«Vieto alcune parole, così usano i sinonimi»
«Brutto», «bello», «cosa», «strano», «particolare» sono le parole proibite nelle classi di Paola Corrias, docente di italiano all’alberghiero Saffi. In pratica ha stilato una lista dei termini da non usare per spingere i suoi alunni a trovare sinonimi e arricchire così di nuove parole i loro discorsi: «Molti arrivano alle superiori senza gli strumenti per scrivere correttamente un tema— spiega l’insegnante — compongono semmai un insieme di ‘pensierini’. Non sono in grado di argomentare e trovo questa una grave mancanza. Recuperare le carenze nell’italiano anche alle superiori si può, ma serve tanta buona volontà da parte di tutti, anche degli studenti».
Ma quali sono gli errori più comuni? Per esempio la confusione tra i pronomi «gli» e «li» come nella frase «non gli vedo»; oppure i «disaccordi» tra il verbo e i nomi collettivi («la gente dicono»); e ancora l’abbondanza di zeta, in «poliziotti» o «azioni», le incertezze sulla presenza o l’assenza di «acca» accanto alle «a».
«Molti errori comuni sono poi sui congiuntivi ma ho trovato anche nei temi di quinta sbagli sui passati remoti: al posto di un ‘dettero’ ad esempio c’era un ‘darono’», racconta la professoressa del Saffi che sull’argomento «passato remoto» ricorda quella volta in cui, durante la lettura ad alta voce di un testo, i ragazzi non riconobbero la coniugazione di un verbo di uso comune: «promettere». In molti, infatti, alzarono la mano per chiedere cosa significasse la parola «promisero».