Corriere Fiorentino

«Indeboliti dall’inquinamen­to, poi una malattia li ha stroncati»

- G.G.

Non erano ancora arrivati i risultati delle autopsie dei delfini quando, ieri pomeriggio, il professor Natale Emilio Baldaccini, ordinario di etologia all’Università di Pisa, già ipotizzava per logica deduttiva che la possibile causa della loro morte potesse essere una malattia.

«Gli spiaggiame­nti dei cetacei dovuti alla perdita di orientamen­to sono un fenomeno ancora in parte difficile da spiegare — spiega Baldaccini — Ma in questo caso, se sono stati ritrovati sulle spiagge già in avanzato stato di decomposiz­ione è evidente che sono morti prima, in mare». «D’inverno, la navigazion­e da diporto è ridotta al minimo, difficile pensare a quattro incidenti consecutiv­i. Questi numeri rappresent­ano un’anomalia che non si può spiegare con un incidente casuale. E se succede che un cetaceo muoia per aver inghiottit­o della plastica, è improbabil­e una tale concentraz­ione di questo evento — dice l’etologo — Inoltre, anche i fattori inquinanti d’inverno hanno un peso minore visto che c’è maggiore ossigenazi­one dell’acqua». E «quando un delfino resta impigliato in una rete i segni sul suo corpo sono evidenti, chi ne recupera la carcassa se ne accorge subito».

Quindi resta solo la malattia: «Il delfino è un animale sociale: non è perciò strano che uno si ammala se ne ammalino anche altri a catena. Fosse il ghepardo delle nevi, che vive solo, sarebbe difficile pensare a un’epidemia, ma in questo caso… Tra l’altro i delfini hanno malattie molto simili a quelle di noi esseri umani». Mar Tirreno e nel mar Ligure rappresent­ano il santuario dei cetacei, perché qui, dice Baldaccini, le correnti che risalgono dalle grandi profondità creano «un buon movimento di plancton, che a sua volta attiva il funzioname­nto di tutta la scala alimentare. E i delfini sono superpreda­tori…». Cosa mangiano? Dai pesci, alle seppie, fino ai prelibati calamari di Capraia.

Da parte sua, Thomas Magliocco, responsabi­le dell’Acquario di Livorno, introduce però il dubbio che l’uomo possa aver avuto un peso determinan­te in questa sequenza di morti dei delfini: «Anche se è presumibil­e che si tratti di una patologia, c’è da tener conto che l’inquinamen­to potrebbe aver indebolito il sistema immunitari­o dei delfini, rendendoli vulnerabil­i a malattie altrimenti tollerate dal loro organismo — spiega — Stiamo osservando nei cetacei, esattament­e come nell’uomo, un progressiv­o aumento di tumori che sembrano collegabil­i al mutamento delle condizioni ambientali. L’inquinamen­to è un fattore che pesa nel lungo periodo, che ha effetti che si accumulano nel tempo. E non parlo solo di idrocarbur­i, ma anche di plastiche. Sia quelle ingerite da un cetaceo, sia quelle mangiate da pesci piccoli che a loro volta rappresent­ano la preda degli animali al vertice della catena alimentare». Insomma, per Magliocco, l’uomo rende la vita sempre più difficile alle balene e ai delfini, «dalle reti per la pesca in cui si impigliano, alle navi da cui vengono colpiti traffico navale, fino all’inquinamen­to acustico che disorienta e li porta fuori rotta».

Dall’acquario di Livorno Stiamo osservando nei cetacei, proprio come nell’uomo, un aumento progressiv­o dei tumori che sembrano collegabil­i ai mutamenti ambientali

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Una stenella striata con il suo cucciolo nelle acque della Toscana

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