Cassia, un ponte chiamato desiderio «Nell’attesa la mia azienda è fallita»
Due anni dopo l’alluvione ancora in corso i lavori per il bypass. E c’è chi ha perso tutto
Dopo quasi due anni e mezzo il bypass sul fiume Paglia rimane un’opera incompiuta. Il percorso alternativo all’interruzione del ponte lungo la Cassia, reso inagibile dalle alluvioni dell’ottobre 2014, non è ancora pronto. Nel frattempo è stato chiuso anche il sottoattraversamento del ponte, via impervia ma preziosa per risparmiare minuti e chilometri.
Così, l’unica rotta percorribile per muoversi tra la Toscana e il Lazio, resta il passaggio per la strada provinciale 24, il vecchio percorso. Un saliscendi di trenta chilometri, che attraversa il centro abitato di Radicofani, Comune all’estremo sud della provincia senese, e prosegue fino a valle tra curve strette e tornanti a gomito. Con buona pace di automobilisti e autotrasportatori, che oltre ai rischi e alle acrobazie al volante, sono spesso costretti a fermarsi per far passare il mezzo proveniente dalla direzione opposta, a causa della carreggiata inadeguata. Senza sottovalutare l’incidenza economica negativa per le aziende che utilizzano la Cassia come corsia preferenziale. Una situazione di fatto insostenibile, come sottolineato a fine dicembre 2016 sul Corriere Fiorentino da Andrea Fabianelli, presidente di Confindustria Toscana Sud: «Dopo due anni e mezzo, i lavori non sono ancora finiti. Un’azienda deve perdere un’ora e mezzo per il tragitto alternativo. Fate voi», disse nell’intervista.
Un disagio che per alcune imprese è stato fatale. Giuseppe Zinelli, titolare dell’omonima azienda di arredamenti, ha chiuso i battenti. Durante le festività natalizie si è liberato degli ultimi oggetti in vendita e adesso è intento a disfarsi anche delle ultime cose rimaste dentro la fabbrica: materiali, macchine da lavoro e scaffalature varie. «Parte della nostra attività — afferma Zinelli — si basava sui clienti che si fermavano lungo la strada, vedendo l’insegna. Considerando il traffico quotidiano della Cassia, il passaggio era continuo». Una quotidianità stravolta dalla chiusura del ponte. L’azienda, collocata diversi chilometri dopo la deviazione per Radicofani, si è trovata isolata e gli affari ne hanno risentito. «Come molte altre imprese — prosegue Zinelli — avevamo pagato la crisi, ma la barca era rimasta in piedi. Avevo una quindicina di dipendenti e più di cento macchinari. Oggi non ho più niente. Purtroppo, non solo il solo ad aver pagato determinate scelte, perché in zona altri si sono dovuti arrendere». Una rabbia dovuta soprattutto ai tempi infiniti dei lavori: «Sarebbe stato sufficiente rinforzare il ponte. Invece, hanno voluto costruire una via alternativa. Doveva essere una soluzione rapida, ma così non è stato». Per terminare il by-pass, un’opera da oltre un milione di euro, manca ancora l’asse centrale. Una struttura in ferro da congiungere alle due rampe di accesso, pronte ma ancora da asfaltare.
Quando i lavori saranno conclusi — «entro la fine di febbraio», ha assicurato il presidente provinciale, Fabrizio Nepi — la strada avrà due corsie (inizialmente era stata ipotizzata una sola con senso alternato) e «un impianto in grado di resistere per 15-20 anni». Ma è una toppa che arriverà dopo lunghi mesi di attesa e di disagi, in attesa del «vero» nuovo ponte sul Paglia, su cui la Regione ha comunicato a fine 2016 di aver preso una decisione. Il nuovo ponte sarà realizzato a nord di quello danneggiato e avrà un importo complessivo di 7 milioni di euro. «L’ultimo incontro con i sindaci di Abbadia San Salvatore e Radicofani, Fabrizio Tondi e Francesco Fabbrizi — ha spiegato l’assessore regionale alle Infrastrutture Vincenzo Ceccarelli — ci ha permesso di condividere la soluzione progettuale su cui procedere il più rapidamente possibile». I tempi di realizzazione non sono stati specificati, ma dopo oltre due anni è quasi pronta l’alternativa, seppur non definitiva