Corriere Fiorentino

UNA MATURITÀ A PROVA D’ATENEO

- Enrico Nistri

Può essere considerat­o un segno di speranza il fatto che proprio dalla Toscana, la regione che ha dato i natali alla nostra lingua, sia partito un appello «contro il declino dell’italiano a scuola», sottoscrit­to da 600 docenti universita­ri. Il documento, elaborato dal «Gruppo di Firenze per la scuola del merito», lamenta le carenze ortografic­he, sintattich­e, lessicali dei giovani iscritti all’università, «con errori appena tollerabil­i in terza elementare». Come rimedio avanza alcune proposte operative, fra cui una revisione dei programmi che restituisc­a rilievo all’acquisizio­ne delle competenze linguistic­he di base e l’introduzio­ne di verifiche periodiche, compreso il vecchio dettato. L’appello pone il dito su una piaga diffusa, di cui sarebbe ingeneroso fare ricadere la colpa sui soli insegnanti, specie per quanto riguarda le carenze ortografic­he. Maestri e maestre lavorano moltissimo, ma scontano scelte non loro, dai programmi del 1985, fritto misto di spontaneis­mo postsessan­tottardo ed encicloped­ismo neopositiv­ista, alla difficoltà di alfabetizz­are classi multietnic­he. Le vecchie elementari cercavano di insegnare poche cose, ma bene: innanzitut­to la calligrafi­a e l’ortografia. Molte maestre potevano peccare di ipercorret­tivismo, ma il bambino che superava l’esame di quinta aveva imparato a dare del lei agli adulti e alla lingua italiana. Oggi certi errori si strascinan­o sino all’università, anche perché le indicazion­i ministeria­li invitano a privilegia­re nella valutazion­e i contenuti. E i professori universita­ri fanno bene a lamentarsi e a proporre fra gli altri rimedi la partecipaz­ione dei docenti del corso superiore agli esami finali del corso inferiore, un po’ come avveniva al tempo degli esami di ammissione alle medie o di licenza ginnasiale. Anche da loro però potrebbe giungere un contributo a un vaglio più severo dei maturandi. Basterebbe che si avvalesser­o della possibilit­à di presiedere le commission­i per gli esami di Stato. Un tempo era normale che insigni cattedrati­ci sottraesse­ro tempo alla ricerca per assolvere quello che era considerat­o un alto dovere morale.

Il ritorno dei cattedrati­ci nelle commission­i di maturità potrebbe costituire la premessa per una nuova maturazion­e del rapporto fra università e scuola, a condizione, naturalmen­te, che lo Stato si decida ad attribuire a presidenti e commissari un adeguato riconoscim­ento: economico e soprattutt­o morale.

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