L’artista che cerca l’essenza dell’Arno
A Villa Pacchiani il cubano José Yaque, che alla Biennale di Venezia rappresenterà il suo Paese
Il fiume è da sempre uno dei simboli chiave della civiltà umana: forza che plasma le valli e alimenta lo sviluppo urbano, arteria di trasporto e comunicazione, incarnazione del panta rei insito nell’umano esperire. Su tutto questo, e scegliendo come fiume proprio il nostro Arno, ha riflettuto José Yaque, tra i maggiori artisti cubani della nuova generazione – rappresenterà la sua nazione alla prossima Biennale di Venezia – con due installazioni ad hoc e una retrospettiva sulla sua opera recente, che debutteranno domani a Villa Pacchiani, a Santa Croce sull’Arno.
Grazie alla mediazione della sua galleria, quella Galleria Continua che da San Gimignano ha saputo affermarsi a livello mondiale, e dei comuni di Pisa e Santa Croce, Yaque giunge in Toscana per questa sua Alluvione d’Arno, esposizione nata nell’ambito di Know-how / Show-how, progetto che, secondo le parole della curatrice Ilaria Mariotti, punta a creare incontri su più livelli: tra artisti di livello mondiale e territorio, tra tali artisti e le aziende di quello stesso territorio (in questo caso la Waste Recycling, società del Gruppo Hera non a caso dedita al settore del riciclaggio di rifiuti, tema vicino alla poetica di Yaque medesimo), e infine tra di essi e i giovani artisti locali (un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze ha infatti potuto lavorare con Yaque e aiutarlo nella realizzazione delle installazioni). «Il fiume — racconta Yaque — per me è anzitutto una metafora che rappresenta l’eterno divenire, il cambiamento e l’eterno ritorno trasfigurato di tutte le cose, a cominciare da noi esseri umani, che in ogni momento della vita non siamo mai gli stessi».
Le due grandi installazioni (una esterna, l’altra per la sala centrale dello spazio espositivo) pensate da Yaque appositamente per Villa Pacchiani, partono da queste suggestioni per introdurre poi a una doppia mostra dei disegni e dei dipinti realizzati dall’artista negli ultimi anni, con particolare attenzione per quelli nati durante il suo soggiorno a Santa Croce.
«In questo particolare progetto, risultato del mio incontro con il fiume e il territorio che attraversa — spiega ancora Yaque — l’idea è di cercare l’essenza dell’Arno, di avvicinarlo come fiume assoluto, metafora del cambiamento di luoghi e circostanze. Potremmo dire che uno dei miei obiettivi è invitare a osservare per un momento il fiume con altri occhi, che vadano oltre la superficie: senza specchiarsi, quanto piuttosto andando in profondità. L’Arno racchiude in sé significati, appunto, profondi a livello storico, culturale e estetico: è una forza chiave nel territorio toscano – ha di fatto contribuito a generarlo e a volte lo ha colpito in modo catastrofico –, e dalla bellezza di tale territorio è sgorgata l’ispirazione per generazioni di poeti, pittori e artisti, ma al fiume si deve anche una parte consistente di quello sviluppo economico che fin dal Rinascimento ha permesso alla Toscana di diventare quello che è stata ed è: il mio obiettivo è indagare a fondo questi aspetti, e invitare tutti a fare altrettanto».
Uno dei miei obiettivi è invitare a osservare il fiume con altri occhi, senza specchiarsi, ma andando in profondità, conoscerlo come forza del territorio toscano