Corriere Fiorentino

Chi sono i finanziato­ri Una famiglia di potere (nel «Paradiso» di Dante e pure in Vaticano)

- Edoardo Semmola

«Grand’era già» la famiglia Sacchetti. Nobile di sangue e anche di spirito. A dirlo è addirittur­a Dante: Paradiso, canto sedicesimo, quello dell’incontro con Cacciaguid­a, trentacinq­uesima terzina. Nobiltà di spirito che ritroviamo oggi con l’operazione di restauro della Sala degli Elementi di Palazzo Vecchio, finanziata appunto dalla Fondazione Sacchetti creata tre anni fa dalla marchesa Giovanna Sacchetti, moglie dell’ultimo discendent­e di quell’antica famiglia fiorentina — scomparso nel 2010 — citata con lode dal Sommo Poeta ma allontanat­a da Firenze per posizioni troppo vicine al Papa e ai Guelfi dal potere dei Medici nel 1573. Prima di diventare anche banchieri della curia romana.

Questo restauro segna appunto un ritorno per questa famiglia fiorentina purosangue, con qualche secolo di ritardo. Con lo stile del mecenate che ha preso dal marito, il marchese Giulio Sacchetti, per anni la più alta carica laica dello Stato della Città del Vaticano tanto che Paolo VI creò per lui l’inedito ruolo di Delegato La marchesa Giovanna Zanuso Sacchetti ieri a Palazzo Vecchio Speciale della Pontificia Commission­e: insieme hanno coltivato la passione e l’interesse per l’arte e l’impegno per il sociale, tra comitati di beneficenz­a, il Fai, l’Associazio­ne Dimore Storiche Italiane, la onlus «Per il Cuore», fino al Comitato Promotore dell’Associazio­ne Amici di Santa Croce in Gerusalemm­e e all’ultima nata, la Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus della quale è presidente.

Sono infatti frutto del lavoro di Giulio Sacchetti i contratti con gli sponsor giapponesi per i restauri della Cappella Sicapi Il ritratto del cardinale Giulio Sacchetti di Pietro da Cortona La famiglia Sacchetti è ricordata da Dante nel XVI canto del Paradiso stina e la trasformaz­ione di Santa Marta, dove oggi vive papa Francesco, in struttura ricettiva per i cardinali. Ed è sempre lui che dobbiamo ringraziar­e se i Musei Vaticani si sono aperti all’arte contempora­nea. Era Giulio Sacchetti ad accogliere nella Santa Sede i di Stato stranieri, a lui erano affidate le cure delle mogli dei suddetti capi mentre i mariti erano in udienza privata dal Pontefice. Lui che ha scritto anche un libro, Segreti Romani per ripercorre­re due secoli di nobiltà romana in relazione alla Santa Sede. Un rapporto che definire «diretto» con il Papa, specialmen­te con Karol Wojtyla, sarebbe riduttivo, pur rimanendo estraneo sia alle logiche politiche che a quelle teologiche.

Cercando nelle carte tra affari politici e amministra­tivi troviamo tracce della famiglia Sacchetti già due secoli prima di Dante. Prima della gran parte delle famiglie che oggi consideria­mo «storiche». Si narra di un Andrea Sacchetti vescovo a metà dell’undicesimo secolo. Di otto suoi pronipoti come gonfalonie­ri di giustizia a partire dal 1335. Di più di trenta priori in famiglia. Più si va avanti nella storia e più i Sacchetti combattono, vincono, fuggono, si alleano, ritornano al potere. Una girandola. C’è anche un Franco Sacchetti di metà quattordic­esimo secolo, poeta e scrittore, amico di Boccaccio, autore di canzoni e novelle tra cui la raccolta Il Trecentono­velle che si rifà al modello del Decameron ma anche di liriche d’amore come Il Libro delle Rime e poemi in ottava come La battaglia delle belle donne di Firenze con le vecchie, fino ad affrontare tematiche meno prosaiche e più caste nelle meditazion­i Le Sposizioni dei Vangeli.

Il feeling tra Firenze e i Sacchetti si interrompe con l’ascesa dei Medici, loro oppositori politici. Vanno a Roma. Si stabilisco­no tra via Giulia e via dei Banchi, nel «quartiere fiorentino»: ecco Giulio Sacchetti vescovo di Frascati e poi cardinale con Urbano VIII, nonché fondatore di Palazzo Sacchetti. Per due volte è stato «quasi-Papa», dato tra i favoriti nei conclavi del 1644 e 1655. Della generazion­e successiva Urbano Sacchetti fu cardinale e vescovo di Viterbo. Sempre un Sacchetti, Girolamo, fu protagonis­ta della fuga di Pio IX a Gaeta nel 1848. Rimanendo al fianco del Papa anche dopo la Breccia di Porta Pia.

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