Corriere Fiorentino

Lo Stato di don Momigli

L’esperienza del prete-sindacalis­ta a San Donnino negli anni dell’invasione cinese La battaglia dell’integrazio­ne, il caso Spazio Reale, il libro di Ceccherini. Campi gli dà la cittadinan­za

- di Mario Lancisi

«Sii malleabile con la gente, ma fermo nei principi. Come un sasso nello stagno», lo esortò il cardinale Silvano Piovanelli quando decise di inviarlo parroco a San Donnino, la frazione più popolosa di Campi Bisenzio, Comune che ora gli conferirà la cittadinan­za onoraria.

Era l’11 ottobre del 1991 e don Giovanni Momigli aveva 41 anni e appena un anno di sacerdozio alle spalle. Era entrato in seminario nel 1984, a 34 anni, compagno di classe , tra gli altri, di don Andrea Bigalli e di don Alessandro Santoro, dopo una promettent­e militanza nella Cisl, di cui era diventato segretario provincial­e degli edili. Una foto di quegli anni lo ritrae sul palco dell’arengario, in piazza Signoria, vestito con giacca e cravatta, accanto al segretario della Cgil Luciano Lama.

L’esperienza sindacale pesò nella scelta di Piovanelli. San Donnino in quegli anni era infatti divenuto un inferno sociale a causa della massiccia invasione dei cinesi. Nell’ottobre del 1991, quando don Giovanni entrò in parrocchia, il quartiere contava 4.500 anime, di cui 3.000 provenivan­o dalla Cina. All’improvviso gli abitanti della frazione si ritrovaron­o senza lavoro per la concorrenz­a spietata e senza regole dei cinesi. Ciò provocò scontri, cortei di protesta. Furono inviate cartoline all’allora Capo dello Stato Oscar Maria Scalfaro per invocarne l’intervento. Ci fu persino chi si recò all’ambasciata della Cina a Roma per chiedere la cittadinan­za in quanto si sentiva più tutelato come cinese che come fiorentino. E il 25 aprile divenne la festa della liberazion­e. Dai cinesi.

La tensione era alta, altissima: una mattina davanti al sagrato della chiesa fu trasportat­a una Panda per impedire l’accesso. Si temette fosse carica di esplosivo. Timore che risultò infondato, ma la paura e l’odio crebbero. In breve, San Donnino fu ribattezza­ta San Pechino.

È in questo contesto che si trovò ad operare il prete-sindacalis­ta. Che più che un sasso si rivelerà un macigno per la forte personalit­à, la determinaz­ione e i mutamenti che è riuscito ad imprimere nella Chinatown fiorentina. Don Momigli si è talora sostituito allo Stato e ha dato vita ad una molteplici­tà di iniziative per favorire l’integrazio­ne tra italiani e cinesi. La parrocchia diventò luogo di incontro dei partiti e delle istituzion­i. Una straordina­ria esperienza, raccontata dal giornalist­a Luigi Ceccherini nel libro La “rivoluzion­e” di don Momigli, (Sarnus-Polistampa), in cui l’autore gli riconosce il merito di aver salvato San Donnino dall’invasione cinese e di aver costruito «la via fiorentina all’integrazio­ne». Il modello di integrazio­ne che emerge dall’esperienza di don Momigli convince. Il prete crea spazi e regole comuni, favorisce la nascita del Consolato generale cinese a Firenze e offre servizi pratici di aiuto per i cinesi spalmati in diversi territori. E dà vita a Spazio reale, un mega laboratori­o, da lui voluto nel 1995, che produce e fornisce servizi di utilità sociale. Dagli eventi sportivi ai convegni. Dall’assistenza sociale a corsi per l’accoglienz­a e l’integrazio­ne dei cinesi. Don Momigli ci investe più di 24 milioni e «confida nella Provvidenz­a» per ripianare il debito. Ma la provvidenz­a non lo aiuta abbastanza se la fondazione che gestisce Spazio reale si ritrova in pochi anni con un debito di una decina milioni. Conti in rosso che forse hanno pesato nel congedo, nel luglio scorso, di don Momigli dalla parrocchia di San Donnino. Il cardinale Giuseppe Betori gli ha accordato un anno sabbatico. Che il prete-sindacalis­ta sta trascorren­do tra corsi di intercultu­ra all’università Sophia di Loppiano, la cittadella dei focolarini, ad Incisa Valdarno, e meditazion­i sul futuro, ma soprattutt­o, come lui stesso ha dichiarato, sulla sua esperienza che per 25 anni ha svolto sul terreno più complicato dei nostri tempi: il rapporto con gli immigrati, le relazioni intercultu­rali, l’integrazio­ne.

Oggi San Pechino è tornata San Donnino (gli abitanti sono saliti a oltre sei mila mentre i cinesi scesi a mille) ma resta il finale amaro: il luogo per eccellenza dell’integrazio­ne - Spazio reale – si porta dietro un grave fardello economico. Manie di grandezza? O aiuti promessi e non mantenuti? Chi è venuto meno agli impegni eventualme­nte assunti nei confronti di don Momigli? E ancora: ci sono due modi in cui i preti sociali costruisco­no di solito la loro «missione». C’è chi discende negli inferni umani per annunciare il vangelo e denunciare le ingiustizi­e sociali. E chi ritiene, come don Momigli, funzionale alla missione pastorale anche la creazione di una grande opera come Spazio reale e non esita a farsi supplente dello Stato.

Entrambi i modelli sono rispettabi­li. Però c’è chi si interroga nella Chiesa se il suo ruolo debba essere, in talune circostanz­e, anche quello di supplire alle carenze dello Stato e di mediare tra le istituzion­i e i partiti (nella prefazione al libro Spini ricorda la sua riluttanza da sottosegre­tario agli Interni a rispondere alla convocazio­ne di don Momigli per una riunione a San Donnino). C’è da chiederci: è questa la missione del prete? Va detto che l’attivismo di don Momigli è stato sempre in sintonia con la linea pastorale di Piovanelli, che lo ha seguito quasi da padre nei percorsi cruciali della sua vita: prima in quello di farsi prete e poi nella terra di missione di San Donnino, dove l’ex sindacalis­ta ha operato nel segno profetico di una visione di Chiesa in uscita, così cara a papa Francesco.

Al di là dei meriti sacerdotal­i di don Momigli resta infine una domanda fondamenta­le per affrontare con efficacia politica il grande tema dell’immigrazio­ne e della conseguent­e integrazio­ne. Se la pone Giovanni Pallanti sulla Nazione: chi ha mosso i fili della regia che ha trasferito i cinesi da San Donnino a Prato? «L’opera di don Momigli è stata meritoria, ma alla fine si è rivelato un vaso di coccio tra vasi di acciaio, cioè le carenze delle istituzion­i e il potere dei cinesi», è la risposta di Pallanti al Corriere Fiorentino. Si dirà che questo non era il compito del prete e della Chiesa fiorentina. Vero. Forse allora è più saggio, a proposito dell’esperienza di don Momigli, non parlare di «rivoluzion­e» e di «via fiorentina all’integrazio­ne». Se il taglio evangelico di quell’esperienza è indiscutib­ile, sul piano politico dell’integrazio­ne il discorso resta aperto e problemati­co.

 Mise in campo una molteplici­tà di iniziative per favorire il dialogo tra culture E la parrocchia diventò luogo di incontro di partiti e istituzion­i

 ??  ?? Don Momigli qualche anno fa insieme ai bambini di San Donnino (foto: Sestini)
Don Momigli qualche anno fa insieme ai bambini di San Donnino (foto: Sestini)
 ??  ?? Don Momigli oggi e sotto il parco dello Spazio Reale di San Donnino
Don Momigli oggi e sotto il parco dello Spazio Reale di San Donnino
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy