Menarini cresce, ma niente Borsa o partner esterni (almeno per ora)
Un 2017 pieno di sfide per il Gruppo Menarini che punta a crescere ancora sia per linee interne che attraverso acquisizioni mantenendo la propria autonomia: né la quotazione in Borsa né l’ingresso di partner industriali o finanziari sono all’ordine del giorno. La multinazionale «tascabile», leader italiana del settore farmaceutico, ha chiuso il 2016 con un fatturato di 3,46 miliardi, contro i 3,32 dell’anno precedente (+4%) realizzato per il 73% all’estero e un margine operativo lordo di oltre 400 milioni. L’obiettivo per il 2017 è mantenere il risultato in linea, anche se scadrà il brevetto di uno dei farmaci di punta che garantisce circa 500 milioni di ricavi. A fare il punto sulle strategie di Menarini è stata martedì sera la presidente Lucia Aleotti che ha spiegato come «sia preferibile investire in ricerca i ricavi del Gruppo, piuttosto che doverli distribuire come dividendi». «Abbiamo numerosi corteggiatori — ha aggiunto la presidente — ma non ci sono trattative in corso. Vendere non è nei nostri pensieri. Magari tra cinque anni, se si presentasse un’azienda complementare potrebbe essere un’ipotesi da non scartare». Il gruppo conta ora quasi 17 mila dipendenti, 500 dei quali assunti nel 2016. In tutto sono 15 gli stabilimenti nei quali lo scorso anno sono stati prodotti 570 milioni di confezioni. Per adesso dunque avanti da soli, cercando strade alternative di crescita e sviluppo: Menarini ha avviato una metamorfosi da tradizionale azienda farmaceutica, aprendosi da un lato alla ricerca di nuovi metodi di diagnosi (soprattutto in oncologia) e dall’altro allo sviluppo di tecnologie avanzate per la produzione rapida di vaccini. (S.O.)