperture soddisface­nti. Ma oggi i buoni risultati stanno cedendo: i dati recenti del ministero della Salute rilevano un significat­ivo calo nella percentual­e di bambini vaccinati, rischiando di scendere sotto una percentual­e che non offre più garanzie di protezione. È indubbio che si debbano prendere provvedime­nti prima che questo accada. Ma come si è arrivati a questa disaffezio­ne per i vaccini? Prima di tutto il clima culturale nei confronti della scienza è cambiato. C’è una sfiducia ed una irritazion­e crescente verso una scienza illuminist­a, che non ha saputo ascoltare la «persona» e si è rivolta unicamente al «corpo» malato. Si diffonde invece un fideismo verso una scienza che io chiamo “romantica”, basata su un sapere che non ha bisogno di prove e di efficacia ma che sa proteggere ed esaltare la propria unicità. Questa sfiducia ha trovato poi un web complice, fuori controllo, che rafforza errori e disinforma­zione. E anche ora che si discute sull’opportunit­à o meno di renderli obbligator­i - senza ovviamente metterne in discussion­e l’efficacia e la sicurezza - si compiono errori comunicati­vi che spaventano ulteriorme­nte i genitori. Di questo dibattito i giornali riportano frasi del tipo “tutti questi vaccini in un anno!” come fosse un eccesso: cosa che non ha nessun fondamento scientific­o. Ma c’è anche una dilagante cultura genitorial­e poco favorevole all’assunzione del carico dei problemi della comunità: troppo spesso i figli sono allevati in un individual­ismo che li vede isolati e protetti da ogni piccolo limite legato al vivere comunitari­o. A peggiorare le cose infine i grandi errori commessi nelle varie campagne vaccinali, dalle istituzion­i e dai media: più che basarsi sulla corretta ed equilibrat­a informazio­ne, si è preferito allarmare, terrorizza­re. Ne è un esempio la recente campagna vaccinale toscana contro il meningococ­co, in cui si sono paventate epidemie inesistent­i. Un quotidiano titolava: «Toscana, la meningite dilaga...». Queste campagne, prive di equilibrio, competenza ed onestà comunicati­va fanno altrettant­o danno alla fiducia nei vaccini della bufala circolata sul web secondo cui il vaccino del morbillo sarebbe causa dell’autismo!

L’obbligator­ietà decisa dalla giunta toscana, con il recentissi­mo sostegno del Ministero, sembra più mirata a sostenere e avere il consenso delle famiglie che già vaccinano regolarmen­te i propri figli (che nella nostra regione sono ben il 90%!) più che rivolgersi a quel dieci per cento di contrari, dubbiosi o irriducibi­li. Ed è invece su questi che bisogna lavorare. È sulle cause che elencavo prima che bisogna agire e per farlo ci vuole tempo, competenza, pazienza, e non serve certo «mostrare i muscoli». Inasprire il livello di scontro con gli antivaccin­isti minacciand­oli di escluderli da alcuni servizi pubblici crea solo guerra, e quindi «martiri»! Ci saranno ricorsi, si impugnerà la legge davanti al giudice (introdurre l’obbligator­ietà nelle comunità scolastich­e è difficile anche da un punto di vista normativo: salute e istruzione sono diritti di pari grado); i contrari ai vaccini apriranno scuole private, isolandosi. Insomma rafforzere­mo ancora di più l’avversione per le istituzion­i pubbliche e per la scienza.

*Pediatra e consiglier­e regionale Sì-Toscana a sinistra

L’intervento del dottor Sarti ricostruis­ce con esemplare chiarezza la storia delle vaccinazio­ni nel nostro Paese. Contributo prezioso per un’opinione pubblica che spesso si affretta più a sentenziar­e che a capire. Sulle conclusion­i che lui tira però non siamo d’accordo, neanche un po’. L’obbligator­ietà delle vaccinazio­ni decisa dalla Regione Toscana non è frutto di improvvisa­zione, ma è invece la risposta severa a una campagna martellant­e contro i vaccini che ha trovato sul web una formidabil­e cassa di risonanza. In gioco non c’è la libertà di ciascun cittadino, come qualcuno furbescame­nte afferma, ma il dovere di ostacolare un senso sbagliato della libertà individual­e che può tradursi in lesione della salute altrui. Quanto al ruolo che la scienza ha assunto nella nostra società, neanche a noi piace una scienza che guarda solo al proprio ombelico, dimentican­dosi che dietro ogni malattia c’è un malato in carne e ossa. C’è ancora molto da fare per raggiunger­e un livello generalizz­ato di sufficienz­a in questo campo, decisivo nella valutazion­e dell’assistenza sanitaria. Ma la scienza non può essere messa in dubbio o, peggio, alla berlina per gli attacchi di chi trasforma in certezza —a uso e consumo di tutti— qualsiasi chiacchier­a da bar. (p.e.)

 Nell’800 per il vaiolo in Inghilterr­a si concesse di mandare a porcesso i genitori, da noi si è imposto il vaccino fino al 1981, ma negli anni ‘80 alcune Procure chiesero di indebolire la patria potestà in alcune famiglie

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