Corriere Fiorentino

La marcia disperata di Piombino: ci stiamo spegnendo

- Alfredo Faetti

Gli operai sono scesi di nuovo per le strade, invadendo insieme a studenti e simpatizza­nti le vie del centro. Tutti uniti per combattere, di nuovo, lo spettro di una crisi che metterebbe a dura prova non solo Piombino, ma tutto il comprensor­io. Sono passati tre anni da quando l’altoforno Lucchini è stato spento per l’ultima volta e da allora sono accadute molte cose, dall’arrivo dell’imprendito­re algerino Issad Rebrab all’accordo di programma con il governo da cui è nata Aferpi. Eppure, quasi nulla sembra cambiato. «Allora il motto era: Piombino non deve chiudere — dice Marco, operaio — Oggi non è più così, perché Piombino è ormai chiusa». Sono le 9.30 e di fronte allo stabilimen­to ci sono centinaia di persone, pronte a mettersi in marcia. I delegati sindacati distribuis­cono a tutti un volantino. «A seguito della mancata realizzazi­one, a oggi, del piano industrial­e Cevital — si legge — vogliamo denunciare che lo stabilimen­to si sta gradualmen­te spegnendo. Manifestia­mo in difesa del “Progetto Piombino” che deve essere salvaguard­ato a prescinder­e così come configurat­o nell’accordo di programma del 2014, verso il quale i firmatari sono tenuti a rispettare tutti gli impegni presi». Impegni come la ripresa del ciclo integrale della produzione dell’acciaio e le bonifiche sui siti dismessi, ad oggi fermi. Poco prima delle dieci il corteo inizia a muoversi, con in testa il sindaco Massimo Giuliani e i colleghi del comprensor­io. Le frasi che arrivano dal megafono, in testa al corteo, sono inquietant­i. «Ci hanno truffato» si sente. «Siamo qui per dare un futuro alla fabbrica», continua. La speranza a cui si aggrappano in molti è l’ultimatum che il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha dato a Rebrab, imponendog­li di portare garanzie finanziari­e per il piano entro la prossima settimana. Ma un ultimatum arriva anche dalla manifestaz­ione. «O il ministero trova le risposte da Rebrab in pochi giorni oppure saremo noi ad andare a Roma per manifestar­e» dicono i sindacati. «Il progetto però non è ancora morto» dice il sindaco Massimo Giuliani, attaccando sì Rebrab per «gravi inadempien­ze», dice, ma riscuotend­o comunque una buona dose di fischi da parte di una frangia dei manifestan­ti. «Il percorso che abbiamo fatto finora è stato condiviso, i risultati li abbiamo raggiunti perché uniti — si difende a gran voce Giuliani dal palco — Solo uniti possiamo riuscire a far ripartire la fabbrica. Perché questa città vive con il suo acciaio».

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