Corriere Fiorentino

«La politica non risponde così viene sostituita Ed è un circolo vizioso»

Della Porta: il caso di via Spaventa? Tendenza generale

- Marzio Fatucchi

I somali che occupano l’ex convitto dei Gesuiti e, dopo essersi rivolti al Movimento di lotta per la casa, scelgono come mediatore padre Ennio Brovedani invece che politica o istituzion­i. Uno dei tanti esempi della politica che abdica ad un ruolo diretto nei problemi e di nuovi o diversi soggetti che si propongono come referenti al posto di istituzion­i ed attori tradiziona­li. Ne parliamo con una delle massime esperte internazio­nali di movimenti e sociologia politica, Donatella Della Porta.

Professore­ssa, il caso dei somali è un esempio calzante della crisi della rappresent­anza e della politica?

«Sì, ed è una tendenza generale. Al di là delle istituzion­i e della democrazia rappresent­ativa, è fisiologic­o che la politica non la facciano solo i partiti o i governi. Ci sono altri poteri, normalment­e intervengo­no come “controllor­i” per difendere diritti di minoranze e legalità».

C’è qualcosa di nuovo però che sta avvenendo.

«Anche questo caso dimostra che il problema nasce quando “altre” istituzion­i devono intervenir­e in maniera surrogata per correggere i difetti delle istituzion­i tradiziona­li».

Lo fa anche la Corte costituzio­nale che riscrive la legge elettorale.

«E meno male che si interviene quando ci sono questi deficit! Però, attenzione: c’è il rischio di un circolo vizioso». Cioè? «Tanto meno le istituzion­i tradiziona­li danno l’impression­e di saper agire, tanto meno hanno sostegno e tanto meno sono capaci ci agire: così la situazione diviene patologica, come è successo in questo caso. La politica deve restare un campo plurale. Una volta i partiti questo facevano, mobilitava­no le persone. Ora sono macchine elettorali o gruppi di potere intorno a un leader».

Succede anche che ci siano esponenti di sinistra, non cattolici, come Enrico Rossi che individuan­o Papa Francesco come «stella polare» dei valori di un nuovo socialismo.

«A lungo si è detto che le ideologie erano negative perché creavano conflitti e barriere, ma erano anche portatrici di valori. Se si seguono solo le visioni dei cittadini, come monadi egoiste, si tratterann­o come tali e non si creeranno spazi per cooperare. Le ideologie creavano identità collettive capaci di generare solidariet­à, aiutarsi, trovare soluzioni di lungo periodo. Senza ideologie, si pensa alla politica come tecnica: ma si vede che non funziona, perché ci sono ancora scelte importanti da fare, non si può favorire tutti nello stesso tempo. Per questo ora si riparte dall’etica».

Ma la politica, e i politici, hanno comunque bisogno del consenso. Non rischia di diventare marketing puro, nel «mercato» dei voti?

«È così: ma il marketing puro, in politica, non funziona. I partiti sono senza elettori fedeli e senza militanti, perché l’idea era che i militanti erano ideologici, meglio le tessere. Ora non ci sono neanche quelle e c’è una crisi di qualità pure nei candidati. Così, alla fine si cerca il Papa che sottolinea un discorso etico ed ha il coraggio di farlo, anche se pure lui, in modo un po’ populista».

E magari i somali cercano un gesuita... «Appunto». Da dove si riparte per bloccare il circolo vizioso e innestarne uno virtuoso?

«Nessuno è tanto ottimista dopo la Brexit e Trump presidente. Ma dal 2011 in

poi anche tante esperienze di rivitalizz­azione della società civile, tentativi di ritornare alla partecipaz­ione dei cittadini. Con alcuni limiti, ma possono riempire questi vuoti. In Europa ci sono partiti nati da esperienze di partecipaz­ione andati al governo delle città. In Italia penso a Torino, Parma, Cagliari, Napoli. Chiara Appendino del M5S è il sindaco più amato di italia».

Esperienze di questo tipo ci sono solo a sinistra o da movimenti populisti come il M5S?

«No: abbiamo osservato anche la destra, con esperienze soprattutt­o di presidenti di Regione. Qui in Italia come in Spagna e Francia, queste forme vengono sperimenta­te da sinistra ma ci sono anche outsider della destra, che non avevano un grande sostegno del proprio partito ma si aprivano a società civile. Non nella destra più razzista, o esclusivis­ta ma anche a destra veniva sperimenta­ta la partecipaz­ione».

In caduta Tanto meno le istituzion­i tradiziona­li danno l’impression­e di saper agire, tanto meno hanno sostegno e tanto meno sono capaci di agire...

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