AIRBNB E NON SOLO, ECCO PERCHÉ SERVONO REGOLE
Caro direttore, c’è un settore economico in Europa che cresce del 25% ogni anno e coinvolge fasce sempre più larghe di popolazione, anche nel nostro territorio. È l’economia collaborativa, o sharing economy: l’insieme delle piattaforme digitali e delle piccole e medie imprese (Pmi) fondate sulla condivisione di beni o servizi. Nei mesi scorsi sono stato nominato relatore per il Parlamento europeo del dossier su questo tema. La relazione, appena presentata in commissione, arriverà in plenaria per essere approvata nella prossima primavera. La crescita dell’economia collaborativa è sotto gli occhi di tutti: basta pensare alla nostra Regione e in particolare a Firenze. Per fare un esempio: secondo l’Osservatorio sulla sharing mobility, Firenze è la città italiana con il più alto livello di «mobilità condivisa»: 17 veicoli di car sharing ogni mille abitanti. Un dato destinato a salire grazie ad un nuovo operatore che porterà con sé altre 100 vetture elettriche. Accanto alle opportunità (si pensi in questo caso alle ricadute positive per la sostenibilità della mobilità cittadina), c’è anche una serie di rischi che solo una regolamentazione puntuale della materia a livello europeo può scongiurare. Pensiamo ad Airbnb e all’home sharing, che ha comportato un indubbio fattore di concorrenza al settore dell’accoglienza tradizionale in Toscana e non solo. Nella definizione delle linee-guida europee sull’economia collaborativa dovremo mantenere il focus sulle tante comunità locali che compongono e arricchiscono il nostro continente, perché è lì che il suo impatto sulle dinamiche sociali si è già fatto evidente. Se le città sono i luoghi che per primi ne hanno sperimentato oneri e onori, la sharing economy può offrire molto anche alle zone rurali della nostra regione, comprese quelle più depresse. Dobbiamo definire un quadro normativo in grado di ridurre il rischio di concorrenza sleale tra settori tradizionali (come taxi e alberghi) e piattaforme di collaborazione, uniformarne gli obblighi fiscali assicurando il pagamento delle imposte là dove sono generati gli utili, garantire un’adeguata protezione sociale ai lavoratori e soprattutto tutelare i consumatori. Al tempo stesso dobbiamo incoraggiare lo sviluppo di buone pratiche tra piattaforme e amministrazioni locali, come successo a Firenze con la stessa Airbnb che lancerà qui la propria offerta di «esperienze» da affiancare ai semplici affitti, con potenziali benefici per tutto il sistema economico del territorio. Una città più sharing è una città più a misura di cittadino, a patto che sia inserita in una cornice di regole chiare a partire dal livello Ue.