DIETRO IL MURO CONTRO MURO (VACCINI, STORIA E ATTUALITÀ)
Caro direttore, la storia non sembra insegnare nulla ai nostri amministratori: ancora una volta si riafferma l’obbligo di vaccinazioni come metodo per «curare» la salute pubblica. E, come è già successo, finiremo per verificarne l’inutilità. La storia dell’obbligo vaccinale è tempestata di sconfitte e ripensamenti.
Nell’800 introdurre l’obbligo della vaccinazione contro il vaiolo incontrò moltissimi oppositori; in Inghilterra si arrivò addirittura a dare allo Stato la potestà di processare, imprigionare e confiscare i beni ai genitori che rifiutavano di far vaccinare i figli. Ben presto però un dibattito appassionato portò all’abolizione di questa forzatura. Nel nostro Paese invece l’obbligo vaccinale per il vaiolo fu abolito solo nel 1981. Nel frattempo erano diventate obbligatorie le vaccinazioni contro la difterite (1939), la poliomielite (1966), il tetano (1968), e per ultima l’epatite B (1991). In questo clima di «obbligatorietà», negli anni ’80, per forzare i genitori dubbiosi e reticenti alcune Procure chiesero al tribunale dei minori di costringere i genitori a vaccinare i figli attraverso l’affievolimento transitorio della patria potestà: cosa avvenuta per fortuna in rarissimi casi. L’introduzione di nuove vaccinazioni facoltative ha progressivamente ridotto il «peso» dell’obbligo all’interno della profilassi vaccinale: morbillo, la parotite, la pertosse, la rosolia, l’Haemophilus, la Varicella, il Papillomavirus, l’influenza e le infezioni da Pneumococco e da Meningococco sono tutte non obbligatorie.
Per non dar corpo a una contrapposizione fra vaccini obbligatori e non, col rischio di indurre il dubbio che i facoltativi in quanto tali possano essere meno importanti, i pediatri da tempo raccomandano le vaccinazioni senza però puntualizzarne l’obbligo, forti della fiducia che i genitori gli accordano. Ed è fondamentale non perdere i grandi vantaggi che presenta questa alleanza terapeutica con i genitori.
Data la soddisfacente adesione ai calendari vaccinali nel Piano nazionale vaccini del 2005 il ministero della Salute ha caldeggiato la scelta di soprassedere all’obbligo vaccinale: prima Regione a recepire concretamente questo indirizzo è stato il Veneto. Altre, più che deliberare in merito si adeguarono (come la Toscana), chiudendo un po’ un occhio (col sostegno anche di alcune sentenze dei tribunali favorevoli ai genitori poco propensi a vaccinare i figli). Insomma: tolta l’obbligatorietà avevamo raggiunto coperture soddisfacenti. Ma oggi i buoni risultati stanno cedendo: i dati recenti del ministero della Salute rilevano un significativo calo nella percentuale di bambini vaccinati, rischiando di scendere sotto una percentuale che non offre più garanzie di protezione. È indubbio che si debbano prendere provvedimenti prima che questo accada. Ma come si è arrivati a questa disaffezione per i vaccini? Prima di tutto il clima culturale nei confronti della scienza è cambiato. C’è una sfiducia ed una irritazione crescente verso una scienza illuminista, che non ha saputo ascoltare la «persona» e si è rivolta unicamente al «corpo» malato. Si diffonde invece un fideismo verso una scienza che io chiamo “romantica”, basata su un sapere che non ha bisogno di prove e di efficacia ma che sa proteggere ed esaltare la propria unicità. Questa sfiducia ha trovato poi un web complice, fuori controllo, che rafforza errori e disinformazione. E anche ora che si discute sull’opportunità o meno di renderli obbligatori - senza ovviamente metterne in discussione l’efficacia e la sicurezza - si compiono errori comunicativi che spaventano ulteriormente i genitori. Di questo dibattito i giornali riportano frasi del tipo “tutti questi vaccini in un anno!” come fosse un eccesso: cosa che non ha nessun fondamento scientifico. Ma c’è anche una dilagante cultura genitoriale poco favorevole all’assunzione del carico dei problemi della comunità: troppo spesso i figli sono allevati in un individualismo che li vede isolati e protetti da ogni piccolo limite legato al vivere comunitario. A peggiorare le cose infine i grandi errori commessi nelle varie campagne vaccinali, dalle istituzioni e dai media: più che basarsi sulla corretta ed equilibrata informazione, si è preferito allarmare, terrorizzare. Ne è un esempio la recente campagna vaccinale toscana contro il meningococco, in cui si sono paventate epidemie inesistenti. Un quotidiano titolava: «Toscana, la meningite dilaga...». Queste campagne, prive di equilibrio, competenza ed onestà comunicativa fanno altrettanto danno alla fiducia nei vaccini della bufala circolata sul web secondo cui il vaccino del morbillo sarebbe causa dell’autismo!
L’obbligatorietà decisa dalla giunta toscana, con il recentissimo sostegno del Ministero, sembra più mirata a sostenere e avere il consenso delle famiglie che già vaccinano regolarmente i propri figli (che nella nostra regione sono ben il 90%!) più che rivolgersi a quel dieci per cento di contrari, dubbiosi o irriducibili. Ed è invece su questi che bisogna lavorare. È sulle cause che elencavo prima che bisogna agire e per farlo ci vuole tempo, competenza, pazienza, e non serve certo «mostrare i muscoli». Inasprire il livello di scontro con gli antivaccinisti minacciandoli di escluderli da alcuni servizi pubblici crea solo guerra, e quindi «martiri»! Ci saranno ricorsi, si impugnerà la legge davanti al giudice (introdurre l’obbligatorietà nelle comunità scolastiche è difficile anche da un punto di vista normativo: salute e istruzione sono diritti di pari grado); i contrari ai vaccini apriranno scuole private, isolandosi. Insomma rafforzeremo ancora di più l’avversione per le istituzioni pubbliche e per la scienza.
*Pediatra e consigliere regionale Sì-Toscana a sinistra
L’intervento del dottor Sarti ricostruisce con esemplare chiarezza la storia delle vaccinazioni nel nostro Paese. Contributo prezioso per un’opinione pubblica che spesso si affretta più a sentenziare che a capire. Sulle conclusioni che lui tira però non siamo d’accordo, neanche un po’. L’obbligatorietà delle vaccinazioni decisa dalla Regione Toscana non è frutto di improvvisazione, ma è invece la risposta severa a una campagna martellante contro i vaccini che ha trovato sul web una formidabile cassa di risonanza. In gioco non c’è la libertà di ciascun cittadino, come qualcuno furbescamente afferma, ma il dovere di ostacolare un senso sbagliato della libertà individuale che può tradursi in lesione della salute altrui. Quanto al ruolo che la scienza ha assunto nella nostra società, neanche a noi piace una scienza che guarda solo al proprio ombelico, dimenticandosi che dietro ogni malattia c’è un malato in carne e ossa. C’è ancora molto da fare per raggiungere un livello generalizzato di sufficienza in questo campo, decisivo nella valutazione dell’assistenza sanitaria. Ma la scienza non può essere messa in dubbio o, peggio, alla berlina per gli attacchi di chi trasforma in certezza —a uso e consumo di tutti— qualsiasi chiacchiera da bar. (p.e.)
Nell’800 per il vaiolo in Inghilterra si concesse di mandare a porcesso i genitori, da noi si è imposto il vaccino fino al 1981, ma negli anni ‘80 alcune Procure chiesero di indebolire la patria potestà in alcune famiglie