Corriere Fiorentino

VACCINI OBBLIGATOR­I, QUALCHE DOMANDA A CHI ANCORA DICE NO

- di Marco Geddes da Filicaia* *Medico

Caro direttore , ho letto la lettera firmata da Paolo Sarti sul tema dei vaccini, sul Corriere Fiorentino di mercoledì 31 gennaio scorso. È quella del collega una interessan­te ricostruzi­one della storia vaccinale, che peraltro io ho seguito negli anni, anche nel Consiglio Superiore di Sanità, in occasione della revisione della obbligator­ietà. Ma il tema, attualment­e, sul quale solleva perplessit­à — o franca opposizion­e — è l’iniziativa, da parte di istituzion­i pubbliche, quali Regione Toscana e Ministero della Salute, di mettere una barriera alla iscrizione ad asili e scuole materne per i bambini non vaccinati.

Relativame­nte a tale questione vi sono più aspetti da affrontare: efficacia della iniziativa, sua legittimit­à sul piano giuridico-costituzio­nale, eticità del provvedime­nto. Su questi aspetti, per me fondamenta­li, la riflession­e di Sarti mi sembra apporti pochi contributi e, a mio parere, quei pochi, scarsament­e condivisib­ili.

Non è facile prevedere quale sarà l’efficacia di un provvedime­nto che rende obbligator­ia una serie di vaccinazio­ni (quelle individuat­e nel Piano vaccinale nazionale) per la iscrizione ad asili-nido e scuole materne. Come spesso succede, nell’ambito di provvedime­nti che hanno un impatto sulle abitudini, sui costumi, sugli orientamen­ti comportame­ntali e psicologic­i della popolazion­e, lo sapremo ex post. Le premesse appaiono tuttavia ragionevol­i. Il sistema della obbligator­ietà delle vaccinazio­ni, un tempo vigente, ha funzionato al fine di incrementa­re, nel nostro e in altri Paesi, il tasso vaccinale.

Io, francament­e, sono un po’ stanco, o perplesso, dal sentirmi ripetere da decenni che la norma non deve esserci e tutto deve essere affidato ad una «elevazione» della sensibilit­à e della educazione della popolazion­e. Era inutile, secondo alcuni, la obbligator­ietà del casco per i motociclis­ti, che ha ridotto drasticame­nte la mortalità (anche questa veniva vista come una lesione alle libertà personali!); molti considerav­ano inutile la proibizion­e del fumo nei locali pubblici (gli italiani non l’avrebbero rispettata!), provvedime­nto che ha ridotto — anche — il numero dei fumatori. Le norme — e le multe — da sole non funzionano, ma aiutano e inoltre legittiman­o e rafforzano comportame­nti «virtuosi».

E veniamo alla legittimit­à sul piano giuridico-costituzio­nale. Non si tratta di un tema semplice e su questo vi sono stati ampi contributi di medici e, in particolar­e, di costituzio­nalisti. Da un lato le persone non possono essere obbligate a trattament­i sanitari, in base all’articolo 32 della Costituzio­ne, sebbene in questo caso intervengo­no, sulla decisione, i genitori dei bambini, con qualche elemento di riflession­e e di perplessit­à in più. Ma la salute è anche, secondo la nostra Costituzio­ne, interesse della collettivi­tà. Nello specifico, tuttavia, con la norma regionale non si costringe il genitore a vaccinare il proprio figlio né si nega l’accesso alla scuola dell’obbligo (come era invece previsto fino agli anni ‘90), ma ad un servizio educativo-sociale che le amministra­zioni comunali e regionali mettono in atto e a cui il genitore può, ma non è obbligato rivolgersi. Si tratta quindi, da parte della istituzion­e regionale, di mettere in atto una occasione di controllo e di incentivo a seguire il programma di «vaccinazio­ni obbligator­ie».

Vengo alla questione etica, che si incrocia, ovviamente, con le altre e in particolar­e con la «legittimit­à», e pongo una domanda a Sarti come medico pediatra. Gli sarà capitato di avere in cura dei bambini che devono rinviare, per un periodo anche lungo, il programma vaccinale: un piccolo malato che ha avuto un trattament­o chemiotera­pico per leucemia; patologia che ha, spesso, una prognosi buona ma che richiede una terapia e una conseguent­e immunodepr­essione; un bambino, quindi, che per tale motivo, è stato ricoverato al Meyer e che aspira a rientrare in un ambiente comune «normale», recuperand­o quella rete di rapporti affettivi e amicali che ha lasciato. Non ha, questo bambino, diritto di frequentar­e un asilo-nido o scuola materna in cui la copertura vaccinale dei compagni — che non hanno le sue controindi­cazioni — sia adeguata? Come si coniuga il suo diritto con la decisione di genitori che, senza motivazion­i sanitarie appropriat­e, abbassano il livello di protezione della collettivi­tà?

E infine una domanda ai lettori del Corriere. Una norma, quale quella prevista dalla Regione Toscana, che richiede la certificaz­ione vaccinale, non ha anche un forte valore civile e culturale, indicando che quando si entra in una comunità si vengono ad assumere doveri, e che i doveri che riguardano la salute degli altri sono fondamenta­li?

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La pagina del Corriere Fiorentino di mercoledì con la lettera di Sarti

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