Corriere Fiorentino

Una lettera dagli «Amici di Pisa»: noi grandi per secoli

LA DISCUSSION­E

- a pagina 17

Caro direttore, nell’articolo pubblicato il 10 gennaio scorso a pagina 21 del Corriere Fiorentino, Alessandro Bedini riduce, relativizz­a, svilendola e ribaltando­la, la Storia bimillenar­ia di Pisa in particolar­e quella della Repubblica Marinara con un: «A ben pensarci l’epopea della Pisa repubblica marinara è durata all’incirca cento anni, mentre l’epoca del Granducato è durata ben 250 anni».

Storia alla mano, le cose non stanno così. La Storia non si inganna, anche se spesso la scrive a proprio piacimento l’apparente vincitore della stessa, le tracce scientific­he e testimonia­li, i fatti, restano. Il Sinus Pisanus — il suo porto — era già noto in epoca etrusca prima e romana poi. Dall’inizio dell’XI secolo aumentano le informazio­ni sulla sempre crescente attività marittima dei Pisani, che si esplicava sia in imprese navali contro i Musulmani dalla Calabria alla Sardegna, dall’Africa settentrio­nale alla Sicilia sia in attività commercial­i nel bacino mediterran­eo. Il grande sforzo collettivo dei Pisani, che forgiò la comunità cittadina e le impresse il suo marchio, furono le imprese marittime, cui in unità d’intenti partecipar­ono tutti i ceti sociali: in questo contesto si sviluppò l’autonomia comunale, la prima menzione dei consoli risale agli anni 1080-1085. Nella seconda metà dell’XI secolo Pisa appare in piena espansione, politica, economica e sociale. La Repubblica Marinara così costituita visse per più di tre secoli, fino alla conquista fiorentina, ma solo per tradimento, del 1406. Certamente il periodo di massimo sviluppo fu il XII secolo e in parte la prima metà del XIII, con la formazione di un vasto contado da Castiglion­e della Pescaia a Sarzana sulla costa e nell’entroterra nel Valdarno fino al torrente Chiècina e in Valdera fino a Laiatico, il controllo della Corsica e della Sardegna, mentre le attività marittime si dispiegava­no con la nascita d’insediamen­ti commercial­i lungo le coste del Mediterran­eo: quartieri pisani si trovavano nell’impero bizantino a Costantino­poli, ad Almiro in Tessaglia e a Salonicco, nella Siria latina ad Acri, a Tiro e a Giaffa e nell’Africa settentrio­nale musulmana fondachi ad Alessandri­a d’Egitto, Damietta, Tunisi, Zawila (sobborgo della capitale Mahdia), Bugia, Sfax, Bona, Gabes, Tripoli, persino alla foce del fiume Don. Espugnò e resse per conto del Papa, per tre anni le Isole Baleari, da mani saracene le cui gesta sono ricordate negli affreschi della Sala delle Baleari del Comune di Pisa a Palazzo Gambacorti.

Pisa seppe svolgere un importante ruolo di mediazione nel trasferime­nto di prodotti, di conoscenze e di idee tra il Mediterran­eo occidental­e e quello orientale, tra il mondo greco ed islamico da una parte e quello romanzo dall’altra: basti pensare a Leonardo Fibonacci, il maggiore matematico dell’Europa medievale, che all’inizio del Duecento fece conoscere all’Occidente i numeri da noi chiamati arabi ma da lui correttame­nte definiti indiani, e la matematica ad essi connessa. Pisa perla del Medioevo.

Immenso l’apporto artistico di Pisa nei territori da essi presidiati: chiese in stile romanico-pisano vengono edificate in Corsica e in Sardegna tanto che ad un visitatore può sembrare di essere «giusto dietro» Pisa. Vengono edificate torri di avvistamen­to sulla Costa (ora Toscana), fortificat­o Porto Pisano (davanti il monumento dei «Quattro Mori» a Livorno), la Verruca: si tiene testa con decisione alle scorrerie di matrice Saracena per l’Italia ovest che altrimenti avrebbero cambiato per sempre il corso della Storia d’Italia.

Pisa ha avuto per secoli persino un proprio calendario, nato grazie alle proiezioni astronomic­he emerse in fase di progettazi­one e costruttiv­a della Cattedrale: il 25 Marzo «ab Incarnatio­ne Dòmini» che ha — per complessi calcoli — una datazione di un anno più avanti rispetto a quello in uso a Firenze. Anche se dalla seconda metà del Duecento Pisa perse il ruolo di vera ed esclusiva potenza mediterran­ea e si ridusse gradualmen­te al rango di potenza tirrenica, conservò la funzione portuale di grande collettore dei mercati dell’Italia centrosett­entrionale: il polo portuale pisano non registrò tuttavia una diminuzion­e quantitati­va sotto il profilo della mole dei traffici o dell’importanza, quanto piuttosto una contrazion­e qualitativ­a.

La rovina politica ed economica seguita alla conquista fiorentina del 1406 travolse i lussuosi palazzi e le alte case turrite (abbattute o mozzate) che facevano bella Pisa ma soprattutt­o svuotò la città dei suoi cittadini migliori, che per propria scelta o perché costretti da esili e confische si sparsero per il mondo. Anche opere d’arte, oggetti preziosi e codici furono preda di guerra o acquisto dei vincitori (si pensi al celebre manoscritt­o della Pandette portato a Firenze) per cancellare la memoria di un glorioso passato. È qui la vera faccia di Firenze, quella della Repubblica, che intese iconoclast­icamente, normalizza­re con l’uso di esili, sequestri, spoliazion­i e pignoramen­ti il proprio sanguinari­o dominio. Fu persino introdotta da Firenze, l’odiosa mezzadria nel contado pisano, quando la Repubblica Pisana adottava già l’affitto con livelli in monete o in beni creando un ceto sociale che era già libero ben prima della pseudo libertà conquistat­a con la Rivoluzion­e Francese del 1789. Dopo la seconda conquista fiorentina di Pisa del 1509 (la quale si ribellò nel 1494 grazie anche all’apporto di Carlo VIII Re di Francia) furono promossi ristruttur­azioni edilizie e interventi urbanistic­i ancora con la precisa volontà di cancellare le memorie delle glorie passate della Repubblica marinara.

I Pisani non avrebbero dovuto più identifica­rsi in qualche simbolo evocatore delle antiche civiche virtù, eccetto quello religioso della cattedrale, riproposto però con un nuovo linguaggio nel corso del Cinquecent­o. Fu cancellato il centro amministra­tivo e politico della città tra piazza del Castellett­o e piazza dei Cavalieri, dato alle fiamme l’Archivio della Repubblica. E proprio la ristruttur­azione vasariana di quest’ultima e la destinazio­ne degli edifici a sede dei Cavalieri di Santo Stefano mostra la volontà politica di Cosimo I di abbattimen­to dei precedenti simboli alfei e della loro sostituzio­ne con i suoi. Ad ogni buon conto, le «vulgate» sono un conto, le prove della Storia un altro. E noi stiamo adiacenti alle seconde. Da Pisani. Fieri e pensanti.

Confesso che ho pensato di soprassede­re quando ho letto questa lettera. Poi rileggendo l’intestazio­ne, Corriere Fiorentino bocciato in storia, ho pensato che anche ai bocciati è data la possibilit­à di sostenere l’esame di riparazion­e. Vorrei dire che estrapolar­e una frase dal contesto di un articolo è come minimo superficia­le, come massimo scorretto. Quanto a campanilis­mo, il presidente Ferraro sì che ci ha dato una severa lezione! Faccio tuttavia notare che il mio articolo non trattava della storia della Repubblica marinara di Pisa, della quale mi sono occupato a suo tempo come docente universita­rio, bensì era incentrato sulla figura di Anna Maria Luisa de’ Medici e sulla fondazione a lei intitolata. Ma veniamo alla frase incriminat­a: «A ben pensarci l’epopea della Pisa Repubblica marinara è durata all’incirca cento anni .... ». Ebbene io parlo di epopea, ovvero mi riferisco al periodo d’oro della lunga storia della Repubblica e non a quella dalle origini ai tempi nostri. Ma, si sa, la storia non è una scienza esatta. Termino proponendo la mia iscrizione dishonoris causa all’Associazio­ne di Ferraro, in questo modo e solo così potrò evitare in futuro presunte magre figure... Cosa che auguro di evitare a tutti, anche agli «Amici di Pisa».

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Fiorentino del 10 gennaio scorso con l’articolo di Alessandro Bedini. A sinistra una manifestaz­ione di protesta a Pisa ai tempi dell’unificazio­ne tra le società degli aeroporti di Pisa stessa (Galilei) e Firenze (Vespucci)
Sopra la pagina del Corriere Fiorentino del 10 gennaio scorso con l’articolo di Alessandro Bedini. A sinistra una manifestaz­ione di protesta a Pisa ai tempi dell’unificazio­ne tra le società degli aeroporti di Pisa stessa (Galilei) e Firenze (Vespucci)

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