Alex, da supereroe a principessa (e ruoli invertiti tra mamma e papà)
Fa impressione vedere il trentenne Michele Degirolamo impersonare Alex: vestirsi da supereroe, poi da principessa, svolazzare come una farfalla per la sua camera da letto infantile e poi indossare le scarpe con i tacchi della madre. Parlare e gesticolare come un bambino di otto anni risultando assolutamente credibile nel ruolo, complice anche una corporatura non tanto dissimile da quella di un fanciullo. Per un’ora tutto si regge su di lui: corre per la sua cameretta mettendo in fila i suoi sentimenti e si racconta, tra un amore esplicito per il compagno di scuola Elliot e il desiderio di andare insieme alle isole Samoa per essere un «Fa’afafine», una persona che non vuole scegliere o decidere se appartenere al genere maschile o femminile. Le sue riflessioni, domande, i dubbi sull’affettività, l’identità, i continui cambi d’abito da maschili a femminili. C’è questo in Fa’afafine, lo spettacolo di Giuliano Scarpinato, in scena quasi tutto in forma di monologo. Intervallato dalla presenza (proiettata su schermo grazie all’escamotage della prospettiva del buco della serratura) dei genitori interpretati dal regista e autore e da Gioia Salvatori. Che inizialmente si preoccupano di cose normali, come non arrivare tardi a lavoro o a scuola. E che dopo invece si trovano a confrontarsi con i desideri di un figlio che dapprima vorrebbero frenare — «non si rubano le scarpe della mamma, anche perché sono da donna e tu sei un maschietto» — ma che alla fine si trovano a comprendere e incoraggiare. Fino a travestirsi essi stessi: il padre da donna e la madre da uomo.
Fa’afafine è uno spettacolo per bambini, che parla un linguaggio infantile per la semplicità del linguaggio ma non nel tenore dei contenuti. Lo scopo, spiega il regista, è quello di educare al rispetto delle differenze e della libertà di scegliere e autodeterminarsi nella propria identità: «Non dobbiamo avere paura di ciò che esce dal sistema binario classico nella costruzione dell’identità di genere — dice — Queste persone esistono e raccontarle è un atto di civiltà, non a caso Amnesty International ha deciso di patrocinar ci per l’impegno nella lotta al bullismo scolastico e al cyberbullismo».
Il regista Non dobbiamo avere paura di ciò che esce dai binari classici